Violò le regole del clan
Violò le regole del clan Il pentito Randelli fù ucciso a Serralunga da uno dei catanesi Violò le regole del clan Non aveva accettato la spartizione con gli altri Chiesto il rinviò a giudizio di Saia e Massimo Il pentito Pietro Randelli fu assassinato perché non aveva rispettato una regola ferrea del clan dei catanesi: non aveva voluto dividere la sua parte di bottino con i complici più sfortunati ai quali il denaro del colpo era stato sequestrato dalla polizia. Per questo Antonino Saia, altro killer-pentito della banda, e Antonio Massimo, un balordo di periferia con precedenti per rapina, la sera del 30 ottobre scorso andarono nella cascina di Serralunga d'Alba e uccisero Randelli e la sua convivente Nunzia Strano. Si è conclusa così l'indagine del pm Anna Maria Loreto, che ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio premeditato di entrambi gli imputati. Anna Maria Loreto, da anni nel pool contro la criminalità organizzata, è stata applicata per l'occasione alla procura di Alba dove si celebrerà il processo. Saia e Massimo, difesi dagli avvocati Paola, Zancan e Galasso, hanno confessato. All'origine del duplice omicidio c'era una rapina commessa nel luglio '90, all'esattoria comunale di Viareggio. Il colpo, al quale avrebbero preso parte Antonino Saia, il fratello Rosario e Pietro Randelli, aveva fruttato 240 milioni. Che vennero divisi in quattro parti: 60 milioni, secondo una regola del clan, toccarono infatti anche ad Antonio Massimo che, pur facendo parte della banda, non aveva partecipato al colpo. Saia e Randelli, condannati a 18 e 21 anni al maxiprocesso, erano in libertà per scadenza termini. Antonino Saia, riconosciuto da un impiegato, fu bloccato poche ore dopo assieme al fratello. Gli furono sequestrati anche 180 milioni, le parti che sarebbero toccate ai fratelli Saia e al Massimo. Soltanto Randelli riuscì a far perdere le tracce e tornò alla sua cascina nelle Langhe. Antonino Saia non rimase a lungo in cella: il gip lo scarcerò perché le testimonianze sulla sua partecipazione al colpo erano contrastanti. Tornato in libertà il killer, che al maxiprocesso contro i catanesi aveva ammesso 11 omicidi, pretese da Randelli una nuova spartizione: «I tuoi 60 milioni vanno divisi tra tutti e quattro. E' sempre stato così». Randelli non volle rispettare quella regola non scritta e venne decisa la sua eliminazione. La sera del 30 ottobre, Saia e Massimo bussarono al cascinale. Randelli era a tavola con Nunzia Strano e il fratello di lei, Santo. Una breve discussione poi gli spari. Si salvò soltanto il giovane Santo Strano, che fu poi uno dei principali testi d'accusa. IH! Antonino Saia, killer pentito
Luoghi citati: Alba, Randelli, Serralunga, Viareggio
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