Maso: «Sono pentito voglio scontare la pena» di Giuliano Marchesini

Maso: «Sono pentito, voglio scontare la pena» Dal carcere di Verona l'assassino dei genitori ha scritto alla famiglia: non osavo chiedere perdono Maso: «Sono pentito, voglio scontare la pena» La sorella Nadia: «In questo messaggio proprio non riconosco mio fratello» L'avvocato diparte civile: «Sono scettico, credo agisca con secondi fini» VERONA DAL NOSTRO INVIATO i «Vorrei cogliere questa occasione per dare voce a quel Maso Pietro che nessuno conosce veramente e che nessuno si è mai interessato di cercare. Un ragazzo che giorno dopo giorno si è reso conto di quello che ha fatto e che in nessun modo potrà ripagare agli altri e a se stesso tutto il male fatto. Forse per orgoglio o per paura davanti al giudice, alle mie sorelle e a tutti gli altri, non ho avuto il coraggio di chiedere perdono per il mio gesto». Pietro Maso scrive dal carcere. Il ragazzo di Montecchia di Crosara condannato a 30 anni per il massacro dei genitori risponde a quella lettera colma di desolazione che le sorelle Nadia e Laura gli hanno indirizzato qualche giorno dopo la condanna. Maso ha riempito una facciata di un foglio a righe con una calligrafia uguale, rotonda, quasi diligente. E ha consegnato, durante un incontro nel parlatorio del «Campone», questo scritto al suo avvocato, Alberto Fran¬ chi, pregandolo di affidarlo al «Tgl Sette». «E' ormai da un anno - scrive Pietro - che sono rinchiuso in carcere. Di me e di quello che ho fatto ne hanno parlato e discusso tanti e per tanto tempo. Questo continuo ed esagerato interesse per un gesto inspiegabile non mi dava il tempo di rifletter e di rendermi conto della realtà del mio gesto e di quello che mi circondava». Ora il ragazzo di Montecchia ha deciso di «dare voce» a quel Pietro Maso che pareva impenetrabile. «Per me è stato molto difficile riuscire a scrivere questa lettera, per paura di non essere capito o perché qualcuno pensi che io lo faccia per un secondo fine. L'unico modo per cercare di riparare, anche se in minima parte, alla mia colpa è scontare la pena che mi è stata inflitta». Un Maso diverso, dunque, da quello che si è presentato davanti alla corte d'assise, con i complici Giorgio Carbognin e Paolo Cavazza. Quello era un Maso che pareva assente, lontano dalle emozioni, come inebetito. Po¬ che occhiate alle sorelle, che avrebbe voluto uccidere dopo il massacro dei genitori, per avere l'intera eredità. Quella terrificante deposizione davanti ai giudici, quel racconto orrendamente scrupoloso dell'uccisione di suo padre e di sua madre. Poi non più una parola. Un lungo cupo silenzio. Per questo Nadia e Laura gli hanno rivolto quel messaggio, attraverso la televisione. «Non gli serve a nulla ora - scrivevano le sorelle - cercare scappatoie. Sembra quasi che adesso si voglia gettare tutto alle spalle, cancellare dalla mente i ricordi, i sentimenti, quasi a far finta che sia stata una parentesi da chiudere. No, non può ancora una volta bruciare le tappe e magari pretendere che anche gli altri lo facciano. Non può pretendere di chiudere la porta sul passato. Ha commesso uno sbaglio, tanti sbagli terribili, spaventosi. Ora deve rispondere». Adesso Pietro Maso risponde, con questa lettera che deve aver a lungo preparato, e faticosamente, in cella. «Meglio tardi che mai», dice l'avvocato Agostino Rigoli, che assiste le sorelle di Pietro. Nadia e Laura hanno invocato, aspettato un gesto, una parola di pentimento. Ma questo scritto del fratello non serve ancora a consolarle. Il commento di Nadia è asciutto: «Io in questa lettera non riconosco mio fratello». L'avvocato Rigoli si soffer¬ ma laddove Pietro Maso dice che gli è stato difficile scrivere questa lettera, anche per il timore che qualcuno pensi che lo abbia fatto «per un secondo fine». «Io replica l'avvocato Rigoli - penso proprio che lo abbia fatto per un secondo fine». Giuliano Marchesini Pietro Maso «Vorrei dare voce a quella parte di me che nessuno conosce»

Luoghi citati: Montecchia Di Crosara, Verona