Non è reato parlare male della coppia Al Bano-Romina

Non è reato parlare male della coppia Al Bano-Romina I due cantanti perdono la causa per diffamazione contro Arbore e D'Agostino Non è reato parlare male della coppia Al Bano-Romina ROMA. «C'erano una volta Romina e Al Bano, sposi e cantanti che vivevano felici e contenti». Adesso quella favola ha perso il suo alone romantico. E chiunque potrà affermare impunemente che lui ha l'alito tossico, lei un'intelligenza limitata. L'avevano scritto Renzo Arbore e Roberto D'Agostino in un capitolo del libro «Il peggio di Novella 2000», su quelle affermazioni c'è oggi il placet di un giudice. A lui si erano rivolti i coniugi Carrisi da Cellino per avere giustizia nei confronti di quelle ventidue pagine raccolte sotto il titolo «Al cuor non si comanda» e ritenute «oltre che di cattivo gusto, pesantemente e gratuitamente ingiuriose». Di più: un attentato a uri «sodalizio umano e professionale solidissimo, simbolo vivente di perfezione coniugale, modello di virtù domestiche, di affiatamento assoluto, di devozione familiare mai turbata, in vent'anni di unione, da uno screzio, mai sfiorata da un sospetto». Ma il giudice non è stato dello stesso parere e ha condannato i coniugi Carrisi a pagare anche gli undici milioni di spese processuali sostenute da Arbore e D'Agostino. Si è conclusa così una lite cominciata tre anni fa e finita davanti alla prima sezione civile del tribunale di Roma. Scorrendo il racconto di Arbore e D'Agostino, Romina e Al Bano avevano trovato più di un'occasione per arrabbiarsi. A cominciare dall'attacco: «C'era una volta un muratorino chiamato Al Bano Carrisi, l'estate se la passava a Cellino San Marco, un incantato borgo della contea di Brindisi: la mattina con la cazzuoletta in mano a costruire muretti per non far scappare i polli dalla stia, il pomeriggio ad aggiustare lampadine fulminate». E poi quegli apprezzamenti davvero poco generosi sull'alito di Al Bano («nel clan di Adriano Celentano da lungo tempo ormai correva cattiva fama sull'insieme dei gas prodotti dalla bocca con il suo respiro») e sulla sua virilità («ha un approccio particolarmente fugace, nonché incerto e frettoloso, tanto che aveva bisogno di una magica pozione per dare vigore, elasticità e durata alla propria potenza»). Ma il passo che più ha fatto arrabbiare i coniugi Carrisi sono state le poche righe dedicate al nome di Romina: «E' stato scelto dai genitori in omaggio a Roma, ma, considerate le sue doti intellettuali, era più giusto se nasceva a Creta...». Davvero troppo per una «famiglia in cui l'opinione pubblica, non solo italiana, si specchia e verso la quale prova grande ammirazione». E così Romina e Al Bano sono ricorsi al pretore, chiedendo due miliardi di risarcimento per «i gravissimi e irreparabili danni patrimoniali e psicologici». Neanche l'offerta di pace di Renzo Arbore («siamo tutti e due pugliesi, che stiamo a farci la guerra?») era servita a far tornare indietro la coppia. Ha deciso il giudice. E per Romina e Al Bano è stato un altro schiaffo. Macché attentato a un sodalizio artistico-sentimentale da prendere a modello, macché lesioni alla loro immagine pubblica. Secondo i giudici Al Bano e Romina hanno «deliberatamente e costantemente perseguito fama, notorietà e successo professionale attraverso la pubblicizzazione del loro legame, quasi fiabesco, di sposi devoti e genitori modello». «Orbene, liberamente operata la scelta di consegnare alla pubblica opinione la propria vita privata come modello di virtù coniugali e domestiche, scelta né obbligata, né richiesta da qualsivoglia esigenza che non sia quella di trarne il lecito utile per la propria professionalità canora, non si scorge come si possa poi dolere se umo-, risti e scrittori satirici sbeffeggiano o dileggiano quel modello fiabesco, mettendo alla berlina origini, episodi, intenzioni di quel legame di coppia celebre». Una sentenza storica, la definisce Roberto D'Agostino. Nessun pentimento, dunque, per quelle accuse? «Al Bano e Romina sono gli Andreotti dello spettacolo. Da trent'anni stanno con noi, rappresentano la metafora ideale della vita italiana. Come i fidanzatini di Peynet, sono passati indenni di fronte ai cambiamenti che hanno segnato questi trent'anni: dal Sessantotto al terrorismo, dal divorzio al referendum sull'aborto. Loro sempre lì, nel ruolo di portatori sani di valori morali e dunque intoccabili. E anche saccenti. Ma prima o poi dovevano aspettarselo che qualcuno proponesse il rovescio della medaglia, che desse un colpo di mazza a questa loro storia d'amore. E di guadagni. Hanno fatto della loro unione un business. Ci hanno scritto canzoni e articoli, promuovendo a destra e a manca questo loro amore come fosse un fustino di detersivo». Con buona pace di miss e mister «felicità». Pier Paolo Luciano In un libro era stato scritto «Lui ha l'alito tossico e la virilità fugace» La sentenza: hanno pubblicizzato la loro felicità ora non piangano Al Bano e Romina, un legame affettivo e professionale che dura da 30 anni. Ma la loro fiaba è finita in tribunale. E hanno perso la causa In alto Renzo Arbore, accanto Roberto D'Agostino, autori del libro satirico

Luoghi citati: Brindisi, Cellino San Marco, Creta, Roma