Il pm: «Condanne per tutti Sei anni a De Benedetti»

Il pm: «Condanne per tutti Sei anni a De Benedetti» Crack Ambrosiano, le richieste: 18 anni a Gelli, 8 a Prisco, 7 a Anna Bonomi, 5 a Ciarrapico Il pm: «Condanne per tutti Sei anni a De Benedetti» MILANO. Tutti tutti da condannare per concorso in bancarotta fraudolenta, secondo il pubblico ministero, i trentatrè imputati al processo per il crack del Banco Ambrosiano, un crack da più di mille miliardi. Pierluigi dell'Osso ha finito ieri la sua requisitoriafiume con richieste che partono da cinque anni di carcere per imputati «minori», fino agli oltre diciott'anni per i piduisti Licio Gelli e Umberto Ortolani. Dopo undici giorni di udienze, ha affrontato anche il ruolo di Carlo De Benedetti, che per due mesi era stato vicepresidente del Banco. Colpevole, secondo il pm, di concorso in bancarotta (anche se in realtà lo aveva sempre accusato di estorsione) e per questo da condannare: sei anni e due mesi. Per il pm, invece, De Benedetti «se da un lato come amministratore ha agito positivamente, cercando di opporsi a Calvi, dall'altro, facendosi pagare 27 miliardi per le azioni Brioschi al momento della sua uscita, si è reso penalmente responsabile». Da condannare sarebbero anche Giuseppe Ciarrapico e Anna Bonomi Bolchini. Il «re delle acque minerali» ebbe un finanziamento dall'Ambrosiano per comprare l'Ente Fiuggi; e non importa - secondo il pm che abbia poi restituito il debito: condanna richiesta, cinque anni e due mesi. Anche l'ex «signora della finanza» ebbe denaro da Calvi. «Restituzione di un debito personale», secondo lei; «soldi dell'Ambrosiano», secondo il pm, e quindi: sette anni e otto mesi. Gli amministratori e i sindaci della banca, secondo l'accu- sa «concorsero con Calvi nella distrazione, nell'occultamento e comunque nella distruzione del patrimonio sociale dell'azienda». Tutti colpevoli, per il pm, anche se le proposte di condanna sono differenti «tenendo conto dei rispettivi ruoli e poteri, e della durata nella carica». Così per il finanziere Orazio Bagnasco, seguito a De Benedetti nella carica di vicepresidente, ha chiesto 7 anni; per l'avvocato, nonché vicepresidente dell'Inter, Giuseppe Prisco 8 anni e 6 mesi; e pene tra gli 8 anni e 2 mesi e gli 8 anni e 10 mesi per quasi tutti gli altri (Antonio Confalonieri, Mario Davoli, Giacomo di Mase, Federico Gallarati Scotti, Stefano Marsaglia, Gianpaolo Melzi d'Eril, Francesco Monti, Enrico Palazzi Trivelli, Mario Valeri Manera, Carlo von Castelberg, Giuseppe Zanon di Valgiurata). Si distaccano dal gruppo Carlo Olgiati e l'altro ex vicepresidente, Roberto Rosone: per loro 11 anni e 10 mesi. Non al vertice della banca, ma in anonimi uffici erano i funzionari del servizio estero. Essenziali però nel permettere a Calvi di fare quello che voleva del patrimonio dell'Ambrosiano: Adriano Bianchi (richiesta: 6 anni e 8 mesi); Alessandro Mennini (7 anni e 2 mesi); Giacomo Botta, Carlo Costa, Filippo Leoni (12 anni e 5 mesi). Erano nell'Ambrosiano quanti permisero a Calvi di spogliare la banca, ma erano fuori i beneficiari di quell'immenso fiume di denaro, i «fac¬ cendieri alla ricerca del colpo clamoroso, affaristi di ogni genere e provenienza, ricattatori, malavitosi, corruttori, mestatori». Per loro Dell'Osso ha chiesto le condanne più pesanti. Non tanto per le comparse, cui sono andate solo briciole di seconda mano, come Emilio Pellicani (5 anni), Gennaro Cassella (5 anni e 4 mesi) o Fausto Annibaldi (7 anni e 8 mesi). Quanto per personaggi come Marco Ceruti (10 anni), l'immancabile Francesco Pazienza ( 15 anni) e quel Flavio Carboni che per ultimo vide Calvi vivo (15 anni e 4 mesi). Soprattutto il pm ha chiesto di colpire il vertice della loggia massonica P2: diciotto anni e 4 mesi di carcere per Licio Gelli, diciotto e 8 mesi per Umberto Ortolani. E quattordici anni, infine, per Bruno Tassan Din, ex amministratore delegato della Rizzoli, complice nel tentativo di portare la casa editrice «sotto la sfera di controllo della P2» (grazie ai soldi dell'Ambrosiano, ovviamente). Finiscono così le richieste di Dell'Osso. Forzatamente. Perché sono assenti dal pro¬ cesso i suoi maggiori protagonisti: Roberto Calvi, amministratore-padrone dell'Ambrosiano finito impiccato sotto un ponte di Londra, e lo Ior (Istituto Opere di Religione), la finanziaria del Vaticano, «che diede - dice Dell'Osso - il suo supporto sistematico, essenziale e consapevole alle operazioni di Calvi». Ma i suoi amministratori, qualunque cosa abbiano fatto, non sono processabili in Italia: lo ha stabilito la Corte di Cassazione e non c'è nulla da fare. Susanna Marzolla «133 imputati concorsero con Calvi nella distruzione del patrimonio sociale dell'istituto di credito» Anna Bonomi Bolchini (foto sopra) è accusata di aver ricevuto denaro dall'Ambrosiano: per lei il pm Dell'Osso chiede una condanna a 7 anni e 8 mesi A sin. dall'alto: Giuseppe Ciarrapico e Roberto Calvi

Luoghi citati: Fiuggi, Italia, Londra, Milano, Valgiurata