Liberato dai giudici il killer di Verona

Liberato dai giudici il killer di Verona Aveva ottenuto gli arresti domiciliari l'assassino dei due poliziotti a Sommacampagna Liberato dai giudici il killer di Verona Preso per traffico di droga, scappò prima della sentenza Martelli: «Indagherò, se qualcuno ha sbagliato pagherà» VERONA DAL NOSTRO INVIATO Gli avevano concesso gli arresti domiciliari. Massimiliano Romano, 24 anni, di Lamezia Terme, che ha ucciso a colpi di pistola i due poliziotti a Sommacampagna, era stato arrestato per un traffico di droga e detenzione di armi e munizioni. In carcere dall'agosto all'ottobre dell'anno scorso. Poi, la decisione del tribunale di Venezia di metterlo fuori. In dicembre, la condanna a 6 anni di reclusione. Ma lui era sparito il giorno stesso della sentenza: «latitante» fino a quando lo hanno ritrovato Ulderico Biondani e Vincenzo Bencivenga, gli agenti che per catturarlo sono andati incontro alla morte. Adesso esplode la rabbia degli uomini della polizia: «Perché in libertà, un personaggio tanto pericoloso?». Il ministro della Giustizia, Martelli, esce pallido dall'obitorio, dove ci sono le salme di Biondani e Bencivenga, con i mazzi di fiori sui teli bianchi, i familiari stravolti. «Ora - dice si tratta di accertare come e perché la magistratura di Venezia abbia concesso quegli arresti domiciliari. Anche i giudici devono pagare, se sbagliano». Le leggi ci sono, fa presente Martelli. «Ma occorrerebbe che fossero applicate con la necessaria severità». Quella a cui apparteneva Massimiliano Romano, dice il ministro della Giustizia, è una banda feroce, «ma non specificamente mafiosa». Di mafia, comunque, Martelli parla: «Dobbiamo estirparla al Sud e impedire che si espanda nelle altre regioni. Ma c'è una sorta di spettacolarizzazione del fenomeno, qui da noi. Altri Paesi non sono diversi dal nostro. Quel che fa impressione, in Italia, è il tasso di impunità». La grande emozione per la tragedia di Ulderico Biondani e Vincenzo Bencivenga, le lacrime dei poliziotti e gli incontri al vertice in prefettura con il ministro dell'Interno Scotti e Martelli. Anche Scotti parla di detenuti messi fuori. «Martedì presenterò alla commissione Antimafia i ritagli dei giornali sul decreto per la modifica della legge Gozzini, con le norme di retroattività. Allora si levò un coro, come se introducessimo un principio contrario alla nostra cultura giuridica. Ma si tratta di norme che riguardano l'espiazione della pena. Io sono stato messo in minoranza, in Parlamento, sulla necessità di produrre le prove che dimostrassero la rottura dei rapporti con la criminalità, da parte di chi dovesse essere ammesso a certi benefici. Ora occorre ritentare, e richiamare tutti a riflettere. E non è possibile che chi ha commesso un reato grave goda di benefici prima di una congrua espiazione della pena». Il ministro dell'Interno, giun¬ to a Verona con il capo della polizia Parisi e quello della Criminalpol Rossi, ha raccolto i «rapporti» su quest'altro assassinio di uomini delle forze dell'ordine. E conclude: «Non c'è alcun collegamento con fatti di criminalità mafiosa. Verona è terra di attacco di bande, soprattutto legate alla droga, non terra di insediamento né di cultura mafiosa». Niente che si colleghi alla mafia, secondo il ministro dell'Interno. Ma i poliziotti che muoiono in questo modo? «Questa è una criminalità che ha un totale disprezzo della vita e usa le armi con grande rapidità e facilità. E oggi il contrasto con questa criminalità tipica dei gangsters, nei Paesi industrializzati, è sempre più carico di tensioni e di rischi». Ma forse ci sono anche problemi di addestramento, tra le forze di polizia. Risponde Parisi: «L'addestramento si cerca di realizzarlo al meglio. Certo, chi è preso da attività operative non sempre riesce a fare esercitazioni con la dovuta frequenza. Però non è il caso dei due poliziotti rimasti uccisi». Uomini delle forze dell'ordine vittime di «bande feroci» nel Veronese. Altri morti nel Meridione, rammenta Scotti: quelli di mafia. «E' aumentata la pressione delle forze dell'ordine - ripete - e gli strumenti normativi dell'anno scorso sono rilevanti. Man mano che la pressione cresce, dobbiamo aspettarci reazioni violente, perché tocchiamo interessi terribili, in questa guerra». Tuttavia, osserva il ministro, c'è una tendenza a una «contrazione della delittuosità»: 14 per cento in meno nel primo bimestre di quest'anno, un «calo» degli omicidi del 30 per cento. Ma Scotti avverte: «Il mio è un messaggio di attenzione e di preoccupazione per la criminalità mafiosa». Martelli chiede ai magistrati «la massima coerenza nell'applicazione di tutte le leggi mirate a reprimere la criminalità». Poi, nell'andarsene, ribadisce con una battuta secca un concetto già espresso: «Meglio il Far West che la mafia». Un uomo e una donna fermati, per favoreggiamento, esami per stabilire se Massimiliano Romano, rimasto ucciso nel conflitto a fuoco, fosse drogato al momento della sparatoria e una ricostruzione del dramma ancora piuttosto confusa: questo è il quadro delle indagini. Intanto, la rabbia dei poliziotti. Filippo Saltamartini, segretario nazionale del Sap (Sindacato autonomo di polizia), dice: «Fatti come questo accadono perché nel nostro ordinamento è possibile, per criminali che commettono gravi reati, farla franca, uscire in libertà». Oggi, in Duomo, i funerali di Ulderico Biondani e Vincenzo Bencivenga. Altri due «servitori dello Stato» da piangere. Giuliano Marchesini Scotti chiede leggi più severe Fermati i complici del criminale I|f1 La madre dell'agente Biondani confortata dal capo della polizia Il palazzo dove sono stati uccisi Dario Biondani (sotto a sinistra) e Vincenzo Bencivenga (a destra)

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