IL CONCORRENTE di Sergio Romano

IL CONCORRENTE IL CONCORRENTE F ORSE ricorderemo il convegno della Confindustria al Teatro Carlo Felice di Genova come quello in cui gli industriali italiani sono usciti dal governo. Non hanno formato un partito e non hanno commesso l'errore di presentarsi al Paese come una forza politica, ma non sono più il complice necessario, con diverse gradazioni di consenso, di tutte le combinazioni governative che si sono succedute alla direzione del Paese, prima, durante e dopo il fascismo. Oggi, per la prima volta, gli industriali sono all'opposizione. Andreotti ha ragione quando sostiene maliziosamente che in Italia non vi sono né angeli né diavoli, ma «medi peccatori». Ha torto se crede che il patto di complicità fra i «medi peccatori» della classe politica e dell'industria italiana sia ancora in vigore. A Genova quel patto è stato denunciato. Proviamo a individuarne le ragioni. La prima è l'Europa. E' inutile farsi troppe illusioni sull'importanza e sull'impatto della «questione morale». Il regime dei peccatori avrebbe continuato a funzionare senza scrupoli se alcuni di essi - gli industriali non si fossero accorti che il mercato unico europeo e gli impegni di Maastricht sono incompatibili con le regole del sistema politico italiano. L'inflazione, il debito pubblico e i pessimi servizi da cui siamo afflitti non sono errori che il sistema può correggere restando se stesso. Sono il prodotto necessario di una macchina politica che non esiste per governare il Paese, ma per nutrire un esercito di elettori-clienti e assicurare la propria sopravvivenza. Se un uomo politico ruba per vantaggio personale, bastano i tribunali. Se un regime «ruba» sistematicamente le risorse del Paese senza altro obiettivo fuor che quello di mantenersi in vita, occorre cambiarlo. Gli industriali non sono angeli, ma hanno capito che fra il 10 gennaio del 1993 e il 31 dicembre del 1996, fra l'inizio del mercato unico e la prima scadenza per la creazione dell'Europa monetaria, è in gioco il tipo di Paese che essi hanno concorso a realizzare negli ultimi quarantacinque anni. E' davvero, sorprendente che siano passati all'opposizione?. La seconda ragione è più strettamente nazionale. Vi sono oggi in Italia due grandi datori di lavoro: i privati e lo Stato. I primi pagano stipendi con i frutti del loro capitale, il secondo con i denari del contribuente. I primi pretendono puntualità, precisione, competenza professionale, produttività; il secondo richiede consenso e voti. Nel suo discorso di Genova Agnelli constata che negli ultimi otto anni la produttività è aumentata del 35% nei settori dell'economia esposti alla concorrenza internazionale e del 6% in quelli che ne sono protetti. Il confronto sarebbe ancora più negativo se prendessimo in considerazione gli impiegati dei ministeri e degli enti locali, i postini, i dipendenti delle Usi e degli enti assistenziali, gli insegnanti» (medici, gli infermieri, i custodirei musei e tutti i lavoratori retribuiti del «Welfare State» italiano. In questi settori lo Stato e i privati non sono generalmente in concorrenza. Di fatto, tuttavia, lo Stato è divenuto per gli imprenditori, sul mercato del lavoro, il peggiore dei concorrenti possibili perché ha sistematicamente abbassato la soglia di diligenza e operosità di cui un Paese ha bisogno per crescere e prosperare. Ancora una volta: è davvero sorprendente che gli industriali siano passati all'opposizione? Non è né probabile né opportuno che tutti gli industriali italiani votino alle prossime elezioni nello stesso modo. Come non ci piacerebbe un «partito dei militari» così non ci piacerebbe un «partito degli industriali». Ma al congresso di Genova un uomo politico, Giorgio La Malfa, ha colto l'umore degli imprenditori e si è presentato Sergio Romano CONTINUA A pag. 2 SECONDA COLONNA

Persone citate: Andreotti, Giorgio La Malfa

Luoghi citati: Europa, Genova, Italia