Mosca, la disfatta degli ultimi rossi

Mosca, la disfatta degli ultimi rossi Finisce in farsa il contro-Congresso dei nostalgici. Solo ventimila in piazza contro Eltsin Mosca, la disfatta degli ultimi rossi Odissea dei deputati in periferia per trovare una sede La Procura incrimina i partecipanti per tradimento MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Nelle intenzioni dei nostalgici il primo anniversario del referendum per la conservazione dell'TJrss doveva segnare l'inizio della rinascita dell'impero comunista. Ma ieri mattina il «Congresso degli ex» è finito in farsa nella «Casa della cultura» di una fattoria a 60 chilometri dalla capitale. Nel pomeriggio, poi, circa ventimila persone si sono radunate ai piedi del Cremlino per un comizio di sostegno agli ex-deputati dell'ex Urss. Comunisti ortodossi e monarchici antisemiti hanno dato vita al narodnoe vece, l'assemblea popolare degli antichi slavi, approvando per acclamazione le «risoluzioni» di quello che gli organizzatori hanno pomposamente chiamato «Congresso straordinario dell'Urss»: eleggere un nuovo Presidente al posto del dimesso Gorbaciov, l'Unione sovietica è viva, la Comunità di Stati sorta dalle sue ceneri è invalida, libertà per i leader del golpe d'agosto. Uno degli oratori ha addirittura proposto di incaricare il comandante della Marina militare Chernavin e i generali di destra Makashov e Rodionov di prendere il potere, suscitando un'ovazione della folla. Ma la giornata si è comunque conclusa con una secca sconfitta dei nostalgici di ogni tipo, dimostrando ancora una volta che, per ora, non esiste alcuna opposizione credibile al governo di Boris Eltsin. Tutto è cominciato alle otto del mattino all'albergo «Moskvà», dove centinaia di giornalisti tentavano di scoprire dove si sarebbe svolto il misterioso Congresso. I pochi ex-deputati presenti (tra cui Egor Ligaciov, un tempo leader conservatore del Pcus, la «pasionaria» Sazhi Umalatova e i «colonnelli neri» Alksnys e Petrushenko) hanno risposto solo dopo un'ora e mezzo, quando a bordo di quattro autobus la comitiva di deputati, scortata da un lungho corteo di auto dei corrispondenti stranieri, si è avviata verso il municipio di Podolsk, 40 chilometri a Sud di Mosca. Arrivati sul posto, però, i responsabili locali hanno rifiutato ogni spazio. Niente di sorprendente: la settimana scorsa il Parlamento russo aveva definito il Congresso come un «attentato alla sovranità della Russia» e aveva stabilito di impedirne lo svolgimento. «Perché siamo qui? E che ne so - ha detto il leader comunista Baburin -, il nostro autista ha seguito le macchine dei giornalisti stranieri». In attesa dei pullman con i deputati, due giovani hanno spiegato una bandiera sovietica da parata: «Le piace? Gliela vendo per 100 dollari, ne ho altre quattro nella borsa», mi ha detto all'orecchio uno di loro, vestito da cosacco. Fallito il tentativo a Podolsk, la colonna ha ripreso la marcia, giungendo dopo altri 20 chilometri a Voronovo, una fattoria statale dove finalmente i nostalgici dell'impero hanno ottenuto di potersi riunire nella locale «Casa della cultura agricola». Subito si è iniziato un pigia pigia all'ingresso, grazie all'incapacità dei comunisti del servizio d'ordine, che alle proteste dei giornalisti hanno risposto: ((Andate via dal nostro Paese». La sala, comunque, riservava un'altra sorpresa. Era buia. La corrente era stata staccata e il Congresso si è svolto al lume di alcune candele e dei proiettori delle tv straniere. La Umalatova ha aperto «ufficialmente» i lavori, accusando l'Occidente del crollo dell'Urss e, contraddicendosi subito dopo, gridando: «l'Urss esiste ancora!». Il giurista Krajko ha letto un messaggio dal carcere dell'ex Presidente del Parlamento sovietico, Anatolij Lukjanov, detenuto per il golpe d'agosto. E poco dopo, senza che ne fosse data lettura, è stato messo ai voti un intero pacchetto di documenti, approvato «all'unanimità». Poi si è passati all'elezione del Presidium, incaricato di convocare il prossimo Congresso «ordinario». Secondo il colonnello Alksnys, 438 dei 2250 ex-deputati dell'Urss hanno preso parte alla riunione. Secondo la Umalatova 216. Secondo i conti da noi fatti durante le votazioni, però, gli exparlamentari non erano più di 50. E il procuratore generale della Russia, Stepankov, ha detto di voler incriminare partecipanti e organizzatori del «Congresso degli ex» in base all'articolo 64 del codice penale: «Tradimento della patria». Malgrado il palese insuc¬ cesso, la Umalatova ha affermato eccitata: «Quello che abbiamo fatto verrà ricordato per secoli». Il tutto è durato meno di 90 minuti e in fretta i «deputati» sono risaliti sui pullman, per essere presenti al comizio indetto per le 17,00 sulla piazza del Maneggio, nel pieno centro di Mosca. Una gigantografia di Gorbaciov era stata deturpata da un paio di baffetti alla Hitler e uno striscione gridava: «Ogni anno uccidono sei milioni di bambini slavi». Tra uno sventolare di bandiere rosse e zariste, la folla ha accolto con un «urrà» le note dell'inno sovietico, ma accanto al palco un centinaio di democratici hanno iniziato a scandire «Eltsin, Eltsin», provocando un breve parapiglia. «Tutti ebrei», ha commentato un anziano comunista. I giovani eltsiniani sono però rimasti sulla piazza fino alla fine, molestando ogni intervento. Gli appelli a restaurare l'Unione sovietica si alternavano intanto alle accuse di «genocidio» contro il governo russo, colpevole del «tritacarne democratico». E mentre una vecchietta, sentendoci parlare italiano, ci minacciava di fucilazione in quanto stranieri e occidentali, l'oratrice Melnik affermava in piena convinzione che le autorità hanno permesso la vendita all'estero dei bambini russi: «Costano 6000 rubli l'uno, meno di un maiale». Fabio Squillante Migliaia di manifestanti a Mosca chiedono la rinascita dell'Urss e il rovesciamento di Eltsin (foto api