Vecchio Joe dal ruggito ritrovato di Marinella Venegoni

Vecchio Joe dal ruggito ritrovato Forlì: Cocker apre il tour italiano e ripropone una grande potenza vocale Vecchio Joe dal ruggito ritrovato Ma il cantante è rimasto vittima dell'effetto Sanremo Salta la data di Firenze, poche prenotazioni a Napoli FORLÌ' DAL NOSTRO INVIATO E' il tour più degno della sua carriera quasi trentennale, ed è anche quello con più musica e marchingegni spettacolari; per la prima volta dopo moltissimo tempo, poi, Joe Cocker torna ad esibire una potenza vocale che credevamo affidata soltanto ai ricordi. In scena, si muove con una certa facilità disinvolta e nei finali saltella persino, come può saltare uno che nella vita non ha mai avuto come massimo obiettivo la forma fisica. Ma proprio adesso che vale la pena riascoltarlo, l'Italia gli volta le spalle: lunedì sera al palasport di Forlì, per l'apertura delle date italiane dopo un trionfale giro per l'Europa, ad ascoltarlo c'erano soltanto 1500 persone. Sarebbero tante per un club, ma poche per i palasport che sono stati scelti per lui; così, la data di Firenze è stata cancellata e le prenotazioni non sono un granché neanche a Napoli. Joe Cocker è la prima vittima dell'effetto Sanremo, della saturazione per la musica o della stupidità che farà accorrere, nelle prossime settimane, soltanto ai concerti dei divi festivalieri; ma forse Cocker è vittima anche del clima preelettorale teso e confuso, che chiude in casa più gente del solito. Peccato. Negli ultimi dieci anni lo abbiamo visto risalire la china adagio, passo dopo passo: a Genova, nell'83, tentava i suoi storici ruggiti ma gli uscivano solo patetici rantoli; ora che sta per compiere 48 anni, pare tornato davvero il leone di Woodstock. Il merito ultimo è di Roger Davies, il manager già propiziatore della resurrezione di Tina Turner; Davies gli ha costruito intorno una cornice così professionale e perfetta, che rischia di portarsi via con i vecchi difetti anche quel lieve sapore underground che da sempre è un ingrediente del fascino del vecchio Joe. Ma certo, meglio così. Meglio per Cocker e per la sua ritrovata forma; e meglio per i ragazzi, che sono tornati ad interessarsi a lui dopo il successo eclatante di «You can leave your hat on», la canzone del film «9 settimane e mezzo». La musica che irrompe sulla scena del concerto è costruita soprattutto per loro, piena, ritmata e roboante, con ben sei musicisti, fra i quali spicca alle tastiere quel Chris Stainton che è stato suo compagno di avventura per moltissimi anni; ci sono anche due brave coriste nere a rinforzare il clima blues, un marchio di appartenenza di Joe, primo «negro bianco» della storia del rock. I brani di «Night Calls», l'ultimo (e buono) album uscito, vengono diluiti in mezzo ad una miriade di successi eterni rivisitati con nuovi arrangiamenti. «Feeling Alright» è in salsa latina, «Many Rivers to cross» ha l'impronta dell'organo di Stainton, la stessa «You can leave your hat on» è restituita ad una più appropriata dimensione rhythm'n'blues, mentre la fresca «Love is Alive» viene profumata di chitarre heavy; «The letter» è rock puro e quando arriva «With a little help from my friends», sembra di ascoltare un Cocker giovanissimo, ma immerso nel ritmo più attuale: merito suo, e della canzone beatlesiana che si presta così bene a varie letture. La specialità di casa Cocker restano però le ballads. Riproposte spesso a tinte forti come «Night Calls» e «When The Night Comes», danno un autentico struggimento quando Joe le canta nello stile tradizionale blues: in «Please no more» e nella sempre incantevole «You are so beautiful», si ritrova quel filo di sofferenza che fa perdere il fiato. A lui e a noi. Successone. Marinella Venegoni Le date di Joe Cocker: stasera Roma, domani Napoli, 21 Verona, 22 Milano. Joe Cocker, un successo con vecchi e nuovi brani, in alto David Bowie