Gli archivi si aprono dopo gli Oscar e il voto di Furio Colombo

Gli archivi si aprono dopo gli Oscar e il voto INTANTO IN AMERICA Gli archivi si aprono dopo gli Oscar e il voto ANEW YORK Washington ha avuto luogo uno storico incontro: il senatore Borerì, capo della commissione per i servizi segreti del Senato americano, e il regista Oliver Stone, autore di «JFK», il film di immenso successo. Tema dell'incontro la tesi del film: la commissione Warren ha mentito, affermando che Oswald da solo ha ucciso il presidente Kennedy, il 22 novembre del 1963. C'è stato un complotto. Il film di Oliver Stone lo dimostra. L'incontro di Washington ha provocato molto interesse nei giornali e in televisione per due motivi. Il senatore ha detto: «Apriremo gli archivi. Niente è sacro di fronte alla ricerca della verità». Il regista ha affermato: «Se dagli atti risulterà che ho torto sarò il primo ad ammetterlo». Nell'intensità di discussioni e commenti, gli astanti si sono dimenticati di alcuni dettagli che avrebbero fatto luce su questo incontro. Primo dettaglio. Questo è un anno elettorale. Le coraggiose dichiarazioni del senatore Boren vanno lette anche in questa luce. Mostrano un temperamento coraggioso e privo di ritegni nella ricerca della verità. Ma per normali ragioni burocratiche, quella ricerca non potrà avvenire che a elezioni compiute. Ci sarà anche allora tanta disposizione a collaborare? Secondo dettaglio. Il film di Stone è candidato a. una mezza dozzina di Oscar. L'assegnazione degli ambitissimi premi avverrà dopo l'incontro di Washington e prima dell'apertura degli archivi. Ma dopo gli Oscar 1 argomento interesserà ancora? Questo non vuol dire che sono scettico sulla tesi di Stone. Come tutta l'America - e il resto del mondo - sono intensamente curioso, come tutti mi sento interessato e coinvolto personalmente. Però mi fa luce, e mi è servito da scuola, il periodo che ho passato accanto a Andrew Young, Jesse Jackson, Coretta King e i suoi figli, subito dopo l'uccisione del leader dei diritti civili. Venivo dall'Italia con la mia. troupe della Rai e cercavo tutte le strade possibili per «filmare il complotto». Una sera sedevo in casa di King con i due reverendi, Jackson e Young. Io facevo, con prudenza e fermezza, domande. Ricorderete le immagini di quel tragico evento. Jesse Jackson teneva la testa insanguinata del leader, Andrew Young indicava un tetto da cui - riteneva - erano partiti i colpi del fucile di precisione. Guidato dalle loro indicazioni, ho passato giorni nella casa di fronte. Già poche ore dopo non c'era più polizia, non c'era più quel tipico nastro arancione con sopra stampigliato «zona del delitto» con cui la polizia americana circonda le aree di crimine. Ho contato i passi, valutato i minuti per entrare e per uscire, le ore dì appostamento, di attesa. Si passava da un bagno e si arrivava alla stanza-abbaino da cui Earl Ray aveva sparato. Da solo? Per conto di chi? Si tenga conto che in quel momento non era stato arrestato. Con questo materiale tornavo alla casa di King, ad Atlanta. Con stupore notavo che seguivano poco le mie pretese di inchiesta. Jesse Jackson e Andrew Young mi hanno detto, pazienti: «Certo, c'è stato un complotto. Qualunque buona organizzazione criminale consegna uno degli assassini, che però non sa niente del resto. Il fatto è che King è stato ucciso. Questa parte del complotto è riuscita. Adesso facciamo in modo che non riesca l'altra. Se restiamo indietro, ossessionati nel cercare e indagare nel vuoto, hanno vinto». - Il realismo americano, più duro e meno idealista di quello europeo, consiglia di non fermarsi sul posto. Quanto a Oliver Stone, non dimentichiamo che è un grande regista. Fra poco sarà impegnato in un altro film. Mi dicono che andrà in Giappone. Furio Colombo

Luoghi citati: America, Atlanta, Giappone, Italia, Washington