Il Matto finto non grazia quello vero di Filippo Ceccarelli

Il Matto finto non grazia quello vero IL PALAZZO Il Matto finto non grazia quello vero RANCESCO e Remigio. Il matto finto e il matto vero. Il Presidente della Repubblica e il danzatore metropolitano di piazza Barberini. Si sono incontrati una mattina di febbraio dell'anno scorso. Era anche Carnevale. Peccato che sia finita così. In tribunale. E a giudicare dalla prima udienza si rimane quasi a bocca aperta di fronte a questo processo contro il buonsenso. Di fronte a questa folle vicenda giudiziaria che per forza di cose contrappone la prima autorità dello Stato e un povero «pazzariello» invalido civile all'ottanta per cento. Remigio Leonardis: un signore con un cappellino a eliche e lampadine che da quattro anni - ormai elemento stabile del paesaggio cittadino passa le sue giornate all'ombra della fontana del Tritone. E balla, balla da solo, allegramente, disperatamente. I fatti, in breve. Quel giorno Cossiga decide di farsi una passeggiata a piazza Barberini. Secondo il verbale Remigio lo accoglie malamente, gli igrida una brutta parola. Interviene la scorta. Lui insiste «a proferire il sopraccennato insulto» (che per la cronaca ha a che fare con una supposta vocazione adulatoria del Presidente). Si divincola, oltraggia gli agenti e fa resistenza. Un poliziotto si ritrova un dito leggermente ferito. Denuncia da parte della sicurezza e fine dell'incidente. Bene, cioè male. Il guaio è che l'altro giorno, come scrivono i giornali, il «pazzariello» è stato chiamato a rispondere anche di vilipendio al Capo dello Stato. Lo sapeva il Presidente? Se lo sapeva - e nulla, non una parola di clemenza, non .un passo discreto, ha fatto - c'è davvero qualcosa che non torna in questa storiellina paradossal-cossighiana. Non torna innanzitutto l'indifferenza su un tema quello della follia - che da tempo aleggia polemicamente sul Quirinale e anzi viene spesso rivendicato («Ho fatto il matto...») in termini positivi se non salvifi- ci. Ma come? Il Presidente si definisce «uno spiritello allegro», consiglia «corsi accelerati di umorismo», riceve al Quirinale gli autori di «Externation dance», difende - e anche questo va a suo merito - gli autori di un «Blob» ai suoi danni. Poi, dopo tutto quello che di psichiatrico gli hanno rovesciato addosso avversari politici e lobby varie, s'offende per la parolaccia del ballerino scatenato di piazza Barberini. Non coglie l'occasione di un gesto nobile e pietoso. Strano davvero questo Cossiga sempre così attento ai drammi della gente: la donna di Acerra segregata da un bruto, l'imprenditore di Ennja perseguitatodal.ra:7j| cket, l'ex «mostro» vittima di un errore giudiziario, la ragazza del «Maurizio Costanzo show» che soffre d'invecchiamento precoce. Ma poi lascia che il «pazzariello» finisca in tribunale. Incredibile processo celebrato - e dagli - a Carnevale, mentre per l'Italia giravano più o meno allegramente carri, maschere e ben tre pupazzi-Cossiga. Uno bruciato in piazza ad Asiago (al posto della «Veda»); un altro - commerciale - in una vetrina del centro di Roma; un altro ancora fotografato su Novella 2000 nel letto di Syusy Blady. Assistito dall'avvocato (d'ufficio) Giannelli, Remigio s'è presentato in aula con un cartello di auto-presentazione che sembra ripreso pari pari da certi titoli di giornale: «Il pazzo che fa tremare il sistema». Udienza rinviata al 22 giugno. Pochi giorni prima della fine del settennato. Filippo Ceccarelli mms

Persone citate: Cossiga, Giannelli, Maurizio Costanzo, Remigio Leonardis, Syusy Blady

Luoghi citati: Acerra, Italia, Roma