Vallesi guida l'invasione Sanremo di Marinella Venegoni

Vallesi guida l'invasione Sanremo Le vendite del dopo Festival: classifica rispettata, ma la qualità è un'altra cosa Vallesi guida l'invasione Sanremo Richiestissimo Baldi, non ancora nei negozi MILANO. Una valanga di ed, una montagna di musicassette e qualche magro pacco di vecchi album di vinile, tutti targati Sanremo, si sono abbattuti sui negozi di dischi. Il Festival musicalmente più sbiadito degli ultimi tempi è stato anche il primo per il quale le case discografiche hanno preparato più diligentemente gli album dei gareggianti, convinti che una canzoncina cantata per tre minuti e per due volte in tv possa accendere per sempre la gloria degli artisti. Naturalmente non è così vero, anche se nel '91, per la prima volta, la vendita di musica italiana ha superato del 3 per cento, in fatturato, quella straniera: ma se la discografia nostrana, come s'è visto a Sanremo, continuerà a porgere cantanti-saponetta, c'è da giurare che questa fortuna non durerà. . Il nostro ormai consueto sondaggio postsanremese, in alcuni negozi della catqna Ricordi sparsi per l'Italia, non riserva troppe sorprese. In testa alle vendite, dovunque, c'è la doppia compilation Ricordi/Fonit Cetra, e fra gli album dei reduci dal Festival l'ordine rispecchia con qualche approssimazione i voti delle famigerate giurie festivaliere (primo Barbarossa, seconda Mia Martini, terzo Paolo Vallesi, quarto Bertoli) con sbilanci nelle aree di appartenenza dei cantanti: se Barbarossa ha più successo a Roma, Vallesi è leader nella sua Firenze. Per la verità, Vallesi è leader anche a Milano e al Sud, e le sue vendite sono le più alte fra i primi tre classificati: Caterina Caselli, sua discografica, ci raccontava che di solito il terzo classificato al Festival è quello che vende più dischi. Valle a capire, queste regole non scritte. Significativa, la differenza di gusti fra gli acquirenti di ed e di lp: a Torino, per esempio, nei ed il primo dei cantanti venduti è Pierangelo Bertoli, ma negli lp e musicassette lascia il posto a Luca Barbarossa. Curioso poi, l'exploit di Irene Fargo, seconda classificata fra i giovani: a Bologna è in vetta alla classifica, prima della compilation; evidentemente gli italiani continuano ad amare il melodramma di cui era infarcita «Come una Turandot», che è piaciuta perfino a Pavarotti. In tutti i negozi che abbiamo contattato, inoltre, la richiesta più alta ma insoddisfatta è stata per il disco di Aleandro Baldi, il più che promettente fiorentino non vedente che con Francesca Alotta ha vinto la sezione Novità: ma il lavoro del suo album non è completato, e il povero Baldi perderà forse un po' di copie per questo ritardo. Se da queste classifiche di vendita, per quanto improvvisate, dovessimo passare alla qualità dei dischi offerti, le facce dei vincitori muterebbero. I tre minuti di una canzone si rivelano spesso una vetrina troppo minuscola, o fuorviarne, rispetto agli album: è il caso di «Limba» dei Tazenda, un disco compatto e convincente, superiore al primo. Il gruppo sempre più prende a prestito dagli U2 climi musicali e umori che trapianta liberamente 'dall'Irlanda alla Sardegna; inserisce a tratti sonorità della cultura sarda come la fluite» che contiene il «Deus te'salvet Maria», e il miscuglio ha un suo fascino. Il loro vecchio partner Pierangelo Bertoli li accompagna nel primo posto della nostra classifica della qualità: .(Italia d'oro» è un disco rabbioso ma dolce come lui, fra le ballate spunta anche un curioso lento politico da mattonella; e Mia Martini conserva il posto di vincitrice morale (negatole per salvare il Festival dalle previsioni?) con «Lacrime»: è vero che con il suo attuale produttore Bigazzi siamo in zona lamentosa Masini, ma la cipolla affettata in copertina rida un minimo di ironia a Mimi, che con la Mannoia è signora fra le interpreti di oggi; carine le due canzoni che Te ha scritto Mimmo Cavallo, e un poco troppo fumettose quelle di Bigazzi. Colorato e pieno di luci «Medina» della Nuova Compagnia di Canto Popolare, vincitrice del premio della critica; più elegante e meno pomposo del solito risulta «Ti penso» di Massimo Ranieri, anche se le sue canzoni difficilmente entreranno nella memoria collettiva. I più venduti, sono anche gli album più controversi. «Cuore d'acciaio» del vincitore Luca Barbarossa ha il suo punto più alto nel brano che dà il titolo al disco: «Portami a ballare» è più degregoriana che mai, accostata a «Dove si va si va» che sembra una parafrasi del «Titanio» di De Gregori. Le notevoli doti polemiche di Barbarossa restano mortificate, a favore di canzoni da drammone amoroso che non sono nelle sue corde: come si dice a scuola, potrebbe fare molto di più. A Paolo Vallesi, il bravo ragazzo della «Forza della vita» e forse grande exploit di questo Festival, non mancano né voce né toni accorati: ma le sue canzoni sono come film senza sviluppo. Noiosine. Fatti e misfatti degli altri album sanremesi: è dignitoso il «Mendicante» di Mariella Nava, anche se la sua espressività vocale non colpisce mai a fondo; Riccardo Fogli ha diviso in due il suo «Teatrino meccanico»: la parte «classica» è noiosissima, la parte audace è carina. Ma se non si sbriga, diventerà vecchio prima di ringiovanire musicalmente. I Ricchi e Poveri in un doppio ed con la canzone esclusa, hanno massacrato «La donna cannone» di De Gregori a disco dance (da galera). Giorgio Faletti conferma in «Condannato a ridere» che saper far. ridere non significa saper cantare; i New Trolls hanno approfittato del Festival per una compilation dei loro storici e grandi successi; di Pietra Montecorvino è uscito il vecchio lp, con «Favola Blues»: sarà una voce del futuro. Fra le novità, s'impone la vivacità (scanzonata, impegnata) dei bravi Statuto; e non è niente male il lavoro di Andrea Monteforte, il figlioccio di Gino Paoli, che canta come lui ma con la necessaria maggior baldanza giovanile. Marinella Venegoni IN 4