Moro, l'angoscia delle ultime 24 ore di Roberto Martinelli

Moro, l'angoscia delle ultime 24 ore I VERBALI DI QUELLA TRAGEDIA Svelati per la prima volta i dialoghi di due brigatisti registrati da microspie in carcere Moro, l'angoscia delle ultime 24 ore / br: quando seppe che l'avremmo ucciso, crollò N ROMA ON lo hanno fatto dormire per una notte, lo hanno fatto stare in piedi... è crollato psicologicamente... l'ultimo giorno non ha detto una parola... poi lo sciopero della fame... prima non s'è fatto mai vincere... non s'è fatto prendere dal panico... non è stato zitto... quando un uomo è intelligente sa riconoscere una situazione insostenibile da una sostenibile... i compagni che lo hanno interrogato erano preparati, sapevano la sua storia... ha meditato a lungo ogni risposta... a volte impiegava un'ora prima di risponderti...»: l'uomo di cui si parla è Aldo Moro. Le voci che parlano di lui sono quelle di due detenuti, registrate con un microfono di ambiente in un carcere protetto. Uno dei due è ritenuto un terrorista di alto livello perché firmò il documento Curcio sulla spaccatura nelle Brigate rosse. Il periodo della registrazione è indicato in modo approssimativo, ma da un riscontro incrociato sui documenti del Sisde e del Cesis si può farlo risalire alla fine di luglio del 1979. A novembre di quello stesso anno, una prima trascrizione del nastro venne trasmessa alla magistratura che la rispedì indietro sollecitando ulteriori approfondimenti. Da allora non se ne è saputo più nulla. Nessuno può giurare oggi dell'attendibilità di un carteggio dimenticato, nel mare di documenti che ha seppellito l'istruttoria numero quattro, quella che ha escluso l'esistenza di qualsiasi mistero nel delitto Moro. Solo ieri la trascrizione di questo nastro ha formato oggetto di una richiesta alla corte di assise per riaprire nuove indagini. Gli avvocati Edoardo Ascari e Luigi Li Gotti, che rappresentano le vedove di via Fani, hanno chiesto di identificare le voci, di stabilire la data esatta dell'intercettazione ambientale, di individuare il carcere di massima sicurezza, di trascrivere l'intero contenuto della bobina e di altre eventualmente esistenti. La corte deciderà probabilmente 1' 11 marzo di rinviare il processo a metà aprile per non turbare la campagna elettora- le. La conversazione captata nel carcere di sicurezza tra i due detenuti non chiarisce i dubbi. Anzi pone nuovi interrogativi e dimostra che nel mondo carcerario circolarono informazioni e notizie che i magistrati probabilmente ignoravano e che ancora oggi sono inedite per chi è chiamato a pronunciarsi sulla verità storica di un episodio sconcertante. «E' un documento certamente genuino - dice l'avvocato Li Gotti - nel senso che le informazioni che contiene non sono state filtrate da nessuno. Esso consente di dare delle risposte a molti dubbi: intanto si fanno i nomi di altri brigatisti e solo questo permette di inserire nella cosiddetta prigione di Moro quel quarto uomo di cui tanto si parla ma del quale tutti negano l'esistenza. E poi ancora si parla di alcuni "compagni" che hanno portato via i nastri con gli interrogatori dell'ostaggio e i manoscritti originali. Chi sono costoro e chi sono coloro che hanno avuto contatti con i palestinesi?». La prima traccia del documento è in una lettera trasmessa dal generale Grassini, allora capo del Sisde, al segretario generale del Cesis il 13 agosto 1979. Ad essa sono alle- gati due appunti: il primo riguarda genericamente il lavoro di controllo sulle carceri mediante ispezione della corrispondenza, ascolto delle telefonate e registrazioni di conversazioni con microfoni di ambiente; il secondo, di sole tre cartelle e poche righe, il colloquio captato da due terroristi. Non c'è ancora la trascrizione del nastro e alcune informazioni sono inesatte rispetto alla seconda versione. In particolare l'anonimo estensore dell'appunto scrive: «Il racconto del detenuto A al detenuto B coglie particolari che poteva conoscere e rivelare solo persona coinvolta direttamente nell'operazione Moro o che ne era venuta a conoscenza da chi aveva partecipato direttamente almeno alla custodia. Per esempio il fatto che "quando si è visto in cella, dietro la bandiera delle Br, ha guardato con un sorriso, ci ha riflettuto un po' ed ha abbozzato il discorso..."; questo ci conduce alla considerazione consolante che l'onorevole Moro non è mai stato torturato fisicamente». Le torture. Tortura assai peggiore e più raffinata, fu però quella di costringerlo a stare in piedi per tutta una notte. Di essa si parla solo nella seconda stesura del documento, trasmessa dal capo di gabinetto del ministro dell'Interno dell'epoca al Comitato esecutivo per i Servizi di informazione il 27 dicembre. Il nastro dice testualmente: «Però non ha resistito a livelli di tor tura; cioè non lo hanno tortu- rato ma lo hanno torturato psicologicamente, non è che gli hanno messo le mani addosso, picchiato, non