TITANIC il mostro era innocente

TITANIC il mostro era innocente TITANIC il mostro era innocente Ottantanni fa la tragedia che costò la vita a 1490passeggeri OTTANTANNI fa, nella notte tra il 14 e il 15 aprile del 1912, una nave misteriosa assistette senza 1 intervenire alla più grande tragedia del mare, l'affondamento del Titanio. Per ottant'anni si è creduto che questa nave fosse il Californian del capitano Stanley Lord, accusato di essere responsabile del peggior delitto che si possa compiere in mare: non aiutare chi è in pericolo. Una nuova inchiesta, secondo quanto riporta il Sunday Times di Londra, lo ha adesso scagionato. Non erano della sua nave le luci che i passeggeri videro dal ponte del Titanio venti minuti dopo l'impatto con l'iceberg che ne causò l'affondamento. A Londra, pochi mesi dopo la tragedia, era diventata popolare una canzonetta dedicata al Californian. «Il capitano che dorme sottocoperta...», diceva la prima strofa. E, nell'ansia di trovare comunque un capro espiatorio, nessun giornale fu tenero con Stanley Lord: «Mille volte assassino» denunciava la Review of Reviews, «un rimasuglio di un genere di skipper ormai superato», scriveva il John Bull, «un orrore che nei giorni a venire offenderà ogni istinto di umanità quando si racconterà la storia del Titanio», sentenziava il Daily Telegraph. Alcuni suggerivano di non perdere troppo tempo in chiacchiere e di impiccare subito il capitano Lord. Non era stato lui a fare affondare il Titanio, ma se la sua nave fosse arrivata subito in soccorso molte delle 1490 vittime si sarebbero forse potute salvare. Stanley Lord passò il resto della sua vita a cercare di scagionarsi da queste infamanti accuse, senza riuscirci. Negli archivi del ministero del Commercio britannico un intero dossier è dedicato alle sue lettere che imploravano la riapertura di un'inchiesta, «l'opportunità di discolparmi davanti a un tribunale indipendente». A tutte veniva risposto con fredde formule di rito: «Le sue considerazioni sono state attentamente valutate da questo ministero, ma come le abbiamo già detto siamo impossibilitati a riaprire il caso». Un atteggiamento così impietoso, più che alle prove emerse durante l'inchiesta britannica sull'affondamento del Titanio, era dovuto al fatto che per questa tragedia non era stato individuato nessun colpevole. E' vero, la nave correva a più di 20 nodi pur avendo ricevuto continui avvisi sulla presenza di ghiaccio nella zona, ma era una notte limpida e un buon servizio di vedetta avrebbe dovuto essere in grado di avvistare per tempo un iceberg. Se il suo capitano, Edward J. Smith, era stato un po' imprudente, una larga parte del disastro era da attribuirsi alla sfortuna: l'iceberg che affondò il Titanio si era appena rovesciato e la parte emersa era scura, quasi invisibile nella notte. Inoltre, il mare era calmo come non si era mai visto in rotte così settentrionali e non c'erano onde che frangendosi contro il ghiaccio permettessero di indi¬ viduarlo. E' vero, non c'erano scialuppe di salvataggio sufficienti per tutti, ma ce n'erano più di quante stabilissero i regolamenti allora in vigore. E la nave? Era la più sicura del mondo, al punto da far dire al capitano Smith alla vigilia della partenza una di quelle frasi che non bisognerebbe mai pronunciare: «Non riesco a immaginare qualcosa, in cielo o in terra, che possa farla affondare». E. J. Smith aveva in parte ragione, perché il Titanio era davvero la nave più elegante, sfarzosa e sicura che fosse mai stata costruita. Affondò per una incredibile serie di coincidenze, tali da far pensare che «qualcosa in cielo» abbia voluto punire la sfrontata sicurezza del suo comandante. Ma la responsabilità di tante vittime andava perlomeno divisa con i regolamenti navali allora in vigore, vecchi di 50 anni, sul numero delle scialuppe di salvataggio e sulla struttura dei compartimenti stagni. Faceva comodo a tutti trovare un colpevole, un «mille volte assassino», il responsabile di tante vittime. Fu facile trovarlo nel capitano del Californian, anche perché Stanley Lord non aveva del tutto la coscienza tranquilla. L'inchiesta