«Bugsy», così perfetto che toglie l'aria

«Bugsy», così perfetto che toglie l'aria PRIME CINEMA Il film candidato a 10 Oscar, girato da Barry Levinson con Warren Beatty e Annette Bening «Bugsy», così perfetto che toglie l'aria La saga chic di un criminale sanguinario e seducente BUGSY», ricorda con orgoglio la pubblicità, è dieci volte candidato all'Oscar: però il film ricco ed elegante resta insulso, spesso tedioso. Fra tutte le candidature, la più giustificata sembra quella di Warren Beatty come miglior attore: i suoi passàggi repentini dall'educata dolcezza di modi alla brutalità isterica, da play boy a criminale, da mondano ben vestito a picchiatore feroce, sono magistrali, anche se un po' schematici e troppo spesso ripetuti; la sua bravura e maturità risultano innegabili. Sono bravi quasi quanto lui alcuni altri personaggi, Harvey Keitel nella parte del gangster indipendente Mickey Cohen e Ben Kingsley nella parte del boss Meyer Lansky (tutt'e due candidati all'Oscar); invece Joe Mantegna risulta fuori paite nel personaggio del divo-gangster George Raft, e Annette Bening è monotona nella parte dell'attrice Virginia Hill, amica del gangster Joe Adonis, detta Flamingo (fenicottero) per via delle gambe lunghe, conquistata da Bugsy e causa della sua rovina. Sono candidati all'Oscar pure i tre autori (art direction, set decoration, costumi) della ricostruzione dell'ambiente di Hollywood negli Anni Quaranta, che è perfettissima: ma soffocante per invadenza, convenzionalità e déjà vu. L'inconveniente del film sta probabilmente in una contraddizione. Il regista Barry Levinson e, lo scrittore James Tobak (altri due candidati all'Oscar) fanno un ritratto di gangster del tutto anomalo, controcorrente: lo vedono, in un'atmosfera nostalgico-romantica accentuata dalle musiche di Ennio Morricone (altro candidato all'Oscar), come un innovatore seducente, come un idealista perdente, come un classico Americano-che-aveva-un-sogno, come un simbolo della linea sottile che separava crimi¬ nalità e celebrità, Hollywood e Cosa Nostra. Narrativamente, è una novità: però è gratuita, quindi forzata e poco efficace. Benjamin Hymie Siegel detto Bugsy (cimice), delinquente ebreo newyorkese, venne mandato negli Anni Quaranta a Hollywood dai suoi capi Meyer Lansky e Lucky Luciano per impadronirsi del racket californiano. Con l'aiuto di Cohen spodestò il boss locale Jack Dragna; venne processato per l'omicidio d'uno dei suoi e assolto; progettò la costruzione d'un albergo con Casinò nel deserto del Nevada; fu ucciso dai soci convinti di essere stati truffati da lui. Nel film, Bugsy viene mitizzato come l'inventore di Las Vegas.capace di trasformare un polveroso paese desertico in un luogo esemplare dell'avidità e del rischio, di mutare il gioco d'azzardo in attività industriale autorizzata. Viene presentato come uno schizoide lunatico: seduttore brillante e assassino spietato, marito-padre affettuoso e amante appassionato, interessato solo al potere dei soldi e deciso a uccidere Mussolini. A suo s modo, «Bugsy» è un'apologia: chissà se vuol dire qualcosa, che l'America si prepari a premiare col massimo riconoscimento cinematografico la saga chic d'un criminale sanguinario visto come un eroe violento seducente, simpatico e sfortunato. Warren Beatty: una magistrale interpretazione per «Bugsy»

Luoghi citati: America, Hollywood, Las Vegas, Nevada