Donne, la violenza vive in famiglia

Donne, la violenza vive in famiglia Un dossier di «Telefono rosa», in Italia ogni anno avvengono dodicimila aggressioni Donne, la violenza vive in famiglia Ipiù cattivi sono mariti efidanzati ROMA. Ne sentiremo delle belle, adesso che le donne hanno incominciato a parlare e raccontano le violenze, le umiliazioni, gli abusi sia fisici sia psicologici che vengono loro inflitti. Sono ancora limitati i luoghi disponibili ad ascoltare la loro voce. Ma a quelli esistenti le donne hanno imparato a ricorrere. E lì ecco scorrere un gran fiume di storie di quotidiana violenza che mettono in una luce insospettabile la famiglia italiana, vero universo di ordinaria e sommersa sopraffazione. In dieci mesi, fra il giugno del '90 e l'aprile del '91, 15 mila donne si sono rivolte al «Telefono Rosa» e le schede via via raccolte sono state elaborate da un istituto di ricerca, l'Ispes. All'interno di quel «porto sicuro» che dovrebbe essere la famiglia, si consuma l'88,7% dei ricatti, le minacce, le percosse. In Italia esistono almeno 12 mila famiglie nelle quali vengono quotidianamente perpetrati atti di violenza su donne. Non si tratta di «famiglie a rischio», ma di nuclei del tutto normali che tagliano trasversalmente diversi strati sociali. «Lei», la vittima, ha tutte le caratteristiche per essere indicata come il simbolo deU'«Italia felice»: è casalinga (nel 45% dei casi), con figli (70,8%), di età compresa fra i 25 e i 40 anni (46,2%), con un basso grado di scolarizzazione (62,5%), senza problemi psicologici. «Lui» - l'autore della violenza - è il coniuge (70,1%) o - al secondo posto - l'aspirante tale: i fidanzati maneschi e ricattatori risultano essere appena l'8,6%, surclassando padri, fratelli, conviventi, datori di lavoro, tutti al confronto - infinitamente più «buoni». Anche per «lui» non ci sono preclusioni di età o di professione: è leggermente più anziano della consorte (per il 43% dei casi dai 40 ai 60 anni), è più colto, è lui che in famiglia lavora e detiene il potere, può essere chiunque (gli operai sono il 15%, gli impiegati il 20%, i liberi professionisti il 13,7%, i disoccupati il 6%), se ha problemi questi sono legati all'abuso di alcool (11,7%). Perché infligge alla mo¬ glie minacce (22,1%), ricatti (18%), sfruttamento economico (10,6%)? «Per carattere» dicono le donne, al 53,5%. E questo dato ineluttabile sembra essere per loro ima delle ragioni per cui con il silenzio, l'azzeramento del proprio eros e della propria identità rispondono - magari dopo anni - a questo inferno: il 28% reagisce con la depressione, il 32% si sente umiliato, il 32% si ribella, solo il 3,3% esprime desiderio di vendetta, appena il 14,7% parla di ostilità verso l'altro sesso e il 13% soltanto indica la violenza subita come la rovina della propria vita sessuale e o sentimentale. «Ciò che più colpisce - dice un uomo, Gian Maria Fara, presidente dell'Ispes - è la solitudine delle donne. Ma anche la loro straordinaria forza psichica. In senso profondo, il cosmo femminile appare strutturato in "senso forte", anche se apparentemente le aree del disagio sono estese e dolorose sul piano psicologico». Non poche sono le novità che dal fronte femminile la ricerca fa emergere. Risulta, ad esempio, che le violenze psicologiche - il ricatto, l'insulto, l'umiliazione - sono considerate dalla donna peggiori di quelle fisiche. E con l'età - cambia anche il senso del male subito. Per l'adolescente, le percosse in famiglia sono viste come effetto di possessivita e incomprensione, non vere e proprie forme di violenza fisica. Per la donna adulta, lo stupro o l'atto di libidine violenta tendono a non essere considerati violenza carnale, se compiuti all'interno della coppia. Cambia del tutto l'ottica, quando le donne hanno un reddito proprio e un livello di istruzione più alto. Discriminazione sul posto di lavoro, umiliazione in quanto donne, emarginazione nonostante i meriti: sono le nuove frontiere della violenza che il mondo femminile subisce e annuncia di non voler più temere confinata nel microcosmo dei soprusi quotidiani. Liliana Madeo IDENTIKIT DELLA PAURA CHI É LUI ETÀ: 40-60 ANNI PROFESSIONE IMPIEGATO^ 20,4% 0ÉRAI0 CHI £ LEI ETA: 25-40 ANNI P80FESSI0NE CASALINGA 45% RU0L0 SP0SATA CON flGLl - 71% 15.0% ISTRUZIONE ^^^^^^^^^^^^^^^^ 13,7% BASSA I TIPI 01 VIOLENZA 65% 80TTE ' 47% iVt'iiiitiiVi t. ■ m hi t mVki i U t Vtii MiNACCE 22% RICATTi 18% ATTIOSCW 17% ; ''ÌRóCÀBATTERE 53,5% j. SiSCUSSiONISUI FIGLI 25.0% j BEVE 12,0%

Persone citate: Donne, Gian Maria Fara, Liliana Madeo

Luoghi citati: Italia, Roma