«Sorella morte» per Whitman e Hindemith di P. Gal.

«Sorella morte» per Whitman e Hindemith All'Auditorium Rai il mezzosoprano Schreckenbach e il baritono Luxon diretti da Janos Fùrst «Sorella morte» per Whitman e Hindemith Versi austeri ed epici, letti da Pino Micol e splendidamente musicati TORINO. «Quando i lillà per l'ultima volta fiorirono davanti alla porta. Un Requiem per quelli che amiamo» è il titolo della grandiosa cantata per mezzosoprano, baritono, coro e orchestra su versi di Walt Whitman che Paul Hindemith compose durante il suo soggiorno americano tra il '45 e il '46. Di rarissima esecuzione, il lavoro è stato proposto l'altra sera airAuditorium Rai dal direttore Janos Fùrst che lo ha scolpito con vigoroso rilievo insiem' all'orchestra e al coro, ben istruito da Gerardo Bizzarro: notevoli i solisti, il mezzosoprano Gabriele Schreckenbach e il grande baritono inglese Benjamin Luxon, noto cantante d'opera (famoso il suo Papageno). Prima dell'esecuzione l'attore Pino Micol ha letto gli splendidi versi di Whitman, musicando i quali Hindemith consegnava all'Occidente un lavoro completamente estraneo alla tradizione biblica e cristiana del «Requiem». Il poeta non scrive, infatti, una lamentazione funebre, bensì un inno alla morte «salutevole e sacra», «strong deliveress», forte liberatrice: la morte come oceano di beatitudine, messaggera di dolcezza e gioia, che giunge con piedi leggeri, at¬ traversando la notte stellata e le immense praterie americane. La musica di Hindemith aderisce a questa fermezza epica, e al meraviglioso senso di totalità che si sprigiona dalla poesia di Whitmann, con due mezzi principali: un declamato ampio e solenne per le parti solistiche ed una scrittura corale appoggiata a solide basi contrappuntistiche, simbolo, evidentemente, di sicurezza e di salda oggettività. Certo, il suo stile, non ha più la forza dirompente e avanguardistica Anni '20, quando il recupero del barocco si poneva come slancio costruttivo e antidoto della dis¬ soluzione della forma tardoromantica; qui, nella sua semplicità, fornisce gli argini per incanalare una visione serena, controllata della vita e della morte, d'una poesia austera, tranquilla ma sovente assai penetrante. Quel tanto di monotonia che si avverte qua e là è riscattato dall'ammirazione per la compattezza della scrittura, per la capacità di far rivivere la tradizione. La cantata s'impone, così, all'ascolto del pubblico per la sincerità d'espressione che la bella lettura dei testi poetici ha reso l'altra sera ancora più evidente. Successo lietissimo per tutti. [p. gal.]

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