VIA CON LA MENTE

VIA CON LA MENTE VIA CON LA MENTE Un maestro e la sua esperienza con i bambini handicappati LMILANO E sue, sono storie dell'altro mondo. Storie del Grande Male, l'handicap mentale, della paura che diventa labirinto, del dolore che tiene in trappola il corpo. Storia di Emanuele che durante la crisi epilettica, occhi inghiottiti dalla fronte, si aggrappa alla vita e cerca di non precipitare nel suo inferno senza spiegazione. Storia di Fausto, affetto da schizofrenia progressiva, diciotto anni di sofferenza, che dorme in piedi come i cavalli. Storia di Norma che cerca baci e Floriana che vuole farsi male e Luigi che sputa e Elisa che piange e Massimo che toglie la testa alle bambole e Enrico che a tutti ripete: «Atte ti picchia Luigi?». Ecco, quella litania, ascoltata la prima volta ai bordi del campo sportivo, nei suoi primi giorni da direttore della Scuola Speciale Treves di Milano, Vito Piazza l'ha scelta come titolo (Atte ti picchia Luigi?, Baldini & Castoldi pp. 181, L. 16.000), per le cento storie viste, ascoltate, vissute, dietro a quei muri bianchi: viaggio quotidiano nella follia e nella sofferenza, con improvvisi scarti di luce, con tenerezze inaspettate, con piccoli gesti che rompono il cerchio nero della incomunicabilità per riaccendere la speranza. Dice Piazza: «Per sei anni il mio mondo è stato quella succursale di mondo che è la Malattia. E' una esperienza che ti rimane dentro per tutta la vita, insieme con la fatica di allora e il rimpianto di oggi». Seduto nel suo appartamento di Quarto Oggiaro - ora che sono passati cinque anni da quella avventura, ora che è diventato ispettore del ministero, ora che viaggia e si annoia - Piazza ha una espressione tranquilla, con i suoi baffi, le sigarette, il caffè. Ma per tirare fuori il fuoco di allora gli basta ripensare a quei sei anni, a come si è battuto per i suoi ragazzi contro burocrazia, regolamenti, pregiudizi, ordinaria indifferenza. Piazza è nato a Partanna, Trapani, ha 47 anni. Ha lavorato in Sicilia con Danilo Dolci. Se n'è andato via dal niente del Sud, per finire a fare il maestro dentro la periferia dell'ex miracolo economico. Prima a Baggio, poi a Quarlo Oggiaro (dove ha ambienta i i la sua prima raccolta di ra<r anu La valigia sotto il letto, Sellcrio). Dice: «Lì ho fatto il mio '68, scuola non autoritaria, interventi sul territorio, battaglie contro la selezione. Se la scuola funzionava a senso unico, promuovendo chi era già promosso dalla vita, io volevo andare contro corrente e occuparmi di tutti gli altri». No, non ci pensava nemmeno lontanamente a lavorare per gli handicappati. Di questo si è incaricato il caso. «Nel 1981 vinco il concorso per diventare direttore. Devo scegliere la sede, mi cade l'occhio su un indirizzo, via Colleoni, che ha un autobus comodo. Compilo il modulo di richiesta. Aspetto. Arriva la conferma». Il suo primo giorno di scuola lo racconta all'inizio del libro. Davanti al portone si fermano dodici pullman. Scendono i ragazzi. Sta piovendo, ma nessuno apre l'ombrello. «L'ombrello è un oggetto che serve. E a loro non serve niente perché hanno bisogno di tutto». Con loro ci sono gli accompagnatori che si prendono cura dei loro passi impacciati. Sul portone lo stemma smaltato dice: «Scuola Speciale Treves De Sanctis». Racconta: «Quella mattina ho pensato: sono perduto. Dentro a quell'immenso, bellissimo palazzo ottocentesco, c'erano 200 handicappati gravi, personale medico, inservienti, maestri, educatori, fisioterapisti. Iomon sapevo nulla. Ero terrorizzato. Allora ho reagito. Ho una educazione