L'agguato dopo il processo per conquistare un rione di Fulvio Milone

L'agguato dopo il processo per conquistare un rione Napoli, dietro il duplice omicidio la sfida dei clan al ras della Sanità L'agguato dopo il processo per conquistare un rione NAPOLI. Calmo, imperturbabile: un vero boss, che non perde il sangue freddo neanche davanti alla morte della moglie e di un amico fidato. Gli investigatori che nella notte hanno fatto visita a Giuseppe Misso, il «camorrista nero» rinchiuso nel carcere di Sollicciano, a Firenze, si sono trovati dinanzi a un uomo duro come la roccia. Eppure il detenuto aveva trascorso il sabato più brutto della sua vita: prima la condanna a tre anni pronunciata dai giudici per la strage terroristico-mafiosa del rapido «904»; poi l'agguato ai suoi, alle porte di Napoli. Quando gli hanno detto che un commando di sicari aveva ammazzato Assunta Sarno e Alfonso Galeota, anche lui imputato al processo, non ha battuto ciglio: «Lo so, ho visto il telegiornale. Volevano uccidere anche Giulio e Rita (Giulio Pirozzi e Rita Casolaro, feriti nell'agguato, ndr)», ha detto, e non ha voluto aggiungere altro. I funzionari della questura speravano forse in un cedimento di «Peppe 'o nasone», ma se ne sono tornati a casa con gli stessi dubbi che li attanagliavano durante il viaggio in Toscana. Quali segreti si nascondono dietro quella maschera di indifferenza? Cosa farà, come reagirà il boss colpito negli affetti e negli affari loschi del suo clan? La polizia napoletana mostra di non credere che l'agguato dell'altro ieri sull'autostrada sia collegato al processo per l'eccidio avvenuto a Natale dell'84 sul treno rapido NapoliMilano. Lo dice il questore Vito Matterà: «E' una della tante faide locali che insanguinano da anni questa provincia». Lo fanno chiaramente capire i responsabili della squadra mobile e della Digos, Giuseppe Palumbo e Luigi Merolla. Il giallo della morte dei camorristi coinvolti in una delle vicende più inquietanti della storia giudiziaria della Repubblica sembra dunque stingersi, per acquistare i contorni di una fosca storia di malavita napoletana. Alfonso Galeota, Assunta Sarno, Giulio Pirozzi e Rita Casolaro sarebbero caduti in un'imboscata tesa dagli uomini di un clan rivale. I detective napoletani seguono una pista precisa, che porta a due bande alleate contro Misso per impossessarsi del rione Sanità, uno dei rioni più antichi di Napoli: una faida cominciata dieci mesi fa per i controllo del racket delle estorsioni e del traffico di droga, e che conta già dodici morti e otto feriti. I sicari avrebbero agito per conto di Gennaro Licciardi, soprannominato «'a scigna», capo di una cosca che domina il quartiere Secondigliano, e di Raffaele Tolomelli e Luigi Vastarella, rappresentanti di Licciardi alla Sanità. Secondo gli inquirenti l'agguato avrebbe anche un valore simbolico: le vittime, infatti, sono state uccise proprio sul tratto dell'autostrada che costeggia Secondigliano, terreno nemico. «E' come se gli assassini avessero voluto firmare gli omicidi, per mandare un messaggio alle altre cosche», dice un funzionario della squadra mobile, che subito dopo la sparatoria è andato con decine di poliziotti nei vicoli del rione Sanità: «Il quartiere sembrava un luogo di villeggiatura, tran¬ quillo e ordinato - dice il capo della squadra mobile Giuseppe Palumbo -. I «guaglioni» di Raffaele Tolomelli, una quarantina in tutto, sono scomparsi dalla circolazione». Omicidio simbolico, dunque, ma anche ben congegnato. Con ogni probabilità i sicari si sono serviti di vedette appostate lungo l'autostrada tra Firenze e Napoli, per controllare gli spostamenti della «Fiesta» bianca sulla quale viaggiavano gli amici di Misso dopo la lettura della sentenza da parte dei giudici della corte d'appello. L'agguato è scattato alle 18. Gli assassini, almeno sei a bordo di due auto, hanno affiancato la macchina guidata da Assunta Sarno e l'hanno spinta fuori strada, poi hanno cominciato a sparare con mitra Kalashnikov e fucili caricati a pailettoni. Galeota e la moglie di Misso sono morti all'istante; Giulio Pirozzi e Rita Casolaro si sono salvati solo perchè i killer, accortisi dell'arrivo di una pattuglia della polizia stradale, non hanno avuto il tempo di finire il loro lavoro. Un duro anche Pirozzi, proprio come Misso: ferito a una spalla, ha rifiutato il ricovero in ospedale, e alla polizia che voleva interrogarlo ha chiesto solo di essere accompagnato a Laurito, il Comune del Salernitano dove risiede in soggiorno obbligato. Prima di partire da Napoli non ha voluto neanche salutare la moglie, Rita Casolaro, ancora in ospedale per le ferite al volto e una frattura a un femore. Fulvio Milone Poliziotti accanto al cadavere crivellato di Alfonso Galeota assassinato da sicari del clan rivale

Luoghi citati: Firenze, Laurito, Napoli, Toscana