«Il Guggenheim ci salassa» Artisti in rivolta a Bilbao

«Il Guggenheim ci salassa» Artisti in rivolta a Bilbao Ospiterà a turno le collezioni di Venezia e New York. Critici gli eredi di Peggy «Il Guggenheim ci salassa» Artisti in rivolta a Bilbao alcuna per l'arte moderna». Thomas Krenz, il corpulento direttore della Guggenheim Foundation and Museum, incassa con disinvoltura le accuse basche di aver condotto il business di Bilbao come «uno squalo di Wall Street». Alto quasi due metri, è soprannominato «McGuggenheim»: aprirebbe nuovi musei come se fossero ristoranti McDonald (ne progetta un altro per Salisburgo). Krenz parla chiaro: «Il Guggenheim ha una collezione straordinaria, ma non ha la capacità di fare grandi investimenti». E che cosa offre a Bilbao? Moltissimo: «L'opportunità di cambiare l'immagine di città degli altiforni, di capoluogo dell'industria siderurgica e navale». E, Krenz non lo dice ma probabilmente lo pensa, del terrorismo dell'Età. Trasformandola in «un centro artistico internazionale, dove insieme ai visitatori arriveranno finalmente anche i turisti che oggi su questa spettacolare costa sono molto pochi». Ma le critiche a Krenz, un businessman messo alla guida della Fondazione in un momen¬ Quaranta a Parigi. Guidata all'inizio dai consigli di Marcel Duchamp, presto acquista sicurezza e arriva a negoziare i futuri capolavori dell'arte moderna «al ritmo di uno al giorno». Sorride dei pettegolezzi sulla sua vita sessuale, ma si vanta di essere andata a letto «praticamente con tutti gli uomini» che ha incontrato. Da Samuel Beckett a Max Ernst (suo marito per due anni), fino a Brancusi, che, racconta, sposò per fargli abbassare il prezzo di una scultura. La sua «è una delle migliori famiglie ebree degli Stati Uniti». Alla morte del padre Benjamin in abito da sera sul Titanic, una buona parte del capitale ereditato dal patriarca Meyer arrivava dalla Svizzera e fece fortuna con le miniere di rame è già dilapidata. A Peggy arrivano, nel 1912, «solo» 450 mila dollari. «Non mi sentivo più una Guggenheim», è il suo commento. Negli anni Trenta a Parigi, dopo molti viaggi tra New York e l'Europa, scopre la vocazione che, sulle orme dello zio Salomon, ne farà una miliardaria e una collezionista d'arte. Oggi i nipoti, tutti e tre mercanti di quadri, difendono il museo veneziano «snaturato» dal manager Krenz. Ma, memori della doppia lezione della nonna, non dimenticano di chiedere anche un posto nel consiglio d'amministrazione della Fondazione a New York. Anna Rabino to di crisi, nel 1988, da Peter Lawson-Johnston, ultimo dei Guggenheim di New York, non arrivano solo dai Paesi Baschi. Proprio in questi giorni, a Parigi, tre nipoti di Peggy Guggenheim hanno portato in tribunale la Fondazione e il suo direttore Krenz. Dodici anni dopo la morte dell'ereditiera celebre per quadri e amanti, che collezionava con gusto infallibile, si apre il sipario su una «dynasty» della finanza e dell'arte in piena battaglia giudiziaria. Nicolas e David Hélion, e Sandro Rumney, figli di Pegeen, la secondogenita di Peggy Guggenheim morta in circostanze misteriose nel 1967, accusano la Fondazione di «snaturare e sfigurare il museo di Venezia». E di «averlo trasformato con volontà e coscienza in un semplice annesso» del museo di New York. Tradendo così le ultime volontà di Peggy. Che afferma nell'autobiografia Oul of this century: confessions of an art addict: «La mia collezione resterà intatta a Venezia a mio nome, e sarà amministrata dalla Fondazione. Niente dovrà essere toccato». In realtà, dicono i nipoti, nel palazzo sul Canal Grande sono spariti quadri, sostituiti da nuove acquisizioni, la collezione d'arte primitiva non è più esposta. Non è rispettata nemmeno la stanza-memoriale dedicata da Peggy alla memoria della figlia, «un piccolo museo personale e toccante» gremito di foto e di figurine di vetro. Ma sono comparsi in cambio una caffetteria e un banco di vendita di cartoline e T-shirts. Capolavori e amanti Il tradimento delle volontà di Peggy e dello spirito della sua casa-museo, secondo i nipoti, si paga. La cifra richiesta è sei milioni di franchi di danni e interessi. Ma non solo: i nipoti invocano la verifica da parte di «una personalità internazionale del mondo dell'arte», delle condizioni reali del museo. Peggy Guggenheim compra nel 1948 il palazzo veneziano, incompiuto, pagandolo 60 mila dollari. Ne fa la sede di una collezione cominciata negli Anni