condotta a Londra da Lord Mersey durò 36 giorni. Vennero ascoltati 98 testimoni ai quali furono poste 25.600 domande, in buona parte dedicate allo strano comportamento del capitano Lord. La notte del 14 aprile il Californian, diretto da Londra a Boston, era fermo in pieno oceano di fronte a una lunga banchisa che gli impediva di proseguire. Verso le 22 avvistò le luci di un piroscafo che si avvicinava da Est. Lord ordinò al marconista, Cyril Evans, di avvisare le altre navi della presenza del ghiaccio. Evans si mise all'opera, ma il marconista del Titanio, Jack Phillips, interruppe la comunicazione: «Sta' zitto, sta' zitto, sono occupato, mi disturbi». Era troppo impegnato a trasmettere a Cape Race telegrammi dei passeggeri. Invece di insistere come avrebbe probabilmente dovuto fare, Evans posò la cuffia, spense la radio e andò a dormire. Alle 23,40 il Titanio urtò di prua l'iceberg. Nello stesso momento, il terzo ufficiale del Californian guardando il piroscafo lontano vide «le sue luci apparentemente scomparire» e pensò che la nave avesse accostato per evitare il ghiaccio. Anche il capitano Lord andò a dormire lasciando in plancia di guardia il secondo ufficiale Herbert Stone e un giovane allievo di nome Gibson. Fu Stone per primo a vedere i razzi con i quali il Titanio chiedeva aiuto, «un lampo bianco in cielo poco al di sopra del piroscafo lontano, quasi siùToriz-. zonte». Con il binocolo scorse altri quattro lampi bianchi e riferì al capitano Lord attraverso il tubo portavoce quello che aveva visto. Lord chiese se si trattava di «segnali convenzionali della compagnia», Stone rispose che non lo sapeva e che avrebbe cercato di mettersi in contatto usando la lampada segnali. Alle 2 del 15 aprile, venti minuti dopo che il Titanio aveva sparato il suo ottavo e ultimo razzo, Stone chiese a Gibson di andare dal comandante e di svegliarlo. Gibson entrò nella cabina di Lord e gli disse degli otto razzi. Lord domandò se erano bianchi o di altri colori, chiese che ora era e si riaddormentò. Alle 4, mentre la prima nave che aveva risposto ai disperati appelli del Titanio, il Carpathia, raggiungeva il luogo della tragedia e raccoglieva la prima lancia dei superstiti, Stone andò nella cabina del marconista e lo svegliò dicendogli che una nave aveva sparato dei razzi: «Vuole scoprire che cosa c'è che non va, che cosa è successo?». Evans si infilò i calzoni, riaccese la radio e si mise la cuffia. Pochi minuti dopo corse in plancia: «Mi hanno appena detto che è affondato il Titanio». Degli avvenimenti di quella notte non c'è traccia sul libro di bordo del Californian, e questa strana dimenticanza fu uno degli argomenti più forti usati nell'in%Sgm chiesta. Solo la denuncia di un marinaio a un giornale americano permise di scoprire il ruolo del Californian nella vicenda. La nuova indagine, voluta dal figlio di Lord (che adesso ha 82 anni), è stata resa possibile dal ritrovamento del relitto del Titanic, avvenuto nel 1985 grazie alla spedizione di Robert Ballard. Il Titanic in realtà non affondò nel punto indicato dai messaggi di soccorso, perché l'ultima posizione rilevata dagli ufficiali era imprecisa. Il Californian non si trovava dunque come si pensava a 10-12 miglia dal Titanic, ma molto più lontano. E' probabile che fra di loro ci fosse un'altra nave, le cui luci furono avvistate sia dal Titanic sia dal Californian. La responsabilità di non avere soccorso i naufraghi ricade adesso dal capitano Lord a questa nave fantasma. Quale fosse, non lo sapremo forse mai. Vittorio Sabadin Solo adesso scagionato il capitano della nave che non accorse in aiuto Non vide il transatlantico, ingannato dalle luci di un'altra I imbarcazione. Ora si cerca j quel «piroscafo fantasma» . I j . 42 5 NORD- IL TITANIO E IL CALIFORNIAN •41 46 N0R0- %Sgm 42 5 NORD- IL TITANIO E IL CALIFORNIAN •41 46 N0R0- pgpseggeri. Invece di insistere come avrebbe probabilmente dovuto fare, Evans posò la cuffia, spense la radio e andò a dormire. Alle 23,40 il Titanio urtò di prua l'iceberg. Nello stesso momento, il terzo ufficiale del Californian

Luoghi citati: Boston, Londra