Francesca in cerca di storie di Maria Grazia Bruzzone

Francesca in cerca di storie Marciano & le altre: le sceneggiataci del cinema italiano si raccontano Francesca in cerca di storie «Ormai siamo tutti vittime del teleorrore» ROMA. Francesca Marciano, Roberta Mazzoni, Silvia Napolitano, Simona Izzo, Chiara Tozzi: hanno quasi la stessa età, più sui quaranta che sui trenta, e sono le sceneggiatrici del nuovo cinema italiano. La stessa storia iniziata per caso con un incontro decisivo o una fuga a New York alla fine dei furibondi Anni Settanta, quando la sinistra sbandata scopriva l'America «e il mito era fare la regista o la giornalista tv come la Rossellini». Unite da una stessa vicenda di lavoro alterno, i cassetti pieni di soggetti rifiutati, di film scritti e mai girati, o poi girati e distribuiti male e poco visti. Questa non è più storia di donne, ma storia di quel mestiere sempre sul filo del rasoio che è il cinema. Oggi che a Francesca Marciano capita improvvisamente di trovarsi sulla cresta dell'onda, l'autrice dell'ultimo film di Verdone & Buy, Maledetto il giorno che t'ho incontrato, e con un romanzo appena finito fra le mani, è incredula. «Dopo tanto arrancare è anche bello» dice sorridendo, con i grandi occhi grigi sempre inquieti. Francesca aveva cominciato come attrice, voluta da Lina Wertmuller in Pasqualino settebellezze, ma aveva capito presto che quel mestiere «dove tutti ti controllano, ti danno ordini, ti truccano, ti pettinano» non faceva per lei. Così, in quella New York dove aveva cominciato a studiare recitazione con Lee Strasberg, dove abitava con Isabella Rossellini e Oliver Stone («era un ragazzo timido con la barba sempre lunga senza lavoro e senza soldi»), si butta a fare la documentarista tv, incontra Stefania Casini e insieme con lei dirige Lontano da dove, «film sul sentimento di estraneità di quel nostro gruppo di sradicati» prò-;, dotto da Renzo Rossellini, l'ultimo prima del fallimento della Gaumont Italia. A New York erano capitate anche Roberta Mazzoni e Silvia Napolitano. Milanese la prima, già approdata a Roma con una indistinta «voglia di far cinema», dopo un fugace esperienza di teatro con Strehler. Barese la seconda, nipote del ministro degli Esteri ombra del pds, immersa nella politica per tutti gli Anni Settanta. Mazzoni si improvvisa regista di documentari Rai con Ruggero Orlando. Invece alla Napolitano Stefano Rolla, regista poco noto ma con finanziamenti giapponesi, chiede una storia. Viene fuori Bugie bianche, film quasi sconosciuto malgrado ci fossero Max von Sydow e Virna Lisi. Ma per l'autrice del soggetto vuol dire essere «dentro», cominciare a farsi conoscere. Poco dopo, tutte e tre tornano in Italia. «Era la fine di un ciclo», spiega Marciano che a Roma sopravvive per anni lavorando per la tv, si lega a Marco Tullio Giordana, dirige per Rai 3 un episodio di Prowiso- rio quasi d'amore (di un altro sarà regista Mazzoni), finché scrive Turné per Salvatores, il film più intimista dell'autore di «Mediterraneo». Ed è pensando a Turné che Carlo Verdone capita da lei: «Aveva una sola idea, la sua prossima fatica doveva avere come protagonista Margherita Buy. Abbiamo subito deciso che non sarebbe stata una storia di passione, ma di amici che si potessero torturare a vicenda senza limiti». «Del resto Carlo - continua la Marciano-, a differenza di altri, è davvero capace di essere amico delle donne, generoso, protettivo, anche infernale quando è ansioso} ittaV sempre molto aperto». ,v t- «Naturalmente abbiamo esagerato, ma spunti come le medicine che il protagonista si porta dietro sono verissimi. E anche Margherita Buy in certi aspetti si riconosce molto». Francesca Marciano, che nella vita viaggia molto in Africa e adora Conrad, nelle storie che scrive cerca là verità dei sentimenti e mira a scavare nei rapporti fra le persone. Roberta Mazzoni invece predilige l'affresco storico, un po' per carattere, un po' forse perché alla sceneggiatura, dopo varie vicende di aiutoregista, è arrivata svoltando prima verso la scrittura (un libro curato per Zavattini e vari testi di narrativa) e dopo con un trattamento televisivo su Carlo Magno per Salvatore Nocita. Poi sono arrivati I Promessi Sposi insieme a Enrico Medioli, lo sceneggiatore di Visconti, e aver scritto Interno berlinese e Francesco per Liliana Cavani. Sulle storie forti e ben strutturate punta anche Silvia Napolitano, allieva di Sonego, che ama la commedia mà anche i generi dall'horror al giallo al fantastico, ha scritto Grog di Francesco Laudadio, Plagio di Cinzia Tonini e Giulia e Giulia di Peter Del Monte e oggi firma Tutti gli uomini di Sara, film di Gianpaolo Tescari non ancora uscito. Intanto Simona Izzo scriveva per il compagno Ricky Tognazzi il film televisivo Piccoli equivoci e poi Ultra, e con meno fortuna Chiara Tozzi, che aveva esordito con Giraldi, lavorava con Gillo Pontecorvo e con Tornatore, ma a film mai realizzati. Stranamente, le donne sceneggiatrici ce l'hanno tutte con le storie «minimaliste» del giovane cinema odierno, da «Mignon» a «Chiedi la luna», e odiano le «commedie deboli» dei comici che fanno tutto da soli. «Oggi vanno i non sentimenti, la non azione, il carino, l'amicizia virile che non rischia niente - sbotta Mazzoni che non crede neppure ai gialli -. In Italia fanno ridere come fa ridere l'azione perché gli italiani pensano e parlano, ma non agiscono». Chiara Tozzi vorrebbe commedie all'italiana ma «serie e profonde come quelle di Germi e Monicelli». «Il cinema da noi sta rinascendo solo da qualche anno dopo un buco generazionale molto ampio» è l'opinione fiduciosa di Silvia Napolitano. Francesca Marciano è meno ottimista. Dice: «In Italia ormai a decidere il gusto di tutto è la tv. In giro si vedono ragazze travestite da presentatrici di Canale 5, i giornali non parlano che di televsione e anche "Cuore" con "Avanzi" non sono da meno». «Siamo l'unica nazione al mondo che invece di avere una tv che somiglia al proprio Paese ha un Paese che si sforza di assomigliare alla propria televisione. Anche il cinema alla fine si adegua. E forse a questo teleorrore non è estranea la fine di ogni divisione di campo. Un tempo c'era chi stava dentro e chi fuori, oggi tutti stanno sempre dentro e fuori». Le fa eco Mazzoni: «In America si fanno film come "JKF" perché c'è chi sta da una parte e chi dall'altra e dei valori veri ancora riescono a esssere credibili, almeno sullo schermo, i protagonisti possono essere ingenui, buoni, corrotti o delinquenti fino in fondo. Da noi è impossibile». Maria Grazia Bruzzone Simona Izzo e Francesca Marciano. La prima ha riadattato «Piccoli equivoci» La seconda ha scritto «Maledetto il giorno che t'ho incontrato»