De Mita: una dc da metà classifica

De Mita: una dc da metà classifica Ma, assicura Forlani, in direzione non c'è stata alcuna rissa, «solo un esame paziente» De Mita: una dc da metà classifica Pronte le liste, ultimi «tradimenti» in casa Craxi ROMA. E' la giornata dei colpi bassi, dei carabi di bandiera a sorpresa, delle recriminazioni e dei propositi di vendetta. Da ieri sera i candidati di tutti i partiti sono allineati al nastro di partenza per il palio delle elezioni del 5-6 aprile. Per la prima volta corrono senza amici e senza alleati, costretti a guerre fratricide anche all'interno delle stesse correnti, per conquistarsi la vittoria con la preferenza unica. Nella de, la novità della preferenza unica ha provocato scontri all'ultimo sangue, ma la novità più sorprendente dell'ultima ora è lo smacco che il psi ha subito a Napoli. Il partito del garofano stava ancora gioendo per il colpo assestato al pds napoletano, con l'acquisizione nelle sue liste della deputata pidiessina Angela Francese, quando ieri sera ha saputo che il professor Guido De Martino, figlio dell'ex segretario socialista e dirigente locale di rilievo, ha lasciato il psi per passare al nemico, al partito di Occhetto. «La battaglia elettorale del pds è la più adeguata all'attuale momento di crisi profonda del sistema politico e democratico», ha detto De Martino. «Diaspiaciuto e sorpreso» il vicesegretario socialista Di Donato ha accusato il colpo. «Dove sono le decine e decine di defezioni preannunziate da Craxi?» ha ironizzato il migliorista del pds, Pellicani. E' invece Garibaldi a lasciare il psi, e questo potrebbe dispiacere a Bettino Craxi. Non si tratta, ovviamente, di Giuseppe, ma della sua pronipote Anita, membro dell'assemblea nazionale del garofano, che ora è candidata a Roma nelle liste dei socialdemocratici. «Sono stufa di essere usata per il mio nome e ignorata per.il contributo, che intendo dare alla riforma delle istituzioni», ha detto con fierezza sbattendo la porta socialista. Non c'è da scherzare con i nomi celebri. Ci sono partiti, come i missini ed anche Pannella, che hanno addirittura inventato la caccia agli omonimi: la nipote di Mussolini per Fini, o un ignoto Giulio Andreotti per Pannella (ma poi ha rinunciato). In verità, il colpo di genio l'aveva avuto l'andreottiano Sbardella, che voleva candidare a Roma un tale che si chiama Andreotti per recuperare i de laziali che non sanno ancora che l'Andreótti autentico, ormai, è senatore a vita e non ha più bisogno di andare a cercare preferenze. Comunque, i missini hanno presentato a Roma ima Silvia Costa, omonima della nota de e, assicurano «anche più avvenente». Insomma, al gioco della preferenza unica ogni colpo è permesso. Le scene più belle in assoluto si sono viste in casa de. Ai giornali che hanno riferito di scontri sanguinosi e di liti tremende tra i de impegnati a strapparsi a vicenda le candidature nei migliori collegi, il segretario Forlani ha risposto garantendo che «nella nostra direzione non c'è stata alcuna rissa, ma solo l'esame paziente e difficile di un migliaio di candidature. E' un lavoro, di per sé, scabroso per tutti i partiti in ogni Paese del mondo, almeno dove c'è la democrazia». Nel nome della democrazia, si sono visti parlamentari rinunziare, per nulla felici (Azzaro, Rubbi), si sono visti gli europarlamentari Formigoni, Carlo Casini e Michelini lasciare (molto controvoglia e solo dopo insistente «preghiera» di Forlani) il loro mandato europeo per candidarsi alle politiche italiane. Ed anche l'altalena dei dubbi del ministro Martinazzoli, che ha assunto cadenze esilaranti, deve avere a che fare con la lotta a coltello per conquistare posti in Usta nella fortezza prandi niana di Brescia. Sabato Mino Martinazzoli diceva che non si sarebbe candidato. Domenica pomeriggio era per il sì. Ieri mattina, al Gr2, era di nuovo per il no. Ieri sera, alla fine, ha accettato il collegio senatoriale di Brescia. I tentennamenti debbono aver sortito l'effetto di trovare una buona collocazione nelle liste di Brescia anche per i «martinazzoliani», Gitti e Bonalumi, i quali erano in rivolta assieme alla sinistra cittadina. «La de si presenta alle elezioni con una squadra di media classifica», sentenzia Ciriaco De Mita, ancora furioso per l'esclusione dalle liste de del rettore dell'università di Lecce, da lui sponsorizzato. Ed anche perché i candidati della sinistra sono scesi dal 50 per cento di quando era segretario, al 40 per cento del totale. In realtà, i capi de hanno scelto i loro uomini soprattutto in funzione delle battaglie interne che si avvicinano. Piazzare una forte rappresentanza di fedelissimi nei gruppi parlamentari, che per i de contano molto, significa conquistarsi la designazione per la guida del governo o per la Presidenza della Repubblica. I candidati della de sono 850 tra Camera e Senato, con il 30 per cento di nomi nuovi. Le donne sono un risicato 13 per cento, contro il 25 per cento del pds, che ha comunque lasciato insoddisfatte le seguaci della Quercia. Occhetto spera di arrivare a una rappresentanza di 200 parlamentari per il suo nuovo partito, in modo da stare ancora davanti al psi, mettendo in conto ima perdita di 77 seggi rispetto alla legislatura che si chiude. E' circa il 17 per cento dei voti. E se fosse ancora meno Occhetto perderebbe la segreteria? Massino D'Alema, il più gettonato pretendente alla successione, si schernisce ed esclude un congresso straordinario: «Piuttosto, spero che ne faccia uno il psi». Infine, piccola scissione per i repubblicani. Nel Friuli se ne sono andati i seguaci di Carlo Di Re, già capo della segreteria politica di Spadolini, quando era segretario del partito. La Malfa ha risposto mettendo come capolista in Friuli il generale Pietro Giannattasio, già capo di gabinetto di Spadolini, quando era alla Difesa. Alberto Rapfsarda

Luoghi citati: Brescia, Friuli, Napoli, Roma