cattolica. Mi sono detto: se sono qui una ragione ci deve essere. E comunque non posso scappare». Cosa ha fatto? «Mi sono messo a studiare. Tutte le notti. Ho fatto in modo che la mia vita coincidesse con quel lavoro per imparare più in fretta. Andavo a scuola alla mattina prestissimo, ne uscivo alla sera. Cercavo un modo di comunicare con i ragazzi. Ero convinto che loro potevano insegnarmi a capirli». E' stato vero? «Ho imparato da loro più che da qualsiasi medico o psicologo o psichiatra. Lo ammetto: con i camici bianchi non mi sono mai trovato bene. Non ho mai legato con gli esperti, con chi riduce un problema a specializzazione e finisce per dimenticarsi che dentro a quel problema ci vive un uomo». Scopre che lì dentro, il mondo va lentissimo. Lui lo osserva, prende l'abitudine di annotare i personaggi - e gli eventi che lo abitano. Da quelle note, nascerà il libro. «Elisa, 15 anni. E' affetta da insufficienza mentale di livello medio-grave. Spesso è soggetta a crisi di pianto. E' estremamente ripetitiva, desidera sempre fare le stesse cose: manipolare il pongo, sfogliare i giornali, infilare perline, ascoltare dischi; al divieto o a nuove proposte dell'adulto reagisce con crisi isteriche». «Vanna, anni 15, non parla. Teme che parlare possa svuotargli il cervello». «Renzo, anni 9, affetto da sindrome di Down. Ricerca i compagni ma non collabora con loro. E' un bambino simpatico che si fa voler bene e ricambia i complimenti che gli vengono fatti anche se a volte dalle carezze passa alle sberle. E' autonomo a tavola, sa spogliarsi, ma necessita di aiuto per rivestirsi. Si interessa di tutto ciò che accade». Cosa ricorda con più nostalgia, di quegli anni? Piazza sorride, dice subito: «Tutto». Ci pensa: «Lei ricorda "Rain Man", con Dustin Hoffman? E' il mio film preferito. A scuola c'era un ragazzino identico a quel personaggio, lo stesso modo di camminare, di parlare, di staccare i contatti con il mondo, di diventare impenetrabile. Come capita agli autistici gravi, era in grado di fare almeno una cosa in modo stupefacente. Se gli davi un puzzle di mille pezzi, lui lo ricomponeva in 15 minuti, ma non dalla parte del disegno, dal bianco del rovescio». Dice Piazza che la sua esperienza alla Treves è stata una battaglia con molte vittorie. «Sono riuscito a trasferire tanti ragazzi nelle scuole normali e a dargli almeno un'opportunità. Ho visto ragazzi imparare a sorridere, oppure a mangiare, oppure a salutare. Conquiste enormi per loro». E le sconfitte? «Ho presentato un progetto contro l'attuale smantellamento della Treves per trasformare i suoi spazi in laboratori a disposizione di tutti gli handicappati di Milano, usare gli insegnanti come consulenti o appoggi nelle scuole normali. Il mio progetto è finito nei cassetti della burocrazia, non interessa nessuno». Nel suo libro c'è passione e disincanto, nessuna sbavatura pietistica, ironia, la caccia ostinata a quei segreti che ogni ospite della Treves ha seppellito dentro alla malattia. Ogni improvviso filo di luce, è abbagliante. Da un particolare si può intravedere il mistero di Floriana che si straccia i vestiti, di Emanuele che fa il camion, di Enrico che mangia lucertole vive. Piazza, «viaggiatore del grande nero», è partito da quel filo di luce per sciogliere nodi (anche nostri) e trovare (almeno) una verità che valeva la pena di essere raccontata. Pino Corrias «Atte ti picchia. Luigi.?». Cronache dì sofferenza dalla scuola Treves: epilessia, autismo schizofrenia Dusiin Muffinoti nel film «Udiri Man»

Luoghi citati: Milano, Norma, Partanna, Sicilia, Trapani