Sarajevo dice sì all'indipendenza

Sarajevo dice sì all'indipendenza JUGOSLAVIA Risultati non ufficiali ma già si festeggia. Spari su un corteo nuziale serbo, un morto Sarajevo dice sì all'indipendenza Referendum in Bosnia: EétgfiWb sempre più sola SARAJEVO NOSTRO SERVIZIO Sono da poco passate le 19, chiusura definitiva delle urne, quando Sarajevo comincia a festeggiare la vittoria nel referendum per l'indipendenza. Centinaia di colpi sparati nel cielo della capitale per salutare la nascita del nuovo Stato della Bosnia e Erzegovina. Ma non si è sparato solo per festeggiare: uno sconosciuto ha sparato contro un corteo nuziale che agitava bandiere serbe, uccidendo il padre della sposa e ferendo lo sposo. Anche se i primi risultati ufficiali verranno comunicati soltanto oggi, i dati dell'afflusso alle urne non lasciano dubbi. Nel pomeriggio aveva già votato il 57 per cento degli elettori. Ed è praticamente scontato che tutti quelli che si sono recati nei seggi elettorali hanno risposto «za» (per) alla domanda stampata sui fogliettini bianchi: siete per una Bosnia e Erzegovina sovrana e indipendente, per uno Stato di cittadini uguali, Stato dei popoli musulmano, serbo e croato, nonché degli altri popoli che ci vivono? Lo schieramento iniziale delle forze politiche è stato confermato nei due giorni di voto. Musulmani e croati si sono recati alle urne, mentre la grande maggioranza dei serbi ha boicottato il referendum. Esattamente quanto è accaduto a Mostar, centro storico dell'Erzegovina. «Votare per l'indipendenza della Bosnia, per uno Stato in cui saremo tutti uguali è l'unico modo per assicurarci un futuro di libertà e di prosperità». Suad Krpo, guida turistica di Mostar, musulmano, rimprovera ai suoi concittadini di aver ignorato il voto, ma soprattutto condanna l'armata federale che appoggia la politica nazionalista dei leader serbi. «Sul ponte vecchio di Mostar, che ha più di quattro secoli, non aveva mai messo piede un esercito. Ma tempo fa gli attuali comandanti della guarnigione locale hanno sistemato sul ponte un cannoncino per intimidire la gente. E' una brutale dimostrazione di forza, come le ripetute sparatorie notturne dei riservi¬ sti. Per lo più sono colpi sparati in aria, ma alcuni proiettili sono caduti sulla città». I riservisti dell'Armata jugoslava sono l'incubo degli abitanti di Mostar. Nei giorni drammatici della guerra in Croazia i generali di Belgrado hanno mobilitato alcune migliaia di soldati di riserva che sono tuttora stazionati nella base militare alle porte della città. Benché Mostar abbia una struttura nazionale mista (40 per cento musulmani, 30 per cento serbi e 30 per cento croati) il fiume Neretva che'lo divide delimita i confini della forte influenza croata dell'Erzegovina occidentale. Negli ultimi mesi numerosi incidenti hanno turbato la pace cittadina col risultato che la gente, armata fino ai denti, vive in uno stato di tensione continua. Di vittoria sicura parla anche il presidente della Bosnia, Alija Izetbegovic. «Benché basterebbe la metà più uno dei voti, più la percentuale dei votanti sale più è grande il nostro successo. Ma quel che conta è che la Bosnia è ormai riconosciuta dalla comunità internazionale. Rimangono da sbrigare le formalità tecniche. Inoltre cadono definitivamente tutte le eventuali divisioni all'interno della Repubblica». L'ottimismo del leader musulmano è condiviso dal ministro degli Esteri Haris Silajdzic. «Da alcuni Paesi europei è partita l'iniziativa per dare ai nuovi Stati jugoslavi lo status di membri associati della Cee. Sotto questo ombrello europeo potrebbero rinascere i rapporti economici e doganali tra le sei Repubbliche jugoslave, ma soprattutto l'Europa avrebbe un alleato stabile nel fronte sudoricntale della sua difesa. In quest'ottica non si può più parlare di accantonamento della Bosnia perché sarebbe un passo indietro». Un altro referendum si è svolto ieri nel Montenegro. A 418 mila elettori è stato chiesto se vogliono che il Montenegro, come Repubblica sovrana, continui a vivere nello Stato comune della Jugoslavia. Dai primi dati risulta che ha votato poco più del 50 per cento degli elettori. Ingrid Badurina

Persone citate: Alija Izetbegovic, Haris Silajdzic, Ingrid Badurina

Luoghi citati: Belgrado, Croazia, Europa, Jugoslavia, Montenegro, Sarajevo