L'attore? E' superaccessoriato

L'attore? E' superaccessoriato Dal telefonino rosa della Laurito alla calcolatrice (solare) di Bramieri L'attore? E' superaccessoriato Fax e traduttori simultanei dietro le quinte Ma sono ancora molti a opporre resistenza ROMA. Marisa Laurito ha un telefonino rosa shocking intonato alla pelliccia: ogni tanto lo tira fuori dalla borsetta, come fosse un portacipria, approfittando dei momenti morti per sbrigare le telefonate urgenti. La Laurito, nel mondo dello spettacolo, è certamente uno dei personaggi più accessoriati. Non le manca quasi nulla: oltre al cellulare ha il fax, la fotocopiatrice, il computer, l'agenda elettronica, il traduttore simultaneo, da tasca. «Una debolezza congenita: sono una che si lascia convincere a comprare sempre gli ultimi ritrovati della tecnica. Così mi ritrovo alla mercé di queste macchine perfezionatissime: e per me incomprensibili. Avevo una lavatrice normale: mettevo il detersivo, pigiavo un bottone e il gioco era fatto. Ora ho una lavatrice ultimo grido, levigata come una palla da biliardo, dove non c'è nulla da pigiare: bisogna impostarla. Così, se non c'è la mia donna, che avendo seguito le spiegazioni del tecnico sa farla funzionare, io lavo a mano. Ho anche l'antenna parabolica, impostami da De Crescenzo: il quale ogni volta che viene da me, si mette a sacramentare come un dannato perché io, naturalmente, non so usarla». Dunque, una vittima dell'alta tecnologia a domicilio? «Può dirlo: questi oggetti mi si rivoltano contro. Avevo un traduttore computerizzato che quest'estate, in Venezuela, mi è stato utilissimo: ora l'ho ritirato fuori perché mio fratello si è fidanzato con una spagnola ma non riesco più ad usarlo. Forse, non ho il pollice tecnologico». Non è l'unica. Le attrici si mostrano assolutamente refrattarie ai gadget futuribili, da tasca e no. Franca Valeri mantiene con la tecnologia rapporti molto distaccati, da signora snob: «Non guido la macchina, scrivo a mano, se potessi, userei la penna d'oca. L'unico mio tuffo nella jungla tecnologica è rappresentato da un'agendina elettronica regalatami da un'amica. La quale, conoscendomi, l'ha corredata con le istruzioni più elementari; ma ho subito pigiato il tasto sbagliato, cancellando tutto. Sono una di quelle che pigiano sempre il tasto sbagliato». «I miei rapporti con la tecnologia? Pessimi - scandisce Annamaria Guamieri -. Al massimo arrivo al telefono e al campanello. Già l'orologio al quarzo mi manda in crisi. Non so mettere la segreteria telefonica e, se me la mettono gli altri, non so risentirla: se non fosse per Luciano che è un patito dell'automatizzazione e aggiunge un timer a tutto, sarei ancora al tram a cavalli». Luciano è Virgilio, uno che quando va in tournée fa la valigia sistemando in bell'ordine, fra fazzoletti e camicie, l'apparecchiatura completa per ricostruirsi, in albergo, un perfetto impianto hi-fi: «E io, come una ladra, approfitto del suo perfezionismo ascoltando la musica che si porta dietro lui». Ottavia Piccolo ha il fax-segreteria telefonica: «Talmente perfezionato che credo potrebbe fare anche il caffè; ma non ho mai cercato di spingermi al di là delle sue funzioni elementari perché c'è in me una sorta di rifiuto a capire. D'altronde, sono una che ha avuto sempre un pessimo rapporto con l'informatica per cui in casa sono stata espressamente diffidata dall'usare tutto ciò che è tecnologico. Così, prefe¬ risco frequentare i sani, vecchi elettrodomestici d'una volta. Che senso ha sprecare il tempo con una macchina che finisce sempre per vincere facendomi sentire un'handicappata?». Per Valeria Moriconi la tecnologia ha qualcosa di irritante: «Ancora non capisco come possa accadere che mettendo una certa cifra davanti a un numero si possa parlare con New York, figuriamoci se mi sforzo di decifrare questi orribili ritrovati moderni. Già mi fanno andare in bestia quelle macchine che in autostrada ti dicono con voce chioccia: "Introducete la scheda, pigiate il bottone rosso". Sono una che detesta i bottoni. Una che cerca sempre di fare tutto a mano, anche i conti. Al massimo, uso il pallottoliere. Ma non quello cinese: troppo difficile». Quanto a Carmen Scarpitta, rifugge persino dall'automobile: lei, dice, sarebbe rimasta ai landò. «Non vedo la necessità