Glazunov, filtra la Iuce di Glinka di Giorgio Pestelli

Glazunov, filtra la Iuce di Glinka Bel concerto per la stagione Rai diretto da Barshai, pianista Zeltser Glazunov, filtra la Iuce di Glinka Eseguiti anche brani di Stravinski e Rachmaninov TORINO. Rudolf Barshai, assai amato dal pubblico della stagione sinfonica della Rai, è statofesteggiato con molto calore all'Auditorium dove ha concluso la serata dirigendo la Quinta Sinfonia (1895) di Aleksandr Glazunov, lavoro piuttosto trascurato dalle consuete rotte concertistiche. Nelle storie della musica, Glazunov è sempre tacciato di accademismo, di ritardatario rispetto alla grande stagione dei «Cinque» e di Ciaikovski; ma l'ascolto della sua Quinta Sinfonia non fa tanto pensare ad un accademico: la sua conoscenza dell'orchestra, la sua mano maestra, si mettono al servizio della gradevolezza, non della serietà didattica. Lo Scherzo riesce ancora a filtrare qualcosa da Mendelssohn, il trio centrale è una gemma in cui si riflette ancora la luce patriarcale di Glinka; qui Glazunov si trova in una situa¬ zione sentimentale simile a quella di Dvorak, un privilegio cui il resto della Sinfonia perviene solo a prezzo di lunghe intermittenze. Con tanti mezzi a disposizione, Glazunov non riesce però a definirsi abbastanza, resta al di qua della compiutezza di un vero stile. La direzione di Barshai è stata un modello di fedeltà alla civiltà musicale del lavoro. Nella prima parte Mark Zeltser è stato un leone: tecnica poderosa e maiuscola evidenza ritmica e percussiva. Ha suonato di seguito due lavori entrambi bellissimi, ma dall'accostamento bizzarro e incoerente. Il «Capriccio» di Stravinski resta esaltante per come riesce a trasformare la poesia romantica dello slancio in una materia ostile, che si raffredda e si rapprende nel momento stesso in cui esplode (e dall'orchestra, così prossima alla compattezza dell'«Edipo Re», è emerso con efficacia il concertino solistico di Alfonso Mosesti, Luigi Talamo, Antonio Mosca e Luigi Milani). Anche la «Rapsodia su tema di Paganini» di Rachmaninov è una gran pezzo da concerto: a differenza di tante pagine soffocate da un virtuosismo indecifrabile (il Terzo Concerto, per tutte), qui Rachmaninov aderisce alla struttura della variazione, dove ogni episodio, lungo solo fino all'esaurimento del tema, ha la sua necessità nella catena generale. Stravinski è tutto chiarezza di fabbricare, Rachmaninov tutto tendersi e allentarsi di affabulazioni: due «tempi» interiori troppo diversi da digerire uno dopo l'altro. Puntuale, invece, dopo il satanismo di Rachmaninov, la «Suggestione diabolica» di Prokofiev suonata dallo Zeltser come bis. Giorgio Pestelli

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