Quell'auto di Trentin e Del Turco non piace a Barbato di Guido Tiberga

Quell'auto di Trentin e Del Turco non piace a Barbato Il popolare giornalista di Cartolina illustrata punzecchia i sindacalisti che preferiscono viaggiare su vetture straniere Quell'auto di Trentin e Del Turco non piace a Barbato Intervengono nella polemica Renzo Arbore, Giorgio Benvenuto e Carlo Patrucco ROMA. «Signor amministratore delegato della Fiat...». Andrea Barbato compare come ogni sera nel francobollino della sua «cartolina» televisiva su Raitre. Martedì il destinatario è Cesare Romiti, l'argomento è uno di quelli che da sempre fanno discutere: in un momento di congiuntura, è opportuno acquistare prodotti di importazione? «Nei giorni scorsi - racconta Barbato ai telespettatori - c'è stata una curiosa discussione. Un articoletto di Italia Oggi ha segnalato che i due segretari della Cgil, Bruno Trentin e Ottaviano Del Turco, hanno cambiato le loro auto di servizio. Prima avevano una 164 Alfa Romeo: ora nel cortile della Cgil ci sono due Volvo 960. Guerra alla Fiat? Segnali di fumo per le trattative sul costo del lavoro? Boicottaggio del prodotto nazionale?». Barbato lancia un sasso, ma la piccionaia non si scompone. Gli ex sindacalisti, quelli che hanno saltato il fosso e sono passati nelle file del governo, sembrano piuttosto perplessi. «Non voglio dare giudizi sulle persone - dice Giorgio Benvenuto, segretario delle Finanze, in pratica il vice del ministro Formica -. Però il prodotto nazionale va sostenuto. Io uso auto italiane: se non lo facessi mi sembrerebbe di contribuire alla cassa integrazione». Al dicastero del Lavoro, l'exsegretario generale della Cisl Franco Marini non dice nulla. «Il ministro - spiegano i suoi collaboratori - non ama parlare dei suoi vecchi colleghi di sindacato. Lui, comunque, ha un'Alfa 164». Barbato insiste: «Il signor X o la ditta Y - dice - sono liberissimi di comprare cosa vogliono. Più singolare è il caso di un sindacato che va a sedersi a un tavolo di trattative per chiedere che non vi siano licenziamenti, né cassa integrazione, né attacchi al salario. Insomma, la domanda è questa: ci sarebbe da attendersi qualche forma di difesa del prodotto nazionale oppure le aziende non hanno patria?». D'altra parte, non è forse vero che in Francia la Cresson ha dovuto vendere la sua Thema per passare alla Citroen? Che in Inghilterra il leader laburista Kinnock è stato accusato di «sabotaggio» per aver regalato una Fiat al fi- glio? Che il Kme ha definito gli italiani «il popolo più antipatriottico»? «Barbato ha ragione - commenta Carlo Patrucco, numero due della Confindustria -. Chi riveste un ruolo pubblico ha il dovere di aiutare il mercato italiano. E poi non ci sono soltanto le Fiat. Vogliono il lusso? Si pren¬ dano una Ferrari...». Il massimo esperto italiano di «auto blu» è il deputato liberale Raffaele Costa. Per le lui le auto di servizio sono sempre troppe, ma non si scandalizza per la loro provenienza. «Andiamo verso l'Europa - dice -. Noi compriamo i prodotti stranieri, ma gli altri comprano i nostri...». Al di fuori degli addetti ai lavori i pareri sono discordi. Chi spara a zero sui due leader sindacali, chi pensa che ognuno abbia il diritto di fare quello che gli pare. Il più pragmatico, per una volta, è il mondo dello spettacolo. «Secondo me - dice ad esempio Renzo Arbore - avevano soltanto bisogno di un'auto più larga. Si spostano spesso e volevano stare comodi, come noi quando andiamo in tournée. Trentin e Del Turco li conosco bene. Non è gente che predica bene e razzola male...». Guido Tiberga Andrea Barbato ha attaccato i sindacalisti che usano auto estere Edith Cresson premier francese ha rinunciato all'auto italiana Ottaviano Del Turco è passato dall'Alfa alla Volvo, come Bruno Trentin

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