di tutti questi marchingegni che finiscono col complicarci la vita, anziché semplificarla: trovo che la tecnologia ci è ancora troppo lontana ed estranea e in certi casi può diventare persino controproducente». Il telefonino è il gadget elettronico maggiormente diffuso nel mondo dello spettacolo: perché è pratico, dicono gli attori, da sempre nomadi e, come tali, irraggiungibili. Lo possiedono Castellino, Albertazzi, Reggiani, Bramieri, Brachetti, tanto per citare alcuni nomi. Ce l'aveva anche Dario Fo, ma l'ha dimenticato subito in un ristorante. Arturo Brachetti, figlio esem¬ plare di quest'epoca informatica, parla al cellulare giocando col computer su cui si diverte a inventare sorprendenti cartoni animati. Tutto contemporaneamente, sennò non sarebbe Brachetti: gli manca soltanto un gadget elettronico che, durante le conversazioni, gli impegni anche i piedi. «La cosa che mi ha interessato di più, in questi ultimi anni, è stato il videotel; poi ho capito che in un Paese come il nostro era perfettamente inutile. Che senso ha scoprire a che ora parte l'aereo di Palermo se nel frattempo l'hanno soppresso senza comunicarlo a nessuno? Così l'ho usato un po' per mettermi in contatto con gente di tutte le parti del mondo; ci sono videotel-amatori che alle 5 del mattino sono già lì, a digitare domande e risposte. Ma, tutto sommato, finisci per spendere un capitale e ascoltare un sacco di fesserie». Vuol dire che gli esponenti teatrali dell'ultima generazione sono maggiormente portati agli oggetti futuribili? Si potrebbe pensarlo, ma non è così. Massimo Popolizio, per esempio, ha affrontato con disinvoltura i diabolici marchingegni di Ronconi, nel Kraus, parlando al telefono ancorato su un seggiolino che volava sulle teste degli spettatori, compiendo giravolte da brivido. Sinché una sera la macchina s'inceppò e Popolizio rimase sospeso nel vuoto a testa in giù, ma continuò impavido la sua conversazione telefonica pensando: «Se questa è la mia ora, tanto vale che l'affronti con dignità». Non era la sua ora e tutto tornò magicamente a posto senza che il pubblico si accorgesse di nulla. Dunque, uno spericolato amante della tecnologia ad alto rischio? «Diciamo che mi affascina per quanto riguarda le luci e le scene: impazzisco per le diavolerie di Ronconi che è stato il primo a usare il computer per le luci ed ha le scene più tecnologiche del mondo. Mi delizia il fatto di andare in tournée preceduto da quattro Tir, come i complessi rock: ma tutto finisce qui. Nella vita privata è come se fossi rimasto ai lumi a petrolio. Capisco benissimo che devo affrettarmi perché i tempi vanno veloci, ma istintivamente rifuggo dai prodigi tecnologici e compro sempre cose che lo sono un po' meno. In fondo, la mia aspirazione non è la segreteria telefonica ma il segretario, non è il forno a microonde, ma il cuoco. Non si dimentichi che il mio hobby è collezionare conchiglie». Proviamo allora a sentire un esponente della vecchia generazione. Gino Bramieri che si porta il cellulare in camerino e telefona durante il trucco, fa parte dei divi superaccessoriati: «I miei rapporti con la tecnologia sono ottimi, come acquirente. Credo di aver comprato tutto: il computer, il fax, l'agenda elettronica, il lettore-compact. Ho persino un televisore in cui, schiacciando un tasto, si ottiene la panoramica completa di 6 programmi in contemporanea. Tutto sommato, un gran casino. D'altro canto, sono una bestia, non riesco a capire le spiegazioni scritte, ho sempre bisogno di qualcuno che me le ri spieghi a voce. Così gli elettrodomestici rimangono lì, inattivi, dato che per usarli avresti bisogno di un tecnico tedesco e non di una colf filippina. Ho anche una calcolatrice solare, ultrarapida, ma alla fine, diffidente, rifaccio tuti i conti a mano, per vedere se tornano. Il mio gadget preferito è una radio americana trasparente, a palla, da portare appesa come un medaglione: così mentre vado a spasso posso sentirmi le ultime notizie». E poi, chiamavamo selvaggi quelli che giravano con la sveglia appesa al collo. Donata Gianni senza capire E Dario Fo? Ha scordato il cellulare al ristorante Marisa Laurito si ritiene vittima Giorgio Albertazzi ha il cellulare Franca Valeri odia le tecnologie

Luoghi citati: New York, Palermo, Roma, Venezuela