Dalla Russia per vestire all'inglese di Luca Goldoni
Dalla Russia per vestire all'inglese Personaggi di città: Cesare Barbero, lo stilista di Jack Emerson dove passano professionisti, artisti e politici Dalla Russia per vestire all'inglese In quel negozio anche un ministro diEltsin Qualcuno ancora oggi lo ritiene inglese e crede che il negozio porti il suo nome, Jack Emerson, ma dietro l'aplomb anglosassone c'è il piemontesissimo Cesare Barbero, mente e anima di una bottega che c'è, ma non si vede. Nel senso che il negozio non si affaccia su una strada, come tradizione vorrebbe, ma si apre al primo piano di un palazzone di via Battisti, con scaffali traboccanti di maglie e di stoffe, di scarpe e di cappelli. Il via vai è continuo, i clienti guardano, toccano, soppesano e chiacchierano. «Un negozio che è insieme un allegro bazar e un grande salotto», secondo Giampiero Bona, dove capita di incontrare vecchi amici e fare nuove conoscenze. «E' qui che ho conosciuto Pier Paolo Pasolini», racconta Alain Elkann. Il figlio di Andreotti sceglie cravatte a fianco di Luca Goldoni, Diego Novelli misura il trench accanto a Renato Altissimo. Tra i clienti affezionati Rossella Falk, fra i nuovi, l'entusiasta Ivan Kivalidi, uno degli uomini più ricchi dell'ex Urss, una sorta di ministro per il commercio estero di Boris Eltsin. Jack Emerson è dal '56 nel cuore della borghesia torinese: medici, professionisti, esponenti della cultura e dell'arte affidano il loro guardaroba a Cesare Barbero. E, dopo i padri, sono arrivati i figli, sempre nel nome di un'eleganza senza tempo, sobria e discreta. Lui, Barbero, se ne sta all'apparenza assente, in un minuscolo ufficio fra mobili d'epoca, quadri di amici pittori e simboli della Gran Bretagna dei clan e delle lane. In realtà, tutto vede e tutto sorveglia, pronto allo sconto e alla battuta. In 36 anni si è così conquistata la fiducia di intere generazioni, ne custodisce piccoli segreti e ambizioni. Chi non lo conosce non può dire di conoscere a fondo Torino. E chi lo conosce ne apprezza le qualità di raffinato «contastorie». Sempre aneddoti, comunque, mai pettegolezzi. Come quando ricorda le manie di Paolo Stoppa: «Sapeva tutto delle scarpe, ne aveva una collezione». Né dice quante persone ha vestito, limitandosi a un'affermazione significativa: «Ho fatto abiti per gli indigeni delle isole Vanuatu e per i reali di mezzo mondo». Rifiuta di definirsi stilista («non arrivo a tanto») anche se disegna e inventa modelli. Un mantello da lui ideato e prodotto da un amico inglese è in vendita nei migliori negozi di Londra, sua città di adozione, dove si muove come a casa propria, padrone dei luoghi e della lingua (parla con disinvoltura anche spagnolo e francese, ma appena può sfodera il piemontese dei Roeri, «pieno di parole d'origine celtica»). Va fiero del¬ le cravatte disegnate per club, enti e associazioni, comprese quelle ufficiali del Torino e della Juve: «Boniperti ne regalò una anche a Pertini». Ha giornate intense, esigente con gli altri, ma soprattutto con se stesso. Sveglia all'alba, qualche minuto di yoga, poi al lavoro, fino a tardi. Quando invita amici a cena, se a una certa ora non accennano ad an¬ darsene, li sollecita: «E' tardi, andoma a ca». Anche se sono solo le 22. Perché a una certa ora cerca il silenzio, come quando va in vacanza, rifugiandosi con Sant'Agostino in un tempio buddista o in un convento. Un grande rimpianto, l'amicizia perduta di Davide Maria Turoldo. Renato Romanelli Cesare Barbero è la mente e l'anima di un negozio che non s'affaccia sulla strada e che dal '56 è diventato un atelier-salotto per raffinati intenditori di stoffe Tra i clienti il figlio di Andreotti Rossella Falk e Luca Goldoni
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