Sono Lubrano «l'anti-patacca di Simonetta Robiony

Sono Lubrano «l'anti-patacca La trasmissione, ogni mercoledì alle 20,30, è diventata il punto di forza di Raitre Sono Lubrano «l'anti-patacca «La mia forza viene dalla tv e dalla difficoltà di campare La notorietà mi dà i brividi, ma non mi prendo sul serio» ROMA. L'hanno chiamato il Robin Hood dei truffati, il Superman dei consumatori, il Vendicatore senza macchia dei diritti del cittadino. Lui, Antonio Lucrano, giornalista sessantenne, senza stimmate da teledivo nel corpo e nell'anima, è spaventato dal potere che la gente gli attribuisce. «Ho avuto molte soddisfazioni, ma detesto strafare. La forza viene dalla televisione, non dalla mia persona. Per questo detesto prendermi sul serio, mi guardo bene dal montarmi la testa, sto attento a non debordare nella tuttologia dando pareri a destra e a manca». Eppure, nonostante la prudenza con cui esercita il suo ruolo, «Mi manda Lubrano» è uno dei tre programmi tv assieme a «TeleMike» e al «Costanzo-show» a vantare nel titolo il nome del conduttore, in più è diventato con «Samarcanda» la trasmissione di punta di Raitre. Mercoledì scorso ha avuto un ascolto di 3 milioni e 800 mila. La puntata record però fu la numero ventisette di questa seconda stagione che già ne promette una terza, Lubrano ha sfiorato i cinque milioni. I meriti? Uno, e il conduttore lo dice subito: non è suo ma della vita. «La fatica di campare è diventata tale che si ha sempre più bisogno di informazioni, suggerimenti, consigli». Ne elenca le cause. La magistratura sommersa da cause e causette che ne rallentano l'efficienza. Le truffe che, proprio perché possono esser perseguite solo a querela di parte, spesso non sono neanche denunciate. Un'attenzione più vivace verso ciò che mangiamo nella paura di farci del male. Il piacere diffuso di spendere bene il nostro denaro senza cedere alle lusinghe della pubblicità. Le mille insidie che ognuno di noi incontra nel percorso quotidiano costellato di vaghezze e tranelli. Non a caso, pullulano in tv i programmi predisposti a fornire aiuto, da quelli diabolici che campano sfruttando il dolore ostentato a quelli parrocchiali che rispondono alle domande dei telespettatori. «Da Frizzi a Costanzo si ara tutti lo stesso campo. Perfino "Epoca", una rivista storica, tenta il rilancio dando uno spazio enorme ai diritti del cittadino. E per farlo, qualche settimana fa, se n'è uscita addirittura con la mia foto in copertina, dando a me, che resto un uomo qualunque, un brivido da notorietà che non avevo mai avvertito». L'altro merito, invece, è suo e lo rivendica con orgoglio. «Io parlo chiaro. Preferisco essere banale che oscuro. Uso frasi semplici e brevi. Spesso ricorro all'interrogativo. E' una scelta, questa del parlare rivolgendomi idealmente a un ragazzo di otto anni, che mi viene da uno studio fatto nel '68 con Cresci e Raveggi. Preparavamo "Un volto, una storia" e mettemmo a punto quello che chiamiamo la comunicazione "convessa", cioè quella che va direttamente dallo schermo allo spettatore». Perché ce n'è un'altra? «Sì, c'è quella "concava" che va dal comunicatore al potere». Alcune sue frasi sono diventate luoghi comuni. La più celebre è: «La domanda nasce spontanea» con cui il suo imitatore preferito, Gabriele Marconi, gli fa il verso moltiplicandone la popolarità. Ma hanno una certa risonanza anche: «Io posso darvi una mano: l'altra dovete mettercela voi», oppure: «Sogni d'oro e, perché no?, anche d'argento», con cui s'accomiata. Mille lettere al mese. La ricetta? Eliminare le rubriche troppo specifiche come quella dell'«expertise» a domicilio sul vaso prezioso avuto in eredità da uno zio. Infilare dentro la straripante Carmela Vincenti, attrice di varietà pugliese, in collegamen¬ to da famiglie disastrate per imbrogli e pasticci. Allargare lo spazio del consumo, memori del successo di «Di tasca nostra», la madre di tutta la tv di servizio. Inventarsi una campagna di spot da un minuto l'uno sui «doveri» del cittadino affidandola alle più famose agenzie pubblicitarie d'Italia che gliel'hanno fatta gratis pur di esserci. Il gioco è fatto. Il pubblico s'incanta perché si identifica con la vittima del «pataccaro» che s'è fatta incantare da un orologio d'oro falso; con la casalinga cui il piazzista ha rifilato un inutile corso di Lingue; con il villeggiante che grazie a una agenzia turistica s'è trovato a far le vacanze in un albergo senza mare, senza acqua corrente, e perfino senza camerieri. La più grande vittoria di Lubrano? «Esser riuscito a parlare della 241, la legge che impone ai dipendenti pubblici di farsi identificare dall'utente quando ne ricevono la pratica e di fornirgli una risposta entro trenta giorni. Prima vittima della mia propaganda alla legge il sindaco di Sinalunga, un paese vicino Siena, che s'è' visto condannato per inadempienza». La truffa più citata? «Quella degli assegni spediti per posta, sottratti dalla cassetta delle lettere, incassati altrove con cifre modificate di diversi zeri. E' un meccanismo infallibile che prospera per la lentezza dei bonifici bancari. Me ne sono già occupato ma dovrò ritornarci». Ma perché in Italia prospera l'imbroglio? «Perché molti presumono di essere più furbi dell'imbroglione: fregarsi l'un l'altro è una sfida irresistibile». I servizi meno efficienti? «Dovrei dire quelli pubblici, ma non è sempre così. Io trovo più irrispettose le assicurazioni e le banche». Il suo modello di teledivo? «Maurizio Costanzo: la sera se posso lo guardo sempre. Ma mi piace anche Magalli e vado pazzo per quelli di "Avanzi"». Simonetta Robiony Renzo Arbore stasera ospite da Lubrano

Luoghi citati: Italia, Roma, Siena, Sinalunga