«lo faccio 10 mila telefonate tanto poi paga il partito»

«lo faccio 10 mila telefonate tanto poi paga il partito» «lo faccio 10 mila telefonate tanto poi paga il partito» ARTOLO Ciccardini è un deputato di lungo corso della de romana, con queste elezioni punta alla settima legislatura. Nella democrazia cristiana, insieme con Mario Segni, è stato uno dei promotori dei referendum elettorali. E senza pentimenti si prepara ad affrontare i problemi posti dalla preferenza unica: ha escogitato qualche espediente nuovo, organizza le sue cene e magari nel suo continuo errare per la campagna elettorale fa capolino in qualche locale romano. Qualche sera fa alla festa per il falso compleanno di Liz Taylor al «Gilda» di Roma è finito per caso nel mezzo di un gruppo di transessuali... Anche loro votano. Onorevole dicono che Roma è la città in cui un posto in Parlamento costa di più. E' vero? Sì, Roma è una piazza difficile. C'è gente che butta i miliardi dalla finestra. Sa, ad esempio, quanto costa al giorno a Pietro Alfonsi, il segretario della Confcommercio che si presenta nella democrazia cristiana, tenere affisso nei posti riservati uno di quei manifesti 6 metri per tre con cui ha tappezzato Roma: duecentomila lire. E questo senza contare il costo in sé del manifesto e quello degli attacchini. Per me si tratta solo di soldi buttati: immaginiamoci un elettore che dice, "quel candidato ha una bella faccia, io lo voto". E le cene elettorali? Altro triste capitolo. Ad una cena, perché valga la pena, devi invitare almeno 200 persone. Se ti va bene, con la cena a catering a menù fisso, sono 30.000 a testa. Se, invece, le persone sono di riguardo si arriva alle sessanta-settantamila lire, ma devi essere amico del proprietario del ristorante. A Roma, comunque, questa è un'abitudine andreottiana alla Franco Evangelisti o alla Vittorio Sbardella. Adesso il costume sta cambiando. C'è molto sfoggio degli inviti di rappresentanza, come quello che il presidente della squadra di calcio del Frosinone ha dato in onore di Claudio Vitalone nel Palazzo delle terme di Lord Forte a Fiuggi. E la pubblicità sui giornali? A Roma non va di moda. Usellini a Milano è capace di affittare una pagina di giornale per trenta milioni, e probabilmente fa bene. A me non serve, costa troppo. Quando ho aperto la mia campagna ho fatto fare una colonnina sul Tempo e sul Messaggero per un milione e mezzo. Sulla Repubblica non l'ho fatto, è un giornale troppo esoso. Io, comunque, ho trovato un altro sistema per fare campagna a basso costo. Quale? Ho deciso di fare una campagna elettorale telefonica. Ho un fascettario di 16 mila persone con cui in passato ho avuto dei contatti. Bene: telefonerò a 10.000 di loro. Finora ho fatto 5000 telefonate e i risultati sono buoni. Certo il 20% vanno sprecate: o la persona è defunta o non mi vota. Ma il restante 80% dà risposte promettenti. Sì, d'accordo, ma alla fine la bolletta del telefono chi la paga? La democrazia cristiana, perchè le telefonate le faccio nel mio ufficio di Palazzo Sturzo. Nessuno le ha promesso qualche voto? Qualche personaggio strano... Come no! Un mio amico, forse un po' ingenuo, l'altro giorno mi ha portato un tipo in ufficio. Questo mi ha promesso 20.000 voti, ma in cambio dovevo assicurargli che non ci sarebbero stati problemi per costruire una strada tra la Nomentana e Guidonia. Io non ho accettato anche perché non credo che ci sia qualcuno che ti possa assicurare 20.000 voti. No, è impossibile. Al massimo accordi del genere un candidato può farli nei Comuni dove non si conosce nessuno. Si va dal capopolo del luogo e gli si dice: se mi dai un certo numero di voti ti dò un premio. Solo in quei casi uno è sicuro che i voti ti sono arrivati perché quello si è dato da fare. Giulio Andreotti spende molto in campagna elettorale? Non credo. Il presidente del Consiglio ha un suo metodo. Intanto manda un contributo ad ogni sezione: 100 mila lire per le sezioni piccole e 300 mila per quelle grandi. E nella circoscrizione elettorale di Roma le sezioni della democrazia cristiana non sono poche. Qualche volta può capitare che quel contributo se lo mette in tasca il segretario, ma, anche in questo caso, Andreotti si è conquistato un certo rispetto. E per lui è quello che conta. Giulio ha sempre fatto la stessa cosa pure con le parrocchie e i cir¬ coli delle Acli. I manifesti, invece, una volta neanche li pagava: il vecchio Abete, ad esempio, che era un gran democristiano, gli mandava la fattura a casa ma poi non la riscuoteva. Lo faceva anche con me. Adesso credo che Andreotti non abbia più problemi visto che è senatore a vita. E allora chi spende di più? Sbardella ha una struttura costosa ma è permanente. I suoi uomini sono squaletti, sono voraci, in più fanno le cose in grande. Fanno i comitati che si riuniscono solo a cena e le cene costano. Poi hanno le macchine e la benzina è una spesa. Sui manifesti, comunque, ho visto che Sbardella ha inventato un metodo geniale. I suoi annunciano solo convegni: quello sull'aeroporto di Roma, quello sui trasporti e via dicendo. Così, le categorie interessate sanno che Sbardella si sta occupando del loro problema. Poi non importa se - come mi ha raccontato un amico che ho inviato al convegno sull'aeroporto - a quegli appuntamenti ci vanno solo una decina di persone e Sbardella neanche si fa vedere D'accordo ma facciamo qualche cifra... Io spenderò sui 200 milioni, 100 in meno dell'altra volta. Ma conto sulla pubblicità che mi sono fatto con i referendum. A Roma, comunque, un candidato in media spende sui 700-800 milioni ma chi ha più soldi, come Sbardella, arriva anche ad un miliardo e mezzo. Ciccardini: «Cene, feste... A Roma quanti soldi sprecati» Bartolo Ciccardini