«Ci hanno soffiato il posto» di Cesare Martinetti

«Ci hanno soffiato il posto» «Ci hanno soffiato il posto» Rauti, Rubbi e Macis grandi ROMA DAL NOSTRO INVIATO Esclusi? Trombati? Rinuncianti? Come definire quelli che non partecipano al grande assalto del 5 aprile e per spiegare il no raccontano storie diverse, un po' contraddittorie, non tutte credibili? Pino Rauti, per esempio, dice che non ci sta alla logica del piccone e basta; Emilio Rubbi che non se la sente di fare promesse da marinaio agli elettori; solo Francesco Macis ammette che al Senato sarebbe tornato, ma che il partito ha deciso di no. Tre parlamentari eccellenti che vanno in pensione e raccontano la loro storia. Francesco Macis, 55 anni, avvocato di Cagliari, prima comunista ora pidiesse, è tuttora il presidente del Comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa, in pratica l'uomo che ha gestito - e che avrebbe concluso - il processo a Cossiga intentato da Occhetto. Macis ha saputo ufficialmente ieri mattina, leggendo i giornali, che non sarebbe stato più candidato dal suo partito per la regola dell'avvicendamento dopo tre legislature. Dice di non voler far polemiche: «Quello che avevo da dire l'ho detto domenica 23 febbraio al comitato regionale del pds di Cagliari». E cioè? «Me lo tengo per me: mi sono battuto per la svolta in questo partito nuovo e non vorrei danneggiarlo con una polemica a un mese dalle elezioni... Risentiamoci dopo il 5 aprile». Visto che non lo dice lui, proviamo a dirlo noi. Macis, a Cagliari, senza giri di parole, ha chiesto di essere confermato nel collegio senatoriale dell'Iglesiente semplicemente perché la questione Cossiga non è chiusa, quella delle «stragi» nemmeno, e avrebbe avuto molto senso che il suo lavoro fosse proseguito. Ma il comitato sardo ha imposto la «regola del tre» che sarebbe anche accettabile se non fosse che, nella stessa Sardegna, Giorgio Macciotta, parlamentare già da quattro legislature, è stato rimesso in corsa, sia pure in un collegio a forte rischio; e sul «continente», in Campania, An¬ tonio Bellocchio, anch'egli onorevole dal '76, è nuovamente candidato. Macis augura ai due di essere eletti, ma è chiaro che si sente vittima di un'ingiustizia. E' vero che ha pesato sull'esclusione l'impressione di aver frenato il processo contro Cossiga? «Come presidente del Comitato, avevo un ruolo diverso rispetto al partito che aveva denunciato il presidente. Mi auguro che il pds sappia valutare la differenza tra il ruolo istituzionale e l'iniziativa politica». Conclude: «Tra due settimane il mal di pancia m'è passato e, contrariamente a molti, ho una professione per continuare a vivere». Emilio Rubbi, invece, non ha ancora un «orientamento definito» sul suo futuro. Confessa: «Pensavo fosse improbabile finire in questo modo». Sottosegretario al Tesoro, membro della delegazione italiana al vertice di Maastricht; e prima ancora sottosegretario al Bilancio, per molti anni responsabile del dipartimento economico della de, fedelissimo di Gianni Goria, suo sottosegretario a Palazzo Chigi, parlamentare di lungo corso dal 1976: il 5 aprile non ci sarà. Perché? «Avevo chiesto uh collegio da senatore, quello di^iorenzuola-Fidenza, mi hanno offerto il terzo posto per la Camera a Bologna: ho detto di no». Escluso in un regolamento di conti nella sinistra de? Impallinato sull'altare della preferenza unica? Lui costruisce una spiegazione più complicata: «Ho detto no perché non so fare promesse che non si possono mantenere e nella corsa per la Camera avrei dovuto confrontarmi con gruppi e sottogruppi che chiedono innanzitutto salvaguardie particolari: ti voto, se ci assicuri che... E invece, in un collegio da senatore, mi sarei sentito più Ubero. Ho posto la condizione al presidente e al segretario, ma senza enfatizzare, in punta di piedi». E cos'è successo? «Che adesso tutti si stupiscono, solidarizzano, chiedono perché». Ma Martinazzoli, per esempio, ha accettato una corsa difficile, a Brescia; lei no. «Gli fa onore; io non me la sento». Pino Rauti è sui banchi della Camera a votare la legge sull'obiezione: forse è l'ultima volta dopo vent'anni di Montecitorio. Accetta di spiegare e sembra che detti una dichiarazione di guerra: «Non si sono verificate le condizoni politiche perché mi ripresentassi. Tutte le proposte sono state respinte, come quella di presentare tre grosse personalità della società civile nei collegi di Roma; non è stata accolta la candidatura di Sandro Saccucci, sostenuta da migliaia di iscritti ed elettori; avevo proposto che Alessandra Mussolini venisse presentata a Roma... Non essendosi verificato niente di tutto questo, ho ritenuto di rifiutare la conferma». Chi sono le tre grosse personalità che Fini ha respinto? «Sforza Ruspoli, lo scrittore Giuseppe Sermonti, il giudice Antonio Alibrandi che hanno mandato a Civitavecchia. Ci si limita ai picconatori e la società civile resta fuori». Onorevole Rauti, ma lei che farà in pensione? «Io? Resto parlamentare, europeo». Cesare Martinetti Il missino Pino Rauti (foto a destra) e (sopra) il pidlessino Francesco Macis Entrambi non sono più candidati alle elezioni Emilio Rubbi. democristiano «Pensavo fosse improbabile finire in questo modo...»