Elefanti, la Tanzania riapre la mattanza

Elefanti, la Tanzania riapre la mattanza Conferenza sulle specie in pericolo Elefanti, la Tanzania riapre la mattanza Sud Africa e altri 4 Paesi confermano il bando provvisorio del commercio TOKYO. Due grandi novità, ma di segno opposto, sono venute ieri dall'ottava conferenza biennale della Cites, la Convenzione internazionale sul commercio delle specie in via di estinzione, che ha raccolto a Kyoto, in Giappone, oltre mille delegati provenienti da tutto il mondo. La notizia positiva è che cinque Paesi africani, fra cui il Sud Africa, hanno annunciato di rinunciare alla ripresa del commercio dell'avorio, imponendosi un'astensione volontaria per un certo periodo di tempo. La notizia negativa è che la Tanzania ha deciso di abolire il divieto di caccia all'elefante in vigore da tre anni; lo ha reso noto il ministro del Turismo tanzaniano, Abubakar Mgumia. Nei giorni scorsi Sud Africa, Botswana, Malawi, Namibia e Zimbabwe, i cinque Paesi con più elefanti e quindi maggiormente interessati al commercio di avorio, avevano messo in crisi la Conferenza, che si è aperta lunedì e si chiuderà il 13, con la richiesta di sospendere il bando del commercio di zanne di elefanti, adducendo motivi economici. In una dichiarazione comune, i cinque Paesi in questione hanno detto che la rinuncia è dettata dalla volontà di «non scatenare un commercio illegale» e di «non favorire speculazioni illecite». L'annuncio è venuto solo qualche ora dopo che le autorità doganali di Kobe, nel Sud del Paese, hanno scoperto un traffico illegale di avorio sudafricano diretto in Giappone via Taiwan. In un container che portava la scritta «mobili», sono state trovate 27 zanne di elefante del peso totale di trecentosetitehta chili. , Ros Reeve, un attivista della Environmental investigation agency di Washington (Eia) ha definito l'episodio «una nuova prova che Paesi come il Sud Africa e il Giappone non sanno o non vogliono controllare il commercio illecito di specie protette». Si tratta di uno dei più grandi quantitativi di «oro bianco» confiscato dalle autorità giapponesi - forse secondo soltanto al maxi sequestro di ottocento chilogrammi di avorio compiuto dai doganieri nipponici nell'aprile del 1990 nell'isola di Okinawa - dopo l'imposizione, decisa tre anni fa, del bando sul commercio internazionale dell'avorio. Fino ad allora, il Giappone era il maggiore importatore di avorio del mondo col dieci per cento del totale - che viene impiegato, per lo più, per la produzione di sigilli personali usati per firmare documenti, secondo una moda che fra l'altro non è neanche tradizione, essendo stata introdotta nel Paese piuttosto di recente. Quanto ai risultati dell'incontro della Cites, possono essere considerati, a parte la clamorosa decisione in controtendenza della Tanzania, come un compromesso tra le posizioni dei Paesi industrializzati e di quelli in via di sviluppo sulla questione degli elefanti: Botswana, Zimbabwe, Namibia, Malawi e Sud Africa continuano a porsi come obiettivo la fine del bando del commercio di avorio e si impegnano alla «proibizione volontaria» soltanto in via temporanea, fino alla creazione di un sistema di controllo efficace che riduca la piaga disastrosa del contrabbando, responsabile in Africa dello sterminio di migliaia di elefanti. Secondo un portavoce dell'organizzazione ambientalista «Greenpeace», il compromesso raggiunto è tuttavia molto vago: non è infatti chiaro cosa si intenda con la definizione di «proibizione volontaria» come non è chiaro sè i cinque Paesi africani abbiano rinunciato alla richiesta di cancellare l'elefante dalla lista «Annexe I», dove cioè sono iscritte le specie a rischio. [Ansa-AdnKronos]

Persone citate: Abubakar Mgumia, Elefanti, Ros Reeve