E sotto lo scandalo, niente di Curzio Maltese

E sotto lo scandalo, niente Il muro di gomma degli organizzatori ha sgonfiato tutte le polemiche E sotto lo scandalo, niente La Berti e Reitano, civiltà delle vittime SANREMO DAL NOSTRO INVIATO «Signurì, scansatevi». Il tono della voce è gentile. Ma troppo basso per un foyer dell'Ariston. «Uè, con permesso». Stavolta c'è anche la manona sulla spalla. Pressione lieve, ma ferma: professionale. Mi volto e vedo Nino D'Angelo. Ancora più piccolo, accanto al gorilla. Ma elegantissimo, doppiopetto blu, chioma scolpita, luccichii vari. Saluta e avanza. Avanza e saluta. «Ciao, Peppì». «Sera, dottore». «Uè, Ciro». «Vince, Ptu pure?». Laconi> co. Quanti ne conosce, però. L'ali tra sera all'hotel si vantava: «Tengo 55 mila fans ufficiali. Tutti schedati. Con la fotografia!». Che siano tutti qui? Al Cronista nuovo dell' amriente e quindi addetto alla mondanità (il compito non si regge per due festival consecutivi) i colleghi marpioni dicono: «Vai tra il pubblico, c'è sempre qualche Vip». In tre serate di ricerca l'indimenticabile interprete di «Luna spiona» e «Scapricciatiello» è il primo. A parte s'intende i padrini e le madrine, gli anziani padrini delle madrine, e il Mago di Arcella. Per il resto, se ne vanno ore di vita tra guappi in alta uniforme, proprietari di paninoteche, amici dell'assessore, e una Famiglia. Quattro elementi. Lui e lei, muti e schiacciati sulla poltrona da chili e chili di status symbol, si muovono solo per applaudire. Sempre. Il primogenito ventenne, honotizzato dalla sfilata dei suoi miti femminili (la Fidanzata, la Straniera, la Mamma) e la «bambina» di sedici, vestita per una metà come la Gardini (blusa salmone accollata) e sotto come Moana, mini e calze a rete. Il soggiorno in Riviera, biglietti (omaggio) esclusi, è costato come tre crociere sul Nilo. Ma vuoi mettere col viaggio nella Città della Televisione? La mattina a Piacere Raiuno, il pomeriggio gita tra Portalettere e Samarcanda, la sera: Festival. Teleturismo. Ma questa era l'eccezione. La gran massa del pubblico della finale era lì a nota spese, in borderò, su invito di discografici, politici, organizzatori, papaveri Rai. Un pubblico di galoppini per il Festival del Portaborse. Eccolo il vero trionfatore di tanti finti duelli tra cantanti e orgar Izzato- ri, giornalisti e dirigenti. Il Portaborse era ovunque, in gara e in platea, in albergo e nei corridoi Rai. L'anima mediatrice di un festival dove nulla doveva succedere e nulla in fondo è successo. Ha vinto chi doveva vincere, ha perso chi doveva perdere. Compresi i monumenti Mino Reitano e Orietta Berti, vittime di oscuri portaborse raccomandati alla finale. Diciamo la verità, dopo averli tanto sbertucciati: due tra le poche persone civili. Reitano, definito «patetico» e insultato a più riprese da gente in cerca di facili bersagli, ha avuto l'ardire di difendersi in sala stampa: «Che cosa vi ho fatto? Non conto nulla». Ma l'ha fatto con toni educatissimi e di persona. Quelli di adesso avrebbero mandato fax furenti, oppure l'assistant manager, la biondina con l'omaggio. Orietta Berti s'è rivelata regina di sobrietà in questo festival afflitto da troppi sarti dai nomi improbabili. Il suo si chiama Artemio, di Parma, e l'ha vestita con decoro artigianale. Conta la voce, che resta bellissima. O no? Ma il trionfo del Portaborse s'è celebrato in sala stampa. No, non parliamo dei giornalisti di regime. Quelli erano impegnati al talk show, con le chiamate in diretta. Parliamo della conferenza di mezzodì. Che spettacolo. Da una parte, decine di giornalisti armati di buona volontà nel trasformare un rito mummificato in un avvincente tunnel degli orrori. Da Jo Squillo a Pupo, dal Corvo fantomatico allo spettro dello Snater (serial: Snater 1, Snater 2, ecc). Quintalate di scandali freschi, croccanti, di giornata. Dall'altra, il muro di gomma dei Portaborse. Le risposte a volte arroganti di Maffucci («Non me ne può fregar di meno») ma più spesso melliflue, elusive («Non abbiamo i dati» «Non è di nostra competenza» «Riferiremo a Baudo» «Ne parliamo tra qualche giorno, grazie»). Non un minimo di collaborazione, una replica sdegnata, un impennarsi del sismografo. Come faceva Aragozzini patron, uno che s'incazza, urla, gli si gonfiano le vene del collo. Quest'anno era ridotto a giullare di corte. Che pretendere da Bixio e Ravera? Gente senza sangue, non può arrossire. Curzio Maltese Orietta Berti si è distinta per semplicità e bella voce. A destra Pupo

Luoghi citati: Città Della Televisione, Sanremo