Ventitré Bossi vanno all'assalto di Parigi di Enrico Benedetto

Ventitré Bossi vanno all'assalto di Parigi Attaccano la «dittatura centralista», detestano tutti i partiti a cominciare dal Fronte di Le Pen Ventitré Bossi vanno all'assalto di Parigi Corsi e bretoni, alsaziani e savoiardi alle Amministrative PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Non sono leghisti, ma qualcosa li avvicina a Umberto Bossi: l'amore per il «nazionalismo regionale» e l'odio contro «la dittatura centralista». Savoiardi, baschi, alsaziani, bretoni, corsi, tirati fuori i loro carrocci, il 22 marzo vogliono marciare uniti su Parigi, levandole suffragi, potere, spocchia. Sono 23 le liste di minoranza etnica che nelle prossime Amministrative vogliono strappare il fatidico 5 per cento. Forse troppe, e tuttavia denotano una Francia a disagio, incerta fra l'ormai crepuscolare mitterrandismo, il tonitruante Le Pen, un centro-destra in calo, gli ecologisti belli ma divisi. E se l'alternativa fosse il richiamo della foresta, riscoprire identità profonde su cui il micidiale centralismo transalpino ha sparso a piene mani égalité, quando si doveva forse coltivare la differenza? Gli autonomisti giurano che proprio questa sarà la terza via per resuscitare il Paese, lasciandosi dietro Parigi e la nuova, temibile super-capitale: Bruxelles. Basta una carta geografica e subito viene agli occhi la molto fittizia unità francese. Salvo il nucleo centrale, popoli e culture diverse cingono l'Esagono. Quasi un assedio. Ma dal Re Sole a De Gaulle via Primo e Secondo Impero, la logica cartesiana del potere ha saputo imporre forzosi amalgami. Che nascondono vecchi fantasmi. La Corte Costituzionale bocciò qualche mese fa la nozione di «popolo corso» nella legge Joxe temendo svegliasse altri ribellismi dormienti. Molti criticarono tale prudenza forse eccessiva. E oggi l'isola, frustrata, srotola le vecchie bandiere secessioniste. «Corsica nazione» e il «Mouvement pour l'autodétermination» hanno buone chances. Poi vi sono i francesi (ben 13 milioni) compresi nell'antico Pays d'Oc, ribattezzato trent'anni fa Occitania, un Midi che si abbarbica fin sulle pendici alpine e i primi contrafforti pirenaici. Il «partit occitan» ha come slogan «Difendiamo il "biais de viure"» ossia il vivere a nostro modo. In qualche dipartimento unisce le sue forze con «Entau Pai's». Il Paese basco e catalano francese avranno «Eusko Alkartasuna», «Abertzalé», «Esquerra Republicana de Catalunya», «Unitat catalana». In Bretagna, embrassons-nous fra «Union démocratique bretonne», «Emgann», «Pobl» e «Frankiz Breizh». Il Basso Reno vedrà scendere in lizza l'«Union du peuple alsacien», e le Alpi non provenzali il «Mouvement-Région-Savoie». Una vera bouffe di istanze etniche. Gli accenti xenofobi restano tuttavia soft. Presentando insieme i candidati a Saint-Denis, nello scorso weekend, le «leghe» locali hanno messo in luce un carattere «progressista», dunque anti-Le Pen. Che, ricordiamolo, è nemico feroce di ogni battaglia regionalista tanto da presentarsi - lui bretone - capolista a Marsiglia. Eppure nei loro battaglieri programmi, Parigi sembra la Roma grande Moloch del senatore Umberto Bossi: corrotta, succhia-risorse, parassitaria. In Francia non esiste una dialettica Nord-Sud, né questione meridionale alcuna sul modello italiano. Piuttosto, spinte centrifughe di fronda. Ma se nessuno aderisce ufficialmente alla xenofoba crociata lepenista, il «fuori gli stranieri» risuona un po' ovunque. Per fare buon peso, l'indipendentismo corso equipara loro i francesi continentali, bruciando volentieri le auto con targa «75», quella di Parigi. Enrico Benedetto

Persone citate: De Gaulle, Joxe, Le Pen, Re Sole, Savoie, Umberto Bossi

Luoghi citati: Bruxelles, Francia, Marsiglia, Parigi, Saint-denis