E' Clinton il vero problema di Bush

E' Clinton il vero problema di Bush Nel Supermartedì il governatore vince nettamente in Florida (50%) e Buchanan resiste E' Clinton il vero problema di Bush Se si votasse adesso, il Presidente sarebbe sconfitto La Casa Bianca annuncia un appello in tv per risalire WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Bill Clinton ha compiuto un notevole balzo verso la nomina a candidato democratico per le presidenziali di novembre. Per George Bush, che giocava in casa, è stata finalmente una «grande giornata», come lui l'ha definita in anticipo, rovinata però da un altro pessimo sondaggio sul declino della sua popolarità nel Paese: per la prima volta un democratico con un nome, Clinton o Tsongas, potrebbe batterlo. Ieri notte, mentre venivano contati i primi voti, la grande lotteria elettorale del «supermartedì» sembrava intenzionata a rispettare le previsioni: Clinton in testa in almeno otto degli 11 Stati in cui, tra primarie e «caucus», erano impegnati gli elettori democratici, e Bush scontato vincente in tutte e otto le primarie che interessavano i repubblicani, ma, soprattutto nei due Stati importanti, con un margine di cui finora non aveva mai goduto su Pat Buchanan, che però continua a raccogliere una larga fetta di voti di protesta. Oggi ci saranno dati più precisi, in particolare per ouanto riguarda il margine di vantaggio di Clinton su Paul Tsongas in Florida, l'unico Stato del Sud in cui l'ex-senatore del Massachusetts sperava di fermare il governatore dell'Arkansas. Le prime proiezioni disegnano una netta vittoria di Clinton, attestato attorno al 50%. Le regole elettorali applicate dal partito repubblicano sono impostate a un principio maggioritario molto rigido e Bush sapeva in partenza che si sarebbe aggiudicato tutti i 421 delegati in palio nel «supermartedì». Buchanan, che, nonostante buoni piazzamenti, non ha mai vinto una' primària, tanto ' meno aveva speranze ieri. Non a caso, s^ era impegnato poco, nel fare campagna "negli 8 Stati interessati dal voto. «Vincerò in Louisiana, Mississippi, Rhode Island e Massachusetts», aveva annunciato senza crederci molto e mentre guardava già avanti, alle primarie di martedì prossimo in Illinois e Michigan. In effetti aveva gualche possibilità di piazzarsi dignitosamente in Lousiana e Mississippi, al Sud nonostante nel primo dei due l'ex-capo del Ku-Klux-Klan David Duke, giocando in casa, gli avrebbe portato via voti -, e nel Rhode Island, al Nord. Poche speranze, invece, per il Massachusetts, terra natale di Bush. In ogni caso, in nessuno dei tre Stati aveva la speranza di agguantare percentuali simili al 37% del New Hampshire o al 36% della Georgia. Bush poteva contare su un so- lido predominio in Texas, suo vecchio collegio elettorale e sua residenza fiscale, e in Florida, dove uno dei suoi figli, Jab, dirige il partito. Ma era ottimamente piazzato anche in Oklahoma e Tennessee. Tutto questo a Buchanan interessa relativamente. Non ha mai corso per vincere, ma solo per mandare a Bush «un messaggio» contenente lo scontento della destra repubblicana e condizionarne la politica, costruendosi, nello stesso tempo, un futuro. Ieri, già prima del voto, Buchanan ha trionfato: «Vedete come Bush è costretto a rincorrere le nostre posizioni». E poi, forte del suo successo relativo, è passato alle minacce. Poiché il presidente del comitato elettorale repubblicano lo ha paragonato a Duke, Buchanan è andato su tutte le furie e ha annunciato che, se quel «tizio» non sarà costretto a dimettersi, lui non manterrà la promessa di appoggiare Bush a novembre. Proprio mentre stava finalmente ottenendo una discreta vittoria, Bush, ieri, ha dovuto leccarsi le ferite per l'ultimo sondaggio «Washington PostAbc», che ha fissato a un mediocrissimo 39% il consenso degli americani verso il presidente 51 punti al di sotto dei tempi gloriosi della guerra del Golfo -, mentre, per la prima volta, il presidente uscente, se si votasse adesso, sarebbe battuto, sia pure per un ristretto margine, sia da Clinton sia da Tsongas. Nulla di definitivo, tenendo conto del fatto che, durante le primarie, prevale negli elettori un atteggiamento di sfida. Ma si tratta certamente di un segnale preoccupante, tanto che Bush sembra intenzionato a rivolgere un appello tv al Paese per rettificare e rinvigorire il suo «messaggio». Mentre Tsongas, ieri, ha combattuto fino all'ultimo minuto in Florida per salvare le speranze della sua campagna, Clinton ha annunciato che avrebbe passato la giornata elettorale a casa, per stare un po' assieme alla sua bambina di 11 anni. Clinton sapeva che almeno il 50% degli elettori del Texas lo avrebbe votato, mentre Tsongas, Jerry Brown e gli altri candidati locali avrebbero dovuto spartirsi l'altra metà. Tutta sua la scena in Lousiana, dove Tsongas non si era presentato, come del resto in Oklahoma. Larghi margini anche in Mississippi e Tennessee. Dopo il «supermartedì» comincia quindi a consolidarsi l'ipotesi di uno scontro finale tra Bush e Clinton in autunno. Sarà allora che comincerà la lotta all'ultimo sangue tra due candidati assediati entrambi dalle proprie debolezze: Clinton dagli scandali e Bush da un'inquietante incertezza. Paoio Passarmi Sa* Il candidato democratico Clinton durante un comizio in Florida dove ha sconfitto Tsongas ifotoap)