La strage è venuta da Beirut

La strage è venuta da Beirut Buenos Aires, 20 morti e 250 feriti nell'attentato all'ambasciata d'Israele La strage è venuta da Beirut LaJihad: un kamikaze ha vendicato Mussarvi e il figlio Il presidente Menem chiede aiuto alla Cia e alMossad BUENOS AIRES NOSTRO SERVIZIO Firmato: Jihad islamica. «Un argentino convertito all'Islam si è sacrificato per la nostracausa, lanciandosi con un'autobomba contro l'ambasciata. E' la risposta alla strage israeliana in Libano, alla morte del nostro leader Mussawi e del piccolo martire, il suo figlioletto». La rivendicazione della strage all'ambasciata israeliana di Buenos Aires è arrivata ieri a Beirut. Poco dopo, un altro drammatico annuncio, stavolta dall'Argentina: tra le macerie del palazzo distrutto potrebbero esserci venti persone. Lo ha dichiarato un consigliere comunale di Buenos Aires, Julio Crespo Ocampo: «La stima è frutto delle valutazioni del personale d'ambasciata e della polizia. E' improbabile che qualcuna fra queste venti persone sia ancora viva». Nella notte si scava ancora. Si è lanciato con un'autobomba. E' stato un kamikaze, un «argentino convertito» a provocare la disastrosa esplosione che ha fatto undici morti accertati e 250 feriti, tra cui 41 bambini di una scuola situata di fronte alla sede diplomatica. Molti dei feriti sono in gravi condizioni. Persiste l'incertezzza sull'identità dei morti accertati; l'altro ieri Menem aveva detto che fra le vittime c'erano due poliziotti e tre bambini, e un testimone ha riferito di aver visto i cadaveri di due anziani; il sindaco di Buenos Aires si è limitato a dire che i morti erano quattro uomini e due donne, salite oggi a tre con il rinvenimento di un cadavere. Il ministero degli Esteri israeliano ha reso noto che cinque dipendenti dell'ambasciata, tra cui due diplomatici, risultano dispersi, e che tra ì morti c'è Zehava Zehavi, 40 anni, mo- flie del primo segretario d'amasciàta. La sede della missione, un grazioso edificio nello stile di un castello francese, è ridotta a un cumulo di pezzi di cemento, di tubi contorti e di vetri in frantumi. «Non ho mai visto la morte tanto da vicino», ha commentato il sottor Ricardo Rosado, che dirige una clinica poco distante dal luogo dell'esplosione, e che insieme alle persone che erano con lui è stato proiettato in aria dall'onda d'urto: «Mi sono ritrovato sul divano». Lo scoppio è stato tanto forte da danneggiare gravemente due grattacieli e altri palazzi del quartiere delle ambasciate. Anche il Presidente argentino Carlos Menem accredita la pista del terrorismo mediorientale, e annuncia di aver chiesto la collaborazione di Cia e Mossad nelle indagini su quello che «tutto ci induce a considerare un attentato terroristico». Bush ha subito promesso l'aiuto americano alle indagini. Ma l'altra sera Menem aveva lanciato accuse ai «neonazisti argentini», lasciando intuire che dietro l'attentato potessero esserci i «carapintadas», le frange estremiste dell'esercito, in odore di antisemitismo e di golpismo. Ma i sospetti sulle «facce dipinte», avanzati dal capo dello Stato, sono stati recisamente smentiti dal ministro della Difesa, Erman Gonzalez. «Non so perché Menem lo ha detto - ha ha affermato Gonzales - ma, a mio avviso, ciò non ha fondamento, né giustificazione, e non è nemmeno ragionevole». Al riguardo, secondo il quotidiano «Clarin», tali dichiarazioni presidenziali «avrebbero suscitato malcontento» nelle forze armate. Non ci sono ancora prove sulla dinamica dell'attentato: è stata ricostruita sulla base del testo del comunicato, scritto a macchina in arabo, diramato a Beirut dalla Jihad islamica che ha rivendicato l'attentato. Un attentato deciso in rappresaglia all'uccisione del leader degli Hezbollah, Abbas Mussawi, ucciso lo scorso 18 febbraio con la moglie e il figlio di sei anni. «Ci congratuliamo con la Ummah (nazione, ndr) islamica per il martirio di Abu-Yassr che ha colpito come un fulmine una delle basi del terrorismo sionista di Israele, disintegrandola nello spazio di un secondo». «L'attentato contro l'ambasciata israeliana a Buenos Aires è un'atrocità che, ancora una volta, dimostra la necessità di condurre una lotta vigorosa contro il terrorismo internazionale», ha dichiarato il segretario generale dell'Onu Boutros Boutros-Ghali. In una breve dichiarazione, il portavoce Giuliani ha riferito che il segretario generale «condanna V attentato in cui sono morte e ferite un alto numero di vittime innocenti, tra cui anche bambini». L'organizzazione fondamentalista filoiraniana della «Jihad» islamica, che ha base in Libano, è dunque tornata in azione servendosi di kamikaze come fece a Beirut nel 1983, quando si servì di «martiri votati alla causa della Jihad» per investire con camion imbottiti d'esplosivo il quartier generale dei marines americani e la base dei para francesi a Beirut, due «operazioni» costate la vita a 246 marines e 55 soldati francesi. Nel comunicato di rivendicazione diramato dalla Jihad (il primo dopo quello del 12 dicembre che annunciava la liberazione di un ostaggio) si spiega che l'attentato «è dedicato all'infante martire Hussein», il figlio di sei anni di Mussawi. E la paura è appena cominciata. Ieri un uomo ha telefonato alla missione israeliana in Cile minacciando una analoga strage: lo ha reso noto l'ambasciatore Mokady. Gianluca Bevilacqua Si cercano i dispersi tra le macerie dell'ambasciata israeliana a Buenos Aires