L'antidoto di Nietzsche contro la scienza di Gianni Vattimo

L'antidoto di Nietzsche contro la scienza Conclusa l'edizione dei frammenti postumi L'antidoto di Nietzsche contro la scienza DATA la complessità delle suddivisioni dei volumi in tomi e parti, è difficile dire quanti «pezzi» mate Irialmente manchino ancora al compimento. Ma si può dire che con la pubblicazione di questo volume terzo, tomo terzo (e non secondo, come per colmo di confusione dice la sovraccoperta), parte seconda, che contiene (parte dei) Frammenti postumi 1859-1874, la grande edizione Adelphi delle opere di Friedrich Nietzsche, progettata e curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari (oggi entrambi scomparsi) sia praticamante giunta alla conclusione: manca, se non sbagliamo, solo una piccola parte di scritti filologici. Si può dunque legittimamente tentarne un bilancio. Il quale deve partire bensì sottolineando ancora una volta l'importanza che questa gigantesca impresa scientifico-editoriale ha avuto per tutta la cultura, non solo italiana o europea, negli ultimi decenni (l'edizione Colli-Montinari si pubblica, oltre che in italiano e tedesco, in numerose altre lingue), ma anche cercare di capire che ne è, oggi, di quella vera e propria rinascita nietzschiana che ha caratterizzato il recente dibattito filosofico. Un testo attendibile L'edizione Colli-Montinari è determinante per disporre finalmente di uri testo attendibile delle opere di Nietzsche, e soprattutto dei frammenti degli ultimi anni (fortemente manipolati dai primi editori, i quali li avevano raccolti in una forma sistematica completamente arbitraria, utilizzando schemi e titoli che l'autore aveva da ultimo abbandonato: era nata così La volontà di potenza, uscita per la prima volta, nella forma definitiva, nel 1906). Questa edizione non ha invece significativamente influenzato l'andamento del dibattito teorico sulla filosofia nietzschiana, che si è sviluppato in tutto il mondo soprattutto dopo la pubblicazione, nel 1961, dei due volumi del Nietzsche di Martin Heidegger, di cui dovrebbe uscire fra breve la traduzione italiana. Sotto molti aspetti, l'edizione Colli-Montinari è rimasta, e ha voluto essere, un'impresa principalmente filologica. Non solo per modestia: anzi, nel caso di Colli almeno, c'era in questa scelta una punta di polemica nei confronti delle eccessive, secondo lui, attualizzazioni a cui la fi¬ losofia di Nietzsche era sottoposta dagli interpreti. I commenti che Colli scrisse per i vari volumi, e che poi diedero luogo a un libro, avevano certo un carattere fortemente interpretativo; ma dialogavano poco o nulla con le interpretazioni contemporanee (non solo di Heidegger, ma di Deleuze, Foucault e, prima, di Lowith e Jaspers), e finirono con l'identificarsi con la specifica posizione filosofica di Colli stesso, una sorta di ripresa di temi schopenhaueriani con una rilettura della tradizione presocratica, in uno spirito vicino agli scritti del Nietzsche giovane. La liberazione da Schopenhauer Se si tiene conto di tutto ciò, non è forse senza significato emblematico il fatto che il volume di frammenti che ora si pubblica ridia proprio l'immagine di questo Nietzsche, giovane filologo ancora profondamente schopenhaueriano ma già in procinto di liberarsi sia da Schopenhauer sia da Wagner mediante un intenso ripensamento del rapporto tra scienza, arte, filosofia: è in fondo questa immagine che resta determinante nella prospettiva di Colli e di Montinari, e che è condivisa dal curatore di questo ultimo volume, Mario Carpitella, nella sua lucida nota critica. Il significato essenziale del pensiero di Nietzsche, in questa prospettiva, resta la sua polemica contro lo scientismo moderno in nome di un ideale di equilibrio tra sapere e vita, il Cui modello è la civiltà tragica - cioè preclassica, prima di Socrate - dei greci, che si tratterebbe di rinnovare con l'aiuto dell'arte; ma negli anni a cui risalgono questi frammenti (si tratta, in questo tomo, degli anni 1872-74), Nietzsche dubita già che l'impresa si possa compiere, e che si possa compiere con l'aiuto dell'arte: il suo pensiero resta così in una posizione problematica, come si vede dal fatto che non porta a termine l'opera a cui tutti questi appunti dovevano servire (un Libro dei filosofi). Questa problematicità, come si vede leggendo gli scritti che Colli e Montinari, anche al di là delle note ai vari volumi dell'edizione, dedicarono a Nietzsche, non appare sostanzialmente superata nei tentativi sistematici che Nietzsche sviluppa nelle opere della maturità. La filosofia nietzschiana resterebbe così essenzialmente un pensiero critico: che svela l'insuperabile convenzionalità di tutte le pretese verità scientifiche (ogni conoscenza è solo espressione di interessi, bisogni, volontà di dominio) e la necessità dell'errore, cioè della creazione di simboli arbitrari, per la sopravvivenza. Il carattere critico di questa posizione consiste nel fatto che essa sospende, per dir così, le pretese di validità assoluta e universale di qualunque sistema scientifico, di qualunque costruzione simbolica, svelandone le radici «umane troppo umane» nel mondo della vita. Forse oggi più che nei decenni trascorsi dall'inizio dell'edizione (il 1964), siamo in grado di vedere come questa immagine di Nietzsche che regge la lettura di Colli e* Montinari non sia poi tanto remota da altre interpretazioni considerate più teoreticamente impegnate: penso per esempio a quella proposta da Gilles Deleuze in un libro del 1962, La filosofìa di Nietzsche, che proprio ora viene riedito da Feltrinelli con una illuminante introduzione di Maurizio Ferraris. Ferraris inquadra lo studio di Deleuze in un esauriente panorama dellexecenti interpretazioni nietzschiane: dal quale si ricava proprio l'impressione che oggi - in un momento in cui le proposte di lettura di Nietzsche fortemente improntate in senso teorico (come quella heideggeriana; e poi, da noi, come quelle di Cacciari e del sottoscritto) sembrano attraversare un periodo di stanca - il senso del pensiero di Nietzsche tenda a essere riportato a questa sua funzione «sospensiva» - di puro antidoto contro ogni ripresentarsi di filosofie metafisiche, che pretendono di nascondere l'insuperabile radicamento di ogni costruzione simbolica nel mondo della vita. Lo sforzo del pensiero E' un tema su cui concordano tanti orientamenti di oggi, dai resti non più dogmatici del materialismo storico alla fenomenologia a certa filosofia post-analitica anglosassone. Ma, sia rispetto alle esigenze della teoria, sia rispetto al senso degli scritti di Nietzsche, resta aperto il problema se lo sforzo del pensiero per andare oltre questa pura posizione sospensiva (e, nel caso di Nietzsche, il suo sforzo di costruire una filosofia mediante concetti così impegnativi come quelli di nichilismo e di eterno ritorno) non debba essere preso più radicalmente sul serio. Gianni Vattimo