SCIMMIE DI SUA MAESTA'

SCIMMIE DI SUA MAESTA' SCIMMIE DI SUA MAESTA' La preistoria di Lewis: una parodia della middle-class inglese "^EL suo «Le sabbio iml^ft I mobili» (libretto edito j^B I dal Mulino che meriteI I rcbbe una diffusione à ! ^ft I la Gino e Michele) il I romanziere nonché ! agguerrito legionario 1 editoriale Giuseppe I H Pontiggia dedica un a. V capitolo agli aggettivi usati dai critici letterari nel corso degli anni. Parole singole con valore d'indizi decisivi, a partire dalle quali è facile ricostruire scuole e correnti, mode e civetterie, decadenze e cadute. In poche pagine, ma di acutezza esemplare, è in pratica una ministoria della critica italiana che ci viene messa sotto gli occhi. E chi più, dopo una simile disinfestazione, avrà il coraggio di definire un autore «stimolante», uno stile «graffìante», una pagina «incisiva»? Nel feroce (sarà un'idea, ma «pungente» e «caustico» ci suonano tutto a un tratto un po' così...), nel dunque feroce glossarietto abbiamo tuttavia vanamente cercato l'aggettivo «consolatorio», in attività da decenni e ancora visibile qua e là come certe vecchie Millecento sopravvissute a tutte le revisioni. Delle sue origini storiche poco sappiamo. Filologi come Dante Isella o linguisti come Tristano Bolelli ne avranno senza dubbio registrato esattamente la prima apparizione con valore spregiativo o almeno negativo. Forse «consolatorio» fu rifilato già al Manzoni. Forse fu messo al mondo dal De Sanctis, da Gramsci. Certa è comunque la sua appartenenza al lessico comunista e della cultura di sinistra in generale. «Consolatoria» veniva e viene pervicacemente, o per forza di gergo, definita qualsiasi opera che non miri a mettere in questione il sistema, il potere, l'ordine borghese, l'esistente comunque si voglia chiamare lo stato del mondo com'è. E' l'estetica del «non siamo mica qui per divertirci», che in molti dei suoi stessi propugnatori ha creato tortuosi sensi di colpa, gesuitici funambolismi e contorcimenti per salvare dal plotone d'esecuzione gente colpevole ma simpatica, mettiamo, Rossini, Jane Austen, Totò. Mutato il vento, si nota oggi in quei cuori tormentati un'ansia di ricuperare le risate perdute, di passare di slancio dal 2 novembre al carnevale, con le inevitabili goffaggini ed esagerazioni del caso. E noi, generosi per indole, indulgenti per pigrizia, vogliamo suggerire a questi ancora inesperti nuotatori nel mare del «consolatorio» (nonché beninteso a tutti quelli che hanno sempre riso senza complessi) una lettura di grande e non peccaminosa piacevolezza. Si tratta del romanzo «Il più grande uomo-scimmia del pleistocene» di Roy Lewis. Si svolge in Africa, appunto nel periodo pleistocenico, ed è narrato in prima persona da un adolescente. Circolano ancora i mammut e le tigri dai denti a sciabola, e sebbene il fuoco sia stato da poco domato la vita è bestialmente dura e pericolosa per questi nostri irsuti progenitori. Ma già a pag. 2 arriva, volando di ramo in ramo, un digrignante conservatore, un reazionario che teme e rifiuta il progresso e si ostina a vivere sugli alberi. Si chiama zio Vania e il gioco comincia. Perché ci sono anche una zia Mildred e ima sorella Elsie. Ci sono un fratello Oswald, un fratello Wilbur, un fratello Alexander, appaiono intorno al falò altre zie che si chiamano Nellie, Aggie, Pamela. E l'intera piccola tribù è guidata da un padre di nome Edward. Fantascienza? Una famiglia britannica capitata per un disguido spazio-temporale in età preistorica? La trovata è più fine. Con una impassibilità spavalda e puntigliosa che discende da Lewis Carroll, l'autore ci racconta le avventure evoluzionistiche di questi cavernicoli facendoli parlare, litigare, ragionare, pensare come se fossero inglesi di una middle-class vagamente eduardiana. L'anacronismo a scopi comici è stato usato di frequente in letteratura ma non ricordiamo esempi più riusciti di questo. Un'idea del genere può venire in mente a molti, ma è difficilissimo farla funzionare e durare per tutto un romanzo, giacché, venuta meno la sorpresa, la meccanicità bussa presto alla porta. Roy Lewis la tiene a bada grazie a un solido talento descrittivo: vulcani, foreste, savane, jene, leoni non hanno nulla di pretestuoso, la lotta per la sopravvivenza di Edward & Co. è tutto meno che farsesca, e su questo sfondo realistico, scientificamente accurato, lo scherzo acquista via via una sua esilarante naturalezza, diventa necessario contrappeso alla crudezza della storia, o preistoria che sia. Gli esperimenti e i tentativi per diventare «uomini» sono, uno dopo l'altro, non solo noti ma previsti. Il punto, per chi legge, è di vedere come se li giostrerà l'autore, come se la caveranno di volta in volta l'eccentrico leader e la sua famigliola di anglo-scimmie. Qui stanno il ritmo, l'invenzione, il delizioso suspense. Unico, piccolo, non-consolatorio dubbio: non aveva magari ragione zio Vania, non era meglio restare sugli alberi, visto come sono poi andate le cose? Carlo Frutterò Franco Lucentini Roy Lewis Il più grande uomo-scimmia del pleistocene Adelphi, pp. 178, L. 22.000

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