«Tokyo mi deve 10 mila miliardi di Giuseppe Zaccaria

«Tokyo mi deve 10 mila miliardi —-' li 1 «Tokyo mi deve 10 mila miliardi Sempre vittorioso, mai risarcito Ora il suo caso è al tribunale di Roma ROMA. Nella cancelleria del tribunale civile di Roma è sepolta da 7 mesi una specie di bomba finanziaria. Il penultimo capitolo di un intreccio che non potrebbe essere inserito neppure in una «spy story», tanto pare incredibile. Una richiesta che, se accolta, provocherà ripercussioni che è difficile immaginare. Eppure è tutto vero. Tre giudici ed il presidente, in evidente imbarazzo si stanno palleggiando l'esposto in attesa che qualcuno trovi il coraggio di decidere. In teoria, si tratterebbe solo di dare esecuzione ad un lodo arbitrale, cioè a una sentenza definitiva da tempo. L'esperto nominato dalla Federazione internazionale dei produttori cinematografici - il prof. Massimo Ferrara Santamaria - ha stabilito, due anni fa, che il debito esiste e va pagato dalla Banca di Stato del Giappone. Il problema sta nell'importo: lira più lira meno, fa quasi ottomila milioni di dollari. Cioè in lire poco meno di diecimila miliardi. Nessuno, al mondo, ha mai posseduto una simile cifra, eppure la somma è quella partorita, nella progressione geometrica di danni e penali, da un contratto che il ministero per il Commercio con l'Estero del Giappone non onorò alla fine degli Anni Sessanta. E il Paperone di fine secolo, l'uomo che dovrebbe incassare l'incredibile somma è un ex produttore jugoslavo con cittadinanza francese. Nel frattempo Zavicha Blagojevic, 63 anni, continua a vivere la condizione di multimiliardario più povero del mondo. Ha trascorso gli ultimi vent'anni inseguendo questo credito attraverso i tribunali di mezza Europa, vedendo salire progressivamente una somma che sulla carta si faceva sempre più spaventosa, dissanguandosi in viaggi e spese legali per poi ottenere, due anni fa, quella che sembrava una decisione definitiva. Ma dal Giappone, nessuna risposta. Adesso tenta l'ultima carta: per giocarla è riuscito a farsi rappresentare da un «team» di avvocati (Mario Guttieres, Laura Remiddi, Marinella De Nigris, Domenico Pio Riitano) che nonostante rappresenti alcuni dei più importanti studi italiani, vista la posta in gioco ha pensato di sospendere la questione parcelle. In questi giorni Zavicha Blagqjevic è a Roma, per seguire la faccenda da vicino: dai documenti stipati nella valigetta che porta sempre con sé, la storia emerge passo per passo. Dunque, a metà del Sessanta succede che Blagqjevic si accordi con una delle più grandi case di produzione giapponesi - la «Daiei» - per la costituzione a Parigi di due società che distribuiscano in Europa film e cartoni animati. Lui punta soprattutto su questi ultimi, ha capito con anticipo che rappresenteranno il grande affare degli anni a venire. Ma la «Daiei» improvvisamente rompe l'accordo (e qualche tempo dopo finirà per chiudere). La spiegazione è motto orientale: il governo di Tokyo ritiene che debbano essere dei giapponesi a seguire direttamente la commercializzazione dei loro prodotti. Il contratto però era garantito dal ministero per il Commercio con l'Estero e dalla Banca centrale del Giappone. Blagqjevic si rivolge alla magistratura francese per chiedere i danni. L'elenco di sentenze ò interminabile: ogni volta - fino alla Corte di Strasburgo - i giudici dicono che Blagqjevic ha ragione. E intanto il debito cresce vertiginosamente per effetto delle penali che lo alimentano: interessi convenzionali, penalità del 65%, interessi composti... Se può servire come riferimento, il 24 luglio 1979 la somma dovuta dai giapponesi è già arrivata a 535 milioni di dollari. E' a quel punto che Tokyo si fa viva: il signor Junro Otagawa, rappresentante per l'Europa di tutto quanto ha a che vedere con le produzioni del Sol Levante, incontra Blagqjevic per tentare un accordo. Magnanimo, il produttore franco-jugoslavo concede uno «sconto» dei due terzi. Ma nonostante il concordato, la somma non arriverà mai. Il passaggio è importante per un aspetto: Junro Otagawa ha base a Roma, in viale Regina Margherita. E questo, qualche tempo dopo, farà in modo che l'intera vicenda si trasferisca in Italia. Esiste un accordo internazio¬ nale, la cosiddetta «Convenzione di New York» del 1958, che in caso di contese su produzioni e diritti cinematografici consente a qualsiasi società del settore il ricorso ad un arbitrato. E l'arbitro, il «saggio» chiamato a dirimere la questione, per comune accordo viene designato due anni fa nella persona del professor Massimo Ferrara Santamaria. Il responso giunge il 12 febbraio '90: è proprio vero. Tutto considerato, calcolati interessi e penali, da un danno originario di alcuni miliardi il Tesoro giapponese è giunto ad accumulare questo debito stratosferico. Di qui la richiesta al tribunale, che annaspa. Sull'istanza si sono succeduti già tre magistrati: il problema è di quelli che nella giurisprudenza di un Paese si presentano una volta sola. Il dottor Shinikito Asao, ambasciatore del Giappone a Roma, è stato invitato a presentarsi in giudizio il 18 novembre scorso. Lui prima ha eccepito l'immunità che spetta al rappresentante di uno Stato sovrano poi, quando i difensori di Blagqjevic hanno ribattuto: «Qui non si tratta di sovranità ma di debiti», ha chiesto e ottenuto un rinvio di 3 mesi. La prossima puntata della contesa del secolo a metà marzo. «Il credito esiste, ed ha valore in tutto il mondo», dichiarano gli avvocati. «Non ci saremmo mossi in forze se non avessimo verificato punto per punto l'intera vicenda. Il Tesoro giapponese in qualche modo dovrà pagare: ha rinviato per vent'anni, ma adesso è alla vigilia di una decisione che lo metterà con le spalle al muro, tranne che non voglia sconvolgere i complessi equilibri economici internazionali». A loro giudizio, una volta ottenuta l'esecuzione, ci si potrebbe rivolgere direttamente alla Banca d'Italia per ottenere che i titoli divengano esecutivi. Da Tokyo, obiettano che furono i governanti del '60 a firmare contratti illegittimi: un po' come se l'Italia denunciasse accordi internazionali affermando che nel frattempo il ministro degli Esteri è cambiato. In tutta la recente storia giudiziaria, c'è un solo caso assimilabile a questo: quello dell'Acqua Marcia, società che lamentando un «furto» d'acqua da parte del Comune di Roma giunse, dopo anni di controversie, a vedersi accreditato un risarcimento vertiginoso. Non a caso, Blagqjevic intanto resta a Roma: sembra che quello sterminato, teorico credito cominci a far gola a qualcuno. Se non per ottenerne il pagamento, almeno per tentare di usarlo come arma di pressione. Giuseppe Zaccaria mm '■ Ì||| p Zavicha Blagojevlc, 63 anni l produttore che combatte una causa d'oro contro il Giappone 1

Persone citate: Blagojevic, Domenico Pio, Laura Remiddi, Marinella De Nigris, Mario Guttieres, Santamaria