Da Kennedy a Moro il complotto infinito di Aldo Rizzo

Da Kennedy a Moro il complotto infinito OSSERVATORIO Da Kennedy a Moro il complotto infinito OICHE' Henry Kissinger è stato indicato, non certo come un mandante, ma come uno dei riferimenti politici dell'assassinio di Aldo Moro (nell'intervista del senatore de Francesco Mazzola, che ha movimentato la settimana italiana, se mai ce ne fosse stato bisogno), mi è parso utile rileggere le memorie dell'ex segretario di Stato, nella parte, non grande, dedicata al nostro Paese. Di Moro, Kissinger diceva che era il personaggio di maggiore spicco, ma tutto avvolto nelle nebbie della politica interna, alle cui esigenze piegava quel poco d'interesse che riusciva a nutrire per la politica estera. Degli altri, in generale, diceva che rappresentavano un sistema chiuso in se stesso, portati a vedere nelle visite dei governanti americani un fatto simbolico, che praticamente si esauriva con la cerimonia all'aeroporto. Bravi alleati, comunque, che non creavano problemi. Eppure il senatore Mazzola, sottosegretario alla Difesa all'epoca del delitto e poi supervisore dei servizi segreti, nell'intervista a «Il Sabato» mostra di credere a tutt'altre cose. Le Brigate rosse agirono col sostegno del Kgb, ma anche con quello della Cia, che seguì da vicino il tragico caso del presidente de e lasciò fare. E questo perché? Perché Moro stava portando al governo i comunisti, ma soprattutto perché la sua politica filoaraba dava fastidio. Kissinger è ebreo e si sa quanto sia potente la lobby filoisraeliana in America. Ora, è vero che Kissinger, nellla sua ultima fase politica, sotto la presidenza Ford, non coperta dalle memorie, si mostrò assai preoccupato dalla prospettiva di un pei nell'area di governo. Meno evidente fu la sua inquietudine per le aperture italiane al mondo arabo, anche perché durante la guerra del Kippur, nel 1973, aveva già visto tutti i governi europei molto prudenti, per non dire altro. In ogni caso, da qui a stabilire un nesso, sia pure vago e indiretto, col sequestro Moro... Quanto al fatto che Kissinger è ebreo, ciò non gli impedì di portare Israele a una trattativa di pace con l'Egitto. Infine va ricordato dettaglio di non poco conto che al tempo di via Fani egli era fuori da responsabilità politiche da un anno e mezzo. Presidente era il mite Carter e segretario di Stato era Vance. Questi erano i referenti della Cia. Giustamente, su «l'Unità», Gian Giacomo Migone dice che bisogna stare con i piedi per terra e non abbandonarsi a teorie cospiratorie. Ma poi anche lui è convinto che l'uccisione di Moro non fu «un'autonoma iniziativa delle Br». E di nuovo il quadro internazionale, la politica mediorientale dell Italia... Ma non ci vorrebbe, appunto, qualche prova seria? Se c'è, avanti, le democrazie non possono temere la verità. Migone dice anche (come del resto «Il Sabato») che siamo a un altro caso Kennedy. A me sembrano due casi diversi, su Moro, nonostante tutto, sappiamo molto di più. Comunque ho visto, come tanti, il film di Oliver Stone. E' bello e convincente finché mette in luce le lacune della versione ufficiale. E' retorico e inattendibile quando contrappone la sua «verità», e cioè che Kennedy fu ucciso, sostanzialmente, perché stava per ritirare l'America dal Vietnam, danneggiando l'industria di guerra, i falchi di Washington ecc. Dico questo non come parere personale: proprio ora sono usciti i documenti ufficiali della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato, dai quali si evince come Kennedy, fino alla vigilia della morte, fosse deciso a difendere l'indipendenza del Sud Vietnam. Dice l'«Economist»: «E' la risposta di Kennedy a Oliver Stone». In conclusione: una cosa è continuare a cercare la verità, a fugare i dubbi, e un'altra è costruire teorie senza prove. Non giova a nessuno, se non, in Italia, e anche in America, alla confusione delle idee. Aldo Rizzo tzoj

Luoghi citati: America, Egitto, Israele, Italia, Sud Vietnam, Vietnam, Washington