Nella foto sul giornale la pista del delitto
Nella foto sul giornale la pista del delitto Processo ai fratelli-boss: gli amici dei due uccisi s'erano accorti dello scambio di ruote nella discarica Nella foto sul giornale la pista del delitto SidVaiitodeiladmmoli^aiio spanti iceìxhioni rubati L'inchiesta sul duplice omicidio di Giovanni Durante e Moreno Bennici, i due giovani uccisi perché avevano rubato l'auto di un boss, si indirizzò nella direzione giusta anche grazie alle fotografie apparse su La Stampa nei giorni successivi al delitto. In quelle foto gli amici dei due morti notarono che qualcosa non quadrava nei cerchioni delle ruote montate sulla Uno trovata nella discarica di Robassomero vicino ai corpi crivellati di colpi di Durante e Bennici: era quella la chiave dell'omicidio. Il particolare è emerso ieri dalla deposizione in assise (presidente Caselli) degli investigatori che in quei giorni indagarono sul duplice delitto. Moreno Bennici e Giovanni Durante, amici per la pelle, erano topi d'auto. Moreno, 24 anni, era un bravo meccanico, aveva lavorato per qualche tempo nel garage di uno zio, se la cavava bene con le macchine. Giovanni Durante, 19 anni, quattro fratelli, una vita di ragazzo di periferia: furto di un motociclo, tentato furto in un garage. Moreno e Giovanni rubarono la notte tra il 16 e il 17 febbraio '91 la Uno turbo grigio metallizzata in via Sospetto attratti dai cerchioni in lega ad elica incrociata. Non sapevano che l'auto era usata dai fratelli Ignazio e Concetto Bonaccorsi. «gente di rispetto», molto vicini al clan dei catanesi. Avevano portato la Uno sotto il cavalcavia di corso Grosseto, avevano scambiato le ruote delle due Uno e per due giorni si erano pavoneggiati con gli amici per quelle ruote all'ultima moda. Poi era accaduto qualcosa che li aveva preoccupati. Due sere dopo una Golf rossa li aveva se- guiti a lungo in corso Grosseto. Giovanni e Moreno avevano capito forse di aver commesso un errore che poteva costar caro. Il pomeriggio del 20 febbraio erano usciti con la Uno, che montava ancora i cerchioni ad elica, avevano girovagato nella zona di corso Grosseto poi erano stati raggiunti dagli assassi¬ ni. I loro corpi senza vita erano stati scoperti il giorno dopo da un camionista in una discarica di Robassomero. Nella foto su La Stampa del 22 febbraio si vedono i due giovani crivellati di colpi vicino alla portiera della Uno aperta e in primo piano proprio i cerchioni. Che non sono più quelli ad elica incrociata: qualcuno aveva rimesso alla Uno le ruote di prima. Lo notarono subito gli amici di Giovanni e Moreno e lo raccontarono alla polizia. Si capì subito che la chiave del delitto era in quelle ruote speciali. Giovanni e Moreno, prima di essere uccisi, erano stati costretti dai killer a scambiare di nuovo le ruote, a riparare allo sgarro fatto al presunto boss. Gli imputati, difesi dagli avvocati Albanese e Guzzone, hanno negato tutto: il 21 febbraio erano lontani da Torino, Ignazio a Milano e il fratello Concetto a Catania. Il processo continua oggi con altre testimonianze. Nino Pietropinto Da questa foto pubblicata su La Stampa e in cui è riconoscibile il tipo di cerchione delle ruote gli amici dei due ragazzi dedussero che Moreno e Giovanni erano stati uccisi per uno sgarro
Luoghi citati: Catania, Milano, Robassomero, Torino
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