La vita è nata in una sacca di Marina Verna

La vita è nata in una sacca Il fisico Mario Ageno all'Ari La vita è nata in una sacca ~m\ TORINO I N principio - circa 4 mili bardi di anni fa - c'era I un'immensa nuvola di _*Jgas e polveri e mancava del tutto l'ossigeno. Sulla Terra ancora in formazione cadevano gli ultimi blocchi di materiale cosmico: metano, ammoniaca e acqua ghiacciati. I raggi ultravioletti, reagendo con il metano, andavano formando uno strato di idrocarburi condensati che a una certa epoca raggiunse qualche metro. E proprio la metamorfosi di questi idrocarburi è la chiave di una bellissima teoria sulle origini della vita, messa a punto da un fisico della scuola di Fermi e Arnaldi, Mario Ageno, che la presenta nei prossimi giorni al pubblico dell'Associazione Culturale Italiana (oggi al Teatro Alfieri di Torino, sabato al Teatro dell'Oriuolo di Firenze, lunedì al Franco Parenti di Milano, martedì all'Eliseo di Roma, mercoledì al Piccinni di Bari). Al metano originario, dunque, capitò quello che succede alle chiazze di petrolio riversate in mare: con il passare del tempo venne demolito dai raggi ultravioletti ed entrò nella composizione del brodo primordiale. Mentre avveniva questa metamorfosi, sull'oceano si formavano anche immense quantità di sacche microscopiche, sostanzialmente analoghe alla struttura base delle attuali membrane biologiche, che i venti e le onde portarono ai margini dell'oceano. Non essendoci ossigeno, non c'era neanche ozono e quindi i raggi ultravioletti arrivavano fino alla superficie della Terra e addirittura penetravano anche per 10 metri sott'acqua: se gli organismi viventi si fossero formati in superficie, i raggi solari li avrebbero dunque uccisi immediatamente. Per questo i primi organismi devono èssere comparsi in specchi d'acqua abbastanza profondi e non soggetti a evaporazione periodica: probabilmente una laguna, al margine di un continente, in comunicazione con il mare aperto. Questo lo scenario - largamente accettato nella comunità scientifica - da cui Ageno ha presso le mosse per la sua teoria. Perché qui c'è una impasse da cui finora nessuno era uscito: le teorie correnti ipotizzano che il cosiddetto brodo primordiale, nel quale erano confluite le 4 molecole base della vita (idrogeno, ossigeno, azoto, carbonio) variamente combinate, si sia evoluto spontaneamente con il tempo, dando luogo, in qualche modo casuale, alle prime cellule. Lo studio della chimica prebiologica ha però dimostrato che questo non può essere accaduto: allo scenario primitivo manca qualcosa. Mario Ageno, concentrando la sua attenzione sul metano primordiale, ha scoperto che cosa: un meccanismo elementare di fotosintesi. Analizzando le famose sacche, ha scoperto che queste potevano fondersi o separarsi, senza però mai mescolare il liquido interno con quello esterno. Quindi tutte le sacche di una laguna costituivano in realtà un unico ambiente, con una immensa varietà di combinazioni possibili. E se una sacca di pochissimi micron non poteva trasformarsi in cellula, una popolazione di sacche sì. Mancava però ancora qualcosa: una sorgente di energia esterna, indispensabile per la sintesi chimica. Questa non poteva che essere la luce solare e dunque le sacche dovevano avere un meccanismo, simile all'apparato di fotosintesi delle piante, estremamente semplice ma capace di catturare e immagazzinare i raggi del sole. Esperimenti di laboratorio hanno individuato nelle piante un apparato fotosintetizzatore che probabilmente è la versione moderna del nucleo iniziale. - Il cerchio si chiude: grazie all'energia, dentro la sacca si realizzò un ambiente fortemente acido, l'unico nel quale poteva iniziare spontaneamente la chimica della vita. Marina Verna

Persone citate: Ageno, Arnaldi, Franco Parenti, Mario Ageno, Piccinni

Luoghi citati: Bari, Milano, Roma, Torino