Parliamone di Lorenzo Mondo
PERCHE' SEPPELLIRE I SACCHI DI BURRI? Parliamone PERCHE' SEPPELLIRE I SACCHI DI BURRI? ARA una proposta estrema, nel senso di provocatoria, quella di Achille Bonito Oliva. Ma, se è concesso esprimere l'opinione di un modesto amatore d'arte, non riesce a evitare il sospetto di mistificazione e di futilità. In un articolo sull'ultimo numero dell'«Espresso» («Seppelliteli coi loro quadri») l'illustre critico afferma che non ha nessun senso applicarsi al restauro dell'arte moderna. Ci sarebbe da pensare, con un sobbalzo, che l'arte moderna merita di andarsene tutta in malora. Che Bonito si sia convertito? Non è propriamente così. Il restauro esordisce con piglio da trattatista secentesco - «è una lotta contro la forza disgregatrice del tempo che non rispetta l'uomo e nemmeno la materia» (viene in mente l'anonimo manzoniano: «L'Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo...»). Ma gli artisti contemporanei, che inseguono l'equivalenza tra arte e vita, che usano tecniche e materiali extrartistici, biodegradabili, non accettano «la retorica della durata, il respiro lungo dell'immortalità». Non serve allora mettere sullo stesso piano «L'ultima cena» di Leonardo con i «sacchi» di Burri, i «tagli» di Fontana o gli stracci di Rauschenberg; privare queste opere della possibilità «struggente» di diventare frammento, macchia di colore, fibra lacerata. Bisogna rispettare invece «l'umana e cordiale tragedia del tempo», il «desiderio di eutanasia» che anima tanti interpreti del disagio contemporaneo. Viene subito da obbiettare che certa diffusa e stucchevole serialità, da cartellone pubblicitario e da supermarket, manifesta semmai la propensione a una eutanasia continuamente differita, si direbbe fino all'ultima bolla di respiro (come fa il soprano che annuncia a pieni polmoni di voler morire e non muore mai). A non parlare di un maestro autentico come Burri che respinge il «cupio dissolvi» lavorando da anni alla edificazione di un proprio museo nella città natale. Lasciamo stare anche l'improponibilità di tale suggerimento nichilistico perché la mercificazione, il valore venale raggiunto (anche con l'ausilio potente di Bonito Oliva) sanno ben difendersi con l'indifferenza e il dileggio e, se non bastasse, con le unghie e i denti. Ma è proprio l'asserita identificazione tra arte e vita che dovrebbe renderci solleciti di statue, dipinti, assemblaggi vari. Non si pretende forse di restaurare l'uomo: dentiere, protesi, cuori artificiali, per proteggerlo dalla «cordiale tragedia del tempo»? (ma che strana cordialità, quella dello scheletro che ti batte la mano sulla spalla...). Bonito Oliva propone addirittura, in un empito di allegria, di sotterrare regalmente l'artista moderno insieme alle sue opere come accadeva con gli schiavi e i gioielli degli imperatori d'Oriente. Ve l'immaginate la regalità dei tubi al neon, delle scatole di pelati, delle caterve di sassi? Consentiamo comunque a queste esequie (sia pure ad artista ormai trapassato), consentiamo alla inutilità di restaurare le testimonianze di un gesto, magari geniale e superbo (come restaurare un comune orinatoio, il movimento di un corpo, un paesaggio spruzzato di colori? Basta e avanza una fotografia). Ma non vorremmo che andasse perduto quello che arricchisce in profondità la nostra vita, che ci regala pienezza di emozioni e riflessioni, che sembra proiettarci al di là della nostra vicenda breve. Sarebbe un poco come ridursi a un solo spartito di una creazione musicale, a una sola limitata edizione di un capolavoro letterario. Non inganni dunque l'apparente timbro giocoso di Bonito Oliva, fuggiamo come la peste i suoi stravaganti, tetri quaresimali. Lorenzo Mondo
Persone citate: Achille Bonito Oliva, Bonito Oliva, Burri, Fontana, Rauschenberg
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