«Hai perso le carte di Gramsci»

«Hai perso le carte di Gramsci» Dagli archivi di Mosca una dura lettera a Togliatti di Eugenia Schukht, cognata del fondatore del pei «Hai perso le carte di Gramsci» MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Le polemiche su Togliatti - «leali» e, come sappiamo da esempi recenti, «sleali» - infuriano e, probabilmente, continueranno a infuriare man mano che dagli archivi sovietici usciranno nuovi documenti in grado di portare luce sugli anni del terrore staliniano e sul ruolo - indubbio, ma anch'esso di controversa interpretazione - che il leader del pei vi svolse, come uno dei principali protagonisti. La lettera di Eugenia Schukht a Ercoli, che ho scoperto quasi per caso negli archivi del Centro russo per lo studio e la conservazione dei documenti della storia contemporanea (Rtskidni), l'ex Archivio dell'Istituto del marxismo-leninismo, potrebbe contenere nuovi elementi per chiarire la delicata vicenda del ruolo di Togliatti «editore» di Gramsci. E' già largamente noto agli studiosi che la segreteria del comitato esecutivo dell'Internazionale comunista (Ikki) aveva affidato a un gruppo di cinque persone, tra cui Ercoli, il compito di formulare «proposte concrete» per l'uso dell'eredità letteraria di Gramsci. Correva l'anno 1940. Il «file» 114 del Fondo 519, opis 1, dove ho rinvenuto l'originale della lettera in questione, contiene, tra l'altro, i protocolli delle due riunioni della commissione dell'Ikki che era stata costituita appunto per esaminare le questioni dell'eredità letteraria di Gramsci: la prima si era tenuta il 25 febbraio 1939 e la seconda sei mesi dopo, il 7 agosto. Nello stesso «file» c'è il protocollo A/675 («copia, segreto») della segreteria dell'Ikki che porta la data del 23 dicembre 1940 e che documenta il contenuto della riunione del 20 dicembre, cui presero parte Gottwald, Dimitrov, Ibarruri, Manuilskij, Marti, Pieck, Florin e Ercoli. Tra le decisioni prese (il documento contiene 7 punti) c'è quella di «costituire nell'archivio centrale dell'Ikki uno speciale Fondo Gramsci», di «includere in questo fondo tutti i materiali e documenti collegati a Gramsci e alla sua attività che si trovano nell'archivio dell'Ikki», di «trasferire nel Fondo Gramsci i quaderni, i documenti, le lettere e gli altri materiali di archivio che si trovano presso la famiglia» e di trasferirvi quella parte della biblioteca di Gramsci «legata al (suo) lavoro letterario in prigione». Eugenia Schukht, Vincenzo Bianco e la Blagoeva venivano incaricati di operare la scelta dei materiali utili, mentre un altro gruppo - composto da Kolarov, Ercoli, Bianco, E. Schukht e Stepanov - veniva incaricato di elaborare le «proposte concrete» cui abbiamo accennato e di portarle all'esame della Segreteria «entro il 20 gennaio 1941». Questi, in estrema sintesi, gli antefatti, documentati nel «file» numero 114. Non c'è traccia, invece, delle «proposte concrete» sempre che vi siano state - che il gruppo incaricato avrebbe dovuto sottoporre alla Segreteria. La lettera di Eugenia Schukht a Ercoli, in russo e senza data, scritta su quattro facciate di quaderno a righe, porta una sigla (R. oR.) e una data (31-1-44), senza dubbio vergate da altra mano e con altro inchiostro. Probabilmente da Togliatti stesso, nel qual caso essa indicherebbe la data di ricevimento della lettera. Sono dunque trascorsi poco più di quattro anni dalla decisione della Segreteria dell'Ikki e, dal contesto, non è difficile capire che tra Eugenia Schukht e Togliatti i rapporti sono di estrema ostilità. Evidentemente reciproca. Si evince che Eugenia risponde a una richiesta di Ercoli circa lo smarrimento (o il furto) della medaglia di deputato di Gramsci. Ed emer¬ ge, dalla dettagliata descrizione degli eventi che, «fin dai primi giorni di guerra», Vincenzo Bianco si era recato dagli Schukht, «a nome del compagno Dimitrov», per prendere in consegna «le cose di Antonio che erano rimaste da noi». Apparentemente si trattava di eseguire la decisione della Segreteria dell'Ikki, ma in forma più estesa, fino a comprendere proprio tutto ciò che di Gramsci era rimasto alla famiglia della moglie, «fino alle minuzie». Sebbene fosse una scelta dola¬ rosa - scrive ancora Eugenia a Ercoli - «tutte e tre (le sorelle Schukht, ndr) sentivamo di non poter lasciare in pericolo di cadere nelle mani dei fascisti qualcosa che avesse relazione con il pensiero, il cuore o la mano di Antonio... anche se essa non aveva un significato di battaglia per la rivoluzione». Tutto ciò che esse trovarono venne quindi portato, insieme all'archivio, a Ufa, nell'allora Repubblica autonoma di Bashkiria, dove anche la stessa direzione del Comintern era stata trasferita. Ma - aggiunge ancora Eugenia - nonostante tutto