Petit danza Charlot l'eterno vagabondo

Petit danza Charlot l'eterno vagabondo Il grande coreografo ha celebrato il cinema muto Petit danza Charlot l'eterno vagabondo TORINO. Solo la danza può rendere omaggio al cinema muto ed in particolare a Charlot, attore, mimo, musicista e ballerino. E uno dei coreografi più grandi del nostro tempo, Roland Petit, ha elevato a Charlie Chaplin un monumento che saremmo tentati orazianamente di definire «aere perennius», se la danza non fosse per sua natura la più fragile ed effimera delle arti. Proprio al termine dello spettacolo «Charlot dance avec nous», visto l'altra sera al Teatro Nuovo, Charlot viene collocato su uno scalcinato piedestallo come un eroe della mendicità che afferra un patetico soldino donato da una bimba e scompare, eterno vagabondo, sulla strada infinita come in un suo film. Ma sarà difficile comunque dimenticare questa splendida rievocazione poetica di un artista degno di figurare in quella sorta di Olimpo dell'arte gestuale che Petit costruisce, tra l'intenerito e l'ironico, nel quadro «Andremo tutti in Paradiso». Accanto ad Isadora Duncan, Nijinsky, Marceau e Debureau, Charlot balla la sua danza degli «spiriti beati» sulla musica del «divino» Bach che accompagna molte pagine dello spettacolo. Nello sterminato catalogo di opere di Petit poche volte un titolo è stato costruito con maggiore economia di mezzi e con massima eccellenza di risultati. Sei ballerini, pochi ed essenziali elementi scenici, una mezza dozzina di pagine musicali espressamente approntate da Fiorenzo Carpi accanto ad un suggestivo collage bachiano e a melodie famose dello stesso Chaplin, come «Io cerco la Titina», la «Violetera» e «Limelight», bastano a realizzare quasi due ore di uno spettacolo memorabile. Non c'è bi- sogno di essere cinefili o storici per leggere in trasparenza molti capolavori chapliniani, pure mai ricalcati pedissequamente. Strepitosa, ed esempio, l'invenzione che rievoca l'immagine patetica della ballerina in «Luci della ribalta». Charlot indossa il candido tutù come un collarino e impugna le scarpette rosa, giocando con le braccia come fossero passi in punta. E poi scene tratte dalle comiche, dal «Vagabondo», dal «Monello» e un bellissimo momento che sembra ispirato al «Cappotto» di Gogol con Charlot che sogna sotto un cumulo di giornali. La gentile e intenerita rievocazione non avrebbe comunque raggiunto questi altissimi livelli senza l'apporto di due artisti italiani che una volta tanto non è esagerato designare come straordinari. Parliamo di Luigi Bonino, nel ruolo di protagonista, e di Elisabetta Terabust in una variegata tastiera di personaggi femminili e in una sorprendente caratterizzazione del Mo- nello. Bonino, oltre a quel bravissimo danzatore di carattere che conosciamo, è qui mimo e attore di risorse illimitate. Accanto a lui acclamata una stella che qui a Reggio è stata a lungo di casa come leader dell'Aterballetto. Ballerina romantica, entraineuse sexy, patetica violetera, scugnizzo scatenato, la Terabust si è rivelata, oltre grande ballerina, anche attrice di eccezionali doti. Dopo essersi presentata in un passo a due tradizionale con l'elegante Jean-Charles Verchère, su musica di Chaplin, Elisabetta ha entusiasmato con il suo fregolismo fino a trasformarsi in uno degli Charlots che si danno la mano nella sfilata finale «Girotondo intorno al mondo» sulla poesia di Paul Fort. E tra le acclamazioni del pubblico, si presentano anche gli altri giovani e forti interpreti dei Ballets de Marseille inclusi nella eccezionale serata. Luigi Rossi li ""•il •! / 1 m ,,»b Luigi Bonino protagonista di «Charlot dance avec nous» visto l'altra sera al Teatro Nuovo con Elisabetta Terabust La rievocazione non avrebbe raggiunto questi altissimi livelli senza i due straordinari artisti italiani

Luoghi citati: Reggio, Torino