Scrittori codardi
Scrittori codardi Scrittori codardi «Perdono Moravia, non Vittorini» forse a esprimerla? Io so bene che Boccaccio, Flaubert e Verga hanno già scritto il romanzo. Ma rinuncio io a scrivere il mio? E tutti si sono posti il problema se Arte è uguale a sincerità rispondendo a loro modo. «Cronaca familiare» sta nascendo così Napoli, 29 dicemLre '45 In questo momento sto portando a termine la Cronaca familiare, della quale ho scritto più di due terzi e che conto di finire entro gennaio. Cronaca familiare è un mio colloquio con Ferruccio (il fratello morto a Firenze nel luglio del '45. Ndr). Non un'apologia di lui né una palinodia, sarà un libro dichiaratamente autobiografico in cui io racconto a Ferruccio, come in una lunga lettera, la «sua» storia (...). E' una promessa che gli feci negli ultimi giorni che stemmo insieme, ma non devi credere che con questo io esaudisca una sua vanità umana. Quésto Ferruccio non me lo avrebbe mai chiesto, né io, se così fosse, sarei stato capace di prometterglielo onestamente. Qualcosa invece di più doloroso e universale. Ferruccio mi chiese di chiarire a me e a lui il ricordo e l'immagine che entrambi avevamo della mamma, della quale - specie negli ultimi tempi - egli aveva uno struggente desiderio. Ferruccio non volle mai persuadersi all'idea della morte e mi chiese di scrivere questo libro «per lui», perché potesse leggerlo, e perché io, scrivendo, potessi meglio esprimermi che non a voce. Ora che lui è morto è naturale che il libro mi sia uscito diverso, nel senso che, dovendo dare corpo a un fantasma e sistemazione a dei fatti, io non ho potuto fare di meglio che attaccarmi alla memoria di Ferruccio e «narrare» a lui la storia dei nostri incontri durante i quali ci odiammo anche, per poi amarci, parlando della mamma. Non ce l'ho con Brancati Roma 14 gennaio 1952 E così, caro Sandro, non ce l'ho coi Brancati o simili, che danno quello che possono dare, anche cose apprezzabili, e la cui viia è conseguenza e spiegazione delle proprie opere, se ne nutre; non ce l'ho coi Moravia che all'ambizione e al successo sacrificano le loro stesse qualità, e salvano la botta della loro diciamo "ispirazione" rimasta all'asciutto, ce l'ho coi Rea, ce l'ho coi Vittorini sotto altro aspetto. Il perché ti è noto. Questa loro mancanza di coraggio nello interrogare fino in fondo la realtà (o fantasia) che posseggono, questo loro sfuggire per la tangente della letteratura laddove il discorso (e proprio il discorso creativo) esigeva di tirare, di volta in volta, le somme. E non le tirano, queste somme, perché se le tirassero, proprio la loro diversa ambizione diciamo civile, verrebbe a cadere, ed è in definitiva a quella a cui tengono (l'opportunismo, la fama, i quattrini, per Rea; l'inquietudine . facile, i complessi edipici, uno scambiare la realtà con la propria e sola realtà per Elio). Non ce l'ho con chi può alzare un chilo e lo alza, anche se c'è scritto mille noi sappiamo che è un chilo e che quella è la sua forza: ce l'ho con chi può alzare mille e alza invece cento.
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