fosse stato consegnato a Vincenzo Bianco, «alcune cose le trovammo in seguito, quando l'archivio era già stato trasferito». Tra queste cose, appunto, c'era la medaglia di deputato di Gramsci. Il minuzioso racconto della sua sparizione (la famiglia Schukht era stata nel frattempo sfollata a Frunze, capitale della Kirghizia) non è di alcun interesse ai nostri fini, sebbene occupi due delle tre facciate della lettera. Di estremo interesse è invece la parte finale che, significativamente, qualcuno (lo stesso Ercoli?) ha evidenziato con due barre verticali a matita rossa. Qui il tono di Eugenia muta bruscamente e, da difensivo, si fa aggressivo e accusatore. La materia è infatti molto delicata. Certo - scrive con sarcasmo la Schukht - la perdita della medaglia è «infinitamente dolorosa», ma ciò «non ha rappresentato certo un danno vitale per la lotta rivoluzionaria del proletariato italiano e internazionale». Invece - continua Eugenia (e qui cominciano le barre verticali a matita rossa) - «quello che voi mi avete raccontato, a proposito della perdita dell'intero archivio del Ce del partito comunista italiano, e - come voi stesso dite della perdita per vostra personale colpa di tutti gli articoli di Gramsci (le sottolineature sono di Eugenia, ndr), infligge un immediato, pesante colpo alla lotta vitale attuale del proletariato. E' andata perduta un'arma possente, affìlatissima: la causa ha subito un danno irreparabile. E' ovvio che questa perdita addolora Julija e me assai di più che non quella della medaglia». Eugenia fa riferimento a qualche lettera o colloquio precedente con Ercoli, che non risulta sia stata finora rintracciata. Ma l'accusa è pesantissima e le sottolineature dell'autrice la evidenziano ulteriormente. Ma di «perdite» di tali proporzioni non c'è notizia negli studi già piuttosto accurati usciti in Italia negli ultimi anni. Non vi fa cenno neppure Giuseppe Fiori, nel suo Gramsci Togliatti Stalin (Laterza, 1991), in cui parteggia nettamente per la tesi di un Togliatti che, per evitare gli scogli dell'inquisizione staliniana, dilazionò per un intero decennio la pubblicazione degli scritti di Gramsci. A un qualche nesso con le accuse di Eugenia Schukht potrebbe condurre forse - ma si tratterebbe comunque di un «incidente» che non avrebbe comportato alcuna perdita dei documenti originali - quanto scrive Giuseppe Vacca nei suoi «Appunti su Togliatti editore delle Lettere e dei Quaderni» (Studi storici, n. 3, 1991, pagg. 652-653), citando una lettera di Togliatti a Dimitrov del 4 novembre 1941, ritrovata di recente negli archivi del Comintern. Togliatti rivela che «a Mosca è rimasto il manoscritto delle lettere del compagno Gramsci, che noi avevamo già preparato per la stampa a New York. I due compagni italiani della casa editrice non poterono, quando vennero evacuati, portare con sé questo manoscritto, poiché conformemente alle regole di lavoro della casa editrice tutti i materiali nello scantinato erano chiusi in un armadio di ferro. Se non ricevono questi materiali si tratta per noi di una grossa perdita, poiché sarà necessario fare di nuovo una scelta molto ampia delle lettere, delle copie e così via sulla base delle lettere originali». Ma, da quel 4 novembre 1941 al 31 gennaio 1944 corrono ancora più di due anni. E sembra improbabile, dato il contestò, che Eugenia facesse riferimento a episodi antecedenti e così lontani nel tempo. Qui toccherà agli studiosi trovare risposte scavando ancora negli archivi. Comunque Togliatti, con la sua consueta precisione, non lascia la lettera senza una risposta. Tanto più tenendo conto che la gravità dell'accusa è evidente e il silenzio avrebbe potuto essere interpretato - e all'occorrenza usato - contro di lui. Sei sdegnose righe di suo pugno suggellano l'ultima pagina: «Risposto che non resta altro che passare q. lettera agli archivi come documento. Precisatole che nessun archivio del P.C.I. è andato perduto e che essa, a questo proposito, ha frainteso mie parole che si riferivano a una copia dell'O.N.» (la sottolineatura è di Ercoli; O.N. è Ordine Nuovo). Togliatti non entra nel merito dell'accusa, ma vuole sottolineare che non la teme. Per questo la frase iniziale («non resta altro che passare... agli archivi come documento») appare quasi una sfida: non tanto a chi ha scritto, quanto a chi avrebbe potuto leggere. La lettera la consegna lui stesso agli archivi, con la sua risposta scritta. Non si sa mai... Nella Mosca del 1944 bastava molto meno di questo per finire alla Lubianka. Giuliette Chiesa «Per colpa vostra un pesante colpo alla lotta del proletariato» ti-. La lettera trovata a Mosca nell'ex archivio dell'Istituto del Marxismo-Leninismo A sinistra, Palmiro Togliatti

Luoghi citati: Italia, Mosca, New York