«Emanuela Orlandi è in Anatolia»

«Emanuela Orlandi è in Anatolia» Un terrorista turco sostiene che la ragazza era stata vista nell'88 in un villaggio «Emanuela Orlandi è in Anatolia» «Chi sa tutto è Celik, ideatore del rapimento» Ma per gli inquirenti si tratta di un mitomane ROMA. «Nel 1988 Emanuela era viva e si trovava in una località dell'Asia Minore. Chi sa tutto, per avere organizzato il rapimento, è il leader dei Lupi grigi. Orai Celik». Queste parole del turco Yalcin Ozbay, raccolte dal giudice italiano Adele Rando e riferite in un servizio del «Tg3» di ieri sera, fanno tornare alla ribalta per l'ennesima volta il caso di Emanuela Orlandi, la figlia di un dipendente del Vaticano scomparsa il 22 giugno del 1983 e mai più ritrovata. Non è la prima volta che Ozbay parla del caso Orlandi; ma la novità è che altri informatori turchi avrebbero dato indicazioni simili. Ozbay, ex componente del gruppo terroristico turco e oggi detenuto in Germania per traffico di droga, è stato interrogato il 4 marzo scorso nel carcere di Wiesbaden dalla Rando, il giudice istruttore che si occupa del caso, e da Raul Carnevale, funzionario dell'Interpol. Già nel 1985, durante il processo che si concluse con la condanna all'ergastolo di Ali Agca, Ozbay, chiamato a testimoniare, accusò Celik di avere organizzato il rapimento per imporre uno scambio tra la ragazza e l'attentatore. Stavolta torna sulle sue accuse a Celik ed aggiunge un elemento nuovo: secondo alcuni suoi misteriosi informatori, Emanuela Orlandi è stata vista nel 1988 in un villaggio sperduto tra le montagne dell'Anatolia. L'accusato, Orai Celik, già coinvolto nella vicenda dell'attentato di Piazza San Pietro e assolto per insufficienza di prove, si troverebbe in carcere in Francia. Sotto il falso nome di Athes Bedri, sta anch'egli scontando una condanna per spaccio. Ma Ali Agca lo ha smascherato: è lui Celik, ed erano assieme quel giorno, nella piazza affollata di fedeli. Sarebbe stato proprio Celik a ideare il rapimento di un «ostaggio» per arrivare alla liberazione di Ali Agca. La ragazza scomparve nel giugno del 1983. Roma fu tappezzata di manifesti dal padre. Ma due settimane dopo un imprecisato gruppo terroristico rivendicava il rapimento. Nasceva così la «pista turca». Lo sconosciuto affermava che Emanuela, allora quindicenne, sarebbe stata liberata solo in cambio dell'uomo condannato all'ergastolo per l'attentato di due anni prima a Papa Giovanni Paolo II. . Il papa fece degli appelli per la liberazione della ragazza. Ma tutto fu inutile. Le indagini.rimasero a un punto fermo. E ora si spera in Celik, alias Bedri, che sta per concludere il periodo di detenzione in Francia; verrà consegnato alla Svizzera, dove è perseguito per reati analoghi, e da tempo anche i giudici italiani ne richiedono l'estradizione. Non si esclude un confronto con il suo accusatore. La notizia ha creato emozione a casa Orlandi. Il padre spera ancora di rivedere viva sua figlia: «Ogni volta che si parla di Emanuela la speranza si aggiunge alla speranza. Noi non l'abbiamo mai persa. Io sono certo che prima o poi tornerà a casa, anzi, ne parliamo tutti i giorni e a volte è come se fosse qui con noi». Ma i dubbi sono tanti. Secondo il capo della Squadra Mobile di Roma, Nicola Cavaliere, che si occupò a lungo del caso, Yalcin Ozbay è un mitomane. «Le indicazioni da lui fornite - dice il funzionario - sono allucinanti e non hanno mai trovato riscontri nella realtà. Finora non si è aperto alcuno spiraglio nel misterioso caso della scomparsa della Orlandi». Gianmarco Nulli Gennari Emanuela Orlandi scomparve da casa il 23 giugno dell'83