I NANI E I GIGANTI

I NANI E I GIGANTI I NANI E I GIGANTI Dietro il celebre aforisma di Newton, secoli di filosofia ICIAMOLO subito: Sulle spalle dei giganti di Robert King Merton, l'insigne sociologo della Columbia University, è di quei testi «avventurosi» - saggio in forma di fiction - che prediligono lettori un po' iniziatici, un po' funambolici, capaci di appassionarsi a un intrigo millenario ricco di colpi di scena, ma senza mandanti e senza cadaveri; capaci di rincorrere con piacere libertino una citazione criptica, un ideogramma, un plagio, nei cunicoli del sapere umanistico e poi brindare all'arte dell'intelligenza (come altrimenti definirla?) che l'autore celebra in ogni pagina. Non stupisce affatto che Denis Donoghue dichiari nella postfazione essere Sulle spalle dei giganti, ovvero OTSOG (dalle iniziali del titolo inglese: On the Shoulders of Giants), uno dei pochissimi libri che avrebbe amato scrivere - e tra i pochissimi c'è La coscienza di Zeno; e meno ancora stupisce che sia Umberto Eco a introdurre il volume in Italia su espresso desiderio di Merton. L'uno si tira dietro l'altro nella caccia pluridecennale all'Aforisma; caccia allegra e implacabile che potrebbe ritenersi non conclusa qualora venisse accolto il suggerimento di Eco a ipotizzare nuove risonanze. L'Aforisma, celeberrimo e ubiquo - «Se ho visto più lontano è perché stavo sulle spalle dei giganti» - tradotto e ritradotto, sincopato e parafrasato nei secoli, a chi va legittimamente attribuito? A Newton, risponderà il candido pellegrino, estrapolandolo dalla missiva diretta a Robert Hooke nel corso di una controversia scientifica. Ma Newton si rivela assai presto per quello che è: un luogo comune dell'Erudizione, e quasi riesce inconcepibile all'introduttore che Merton lo abbia posto a cardine della sua storia. «Chi ha pasticciato in medievistica - prosegue Eco - conosce la citazione almeno quanto "Il dado è tratto" o "Eppur si muove", e pensa immediatamente a Bernardo di Chartres». E tuttavia il fallace approccio si risolve in un gran bene giacché, partendo da Newton, Robert K. Merton può compiere la sua geniale, «serendipica» scorribanda, buttandosi alle spalle le autarchiche acquisizioni del Medioevo e sempre onorando comportamenti e bizzarrie dell'adorato Tristram Shandy. Non c'è allora segreto bibliografico che sfugga al suo occhioradar, non c'è documento interdisciplinare che egli non legga controluce, prima di segnalarlo a Bernard Bailyn, il destinatario della lettera che fa tutt'uno col testo di cui si parla. Né gli ci vorrà molto a scoprire che lo stesso Bernardo di Chartres è traballante titolare dell'Afori- sma. Con circa sei secoli di anzianità il grammatico Prisciano avanza seri diritti di prelazione e nessuno ci assicura che alla lunga non spunti un rivendicatore più affidabile. Da Bernardo a Newton e da Newton a Robert K. Merton, i nani che montano sulle spalle dei giganti sono comunque registrati uno per uno nel penultimo •capitolo, e ad esso si rimanda; ma attenzione alla data 1578, in corrispondenza di tal Didacus Stella (Diego de Estella) poiché Didacus, che mai avrebbe osato supporlo, rappresenta il vero motorino di avviamento della ricerca. E si contempli altresì la figura di Isaia di Trani, massimo talmudista italiano del XII secolo, non foss'altro per comprovare il rigore parossistico di Merton filologo e topografo nelle nostre acque territoriali. Là dove racconta che Isaia, nato nel 1180, aveva fondato una scuola di alti studi ebraici a Trani, sente il bisogno di precisare che detta località si affaccia «sull'Adriatico, a 41,86 km a ovest-nordovest di Bari delle Puglie, Apulia». Sono appena alcuni degli elementi pre-testuali di OTSOG. Ai quali aggiungerei la dedica ai tre figli «effabili» e ai loro «ineffabili quindici» che disorienta il traduttore tedesco e provoca un'esilarante nota esplicativa sugli «ineffabili»: quindici sono i gatti e non i garruli nipotini merto- niani! E così l'Onomasticon, sorta di indice ragionato messo lì apposta per indispettire probi membri d'Accademia: «Descartes René: era, e dunque pensava»; «Hobbes Thomas: il nonno di tutti noi scienziati sociali»; «Elliot Thomas Stearns: arcivescovo della poesia del XX secolo».,. Mollati gli ormeggi, issata la bandiera di corsaro shandiano, Robert K. Merton comincia a battere mari e oceani della cultura occidentale nel tentativo di acciuffare l'Aforisma primigenio. Che ci sia riuscito o no in assoluto è certo secondario rispetto al sommovimento delle scienze umane prodotto da un diabolico incubatore e risolutore di enigmi. Chi pertanto non teme vertigini e si tiene disponibile alle repentine impennate dell'argonauta, programmi una sosta particolare sulla questione nella questione che cade a due terzi del volume, allorché si dovrà sciogliere uno squisito rompicapo: come sono da immaginare i nani sulle spalle dei giganti? In piedi, seduti, «piazzati» o appoggiati? In che misura il termine di Bernardo (insidentes) e quello di Didacus Stella (impositi) si ritrovano nelle 104 variazioni di stand? E sono più attendibili gli esempi che si ricavano dalle vetrate di Chartres, con Luca Giovanni Marco Matteo comodamente assisi sugli omeri di Isaia Ezechiele Daniele e Geremia, oppure gli apostoli e i profeti scolpiti nella cattedrale di Bamberga? Sono più idonee le «positure» riscontrabili nella chiesa di Payerne o quelle del fonte battesimale di Merseburg? Non sappiamo se l'ottantenne studioso vorrà meditare sulle motivate osservazioni di Eco (che inserirebbe volentieri nella mappa simbolica la pia leggenda di San Cristoforo) e in specie sull'interrogativo di chiusura: «In molti autori l'Aforisma, al posto dei Nani pone i Pigmei e secondo la tradizione la caratteristica principale dei Pigmei è di combattere con le Gru. Perché essi a un certo momento abbandonano le Gru al loro destino e si arrampicano sulle spalle dei Giganti?». Un riscontro anche più incontinente di quello indirizzato a Bernard Baylin si augura per sé l'introduttore, e chissà che ciò non succeda. Chissà che in un prossimo Columbus Day non ci venga il séguito del viaggio mertoniano, con una soluzione «gigantesca» sulle Gru e sui volubili Pigmei sorretta dalla sapienza di un enigmologo scacciapensieri. Giuseppe Cassieri Robert K. Merton Sulle spalle dei giganti // Mulino pp. 294, L. 30.000 Un'erudita e piacevole ricerca del sociologo Merton: daBernarà) a Isaia di Trani, a Didacus Stella

Luoghi citati: Bari, Italia, San Cristoforo, Trani