lo hanno fatto dormire per una notte, l'hanno fatto stare in piedi per tutta una notte, gli hanno procurato un danno psicologico, è crollato psicologicamente...». L'interrogatorio. La conversazione tra A e B affronta temi politici, poi torna sui 55 giorni: «... La carica ce l'aveva anche qui come capo di Stato. Cioè faceva questo discorso: qui noi ti rispettiamo, sei un nemico serio, non sei un buffone, un comportamento capito?... poi uno lo condanna a morte, lo fucilano cioè, però non gli è stato torto un capello... tutto quello che aveva bisogno... si lavava anche quattro volte al giorno, si faceva la doccia... bastardo, stava bene, mangiava bene, se voleva scrivere scriveva... però un casino, qui facevano le domande e ci metteva un'ora per risponderti: Dicevano i compagni: "Qui non siamo in Parlamento...". Cioè hai davanti una persona, capito?, che è molto intelligente. Pure i compagni erano preparati, sapevano la sua storia, della democrazia cristiana, della sua corrente, cioè è chiaro che a interrogarlo era gente preparata. Rispondeva politicamente senza star lì; cioè la collaborazione c'è stata... si è reso conto; a un certo punto dice: gli uomini politici al mio livello ce ne sono pochi; il resto è un branco di cretini, quindi se dico delle cose, questi magari mi rilasciano e ci attaccano poi in maniera molto più profonda, scientifica ed incisiva. Se non dico un cazzo va a finire che ci rimetto la pelle...». Lo sciopero della fame. Dice il detenuto A: «Poi l'ultimo giorno non ha detto una parola... poi lo sciopero della fame... non s'è fatto vincere, quando un uomo è intelligente... non s'è fatto prendere dal panico, non è stato zitto, ha detto qui si fa il processo, voglio difendermi, voglio collaborare, lui ha detto che ci volevano disfare... Dopo la comunicazione della condanna a morte non parlava più, era distrutto però hai capito, sono quegli uomini che... niente da fare avrebbe dovuto mettersi in mostra... lui era cosciente del suo ruolo... Non ha avuto un istante rivoluzionario salvo la vita. Il discorso della sua vita era quello di essere un dirigente politico della borghesia, però come dirigente politico bisognava ammazzarlo... lui tentava di uscirne fuori no-, nostante, la sua linea era di fare capire alla de che lui... fare pressioni... era preoccupato anche per la sua famiglia e dei suoi figli... la sua condanna a morte era prossima... è stato Sordi che l'aveva con lui, certo un rispetto morendo un rispetto no. L'hanno detto a Morello, dice Mauro... - ... l'arma... Sofia ha detto tutto... Poi davanti alla condanna a morte si è chiuso nel silenzio anche rispetto al discorso politico: ha voluto fare testamento, ha fatto testamento...». L'agguato e gli arresti. E' sempre A che parla: «L'affiatamento che hanno fatto i compagni.... no... era da ottobre... per conto mio... i punti di avvistamento intorno, ma roba da pazzi.... c'è proprio la zona, sono passati di qua a bordo della macchina... se non c'era il punto di avvistamento era un casino... l'azione è riuscita in pieno se ne è avuta conferma all'interno della colonna, solo dopo sono subentrati altri compagni che hanno ancora gli originali con i nastri dell'interrogatorio... la scientifica era tutta intorno Roma: hanno tirato fuori quattro fotografie che sapevano tutti... non ha detto niente e qui che han piantato un casino, hanno messo dentro un sacco di gente che non c'entrava un cazzo... l'hanno fatto apposta, cioè politicamente quando di fuori l'azione non era stata... non l'hanno saputo dopo cioè è riuscito l'obiettivo perché l'organizzazione era organizzata in un certo modo, però quando viene la scientifica a rendersi conto di questo, cioè un pericolo reale di sbandamento, capito? Non ha detto una erre ultimamente, segno che loro sono riusciti a comporre tutto... dove poi politicamente... Bastardi...». L'anonima fonte dei servizi conclude così il suo appunto che accompagna la trascrizione parziale del nastro: «Certamente sarebbe stato utile acquisire il discorso nella sua completezza per cogliere in pieno, oltre ad eventuali elementi utili per le indagini, anche le argomentazioni politiche cui si fa cenno e che invece, per la frammentarietà della conversazione, appaiono suscettibili di equivoche interpretazioni».,. I due detenuti avevano definito Moro il più intelligente cervello politico, il candidato della destra al Quirinale, non l'uomo del compromesso storico, ma il personaggio capace di portare avanti le riforme istituzionali, il padre della seconda Repubblica. E allora, chi dette ordine di non approfondire le indagini? E', in ordine di tempo, l'ultimo interrogativo al quale dovrà essere data una risposta. Roberto Martinelli «Ma non si fece prendere dalla paura. Dinnanzi alla bandiera br abbozzò un sorriso» H wm UH wm Aldo Moro nel carcere delle Br. Sopra Renato Curcio Sono Prospero Gallinari, autore materiale dell'assassinio

Luoghi citati: Roma, Sofia