IL CASO KLAVAN NELLA NEW YORK HORROR MATTI, MOSTRI E STRIZZACERVELLI di Oreste Del Buono

IL CASO KLAVAN NELLA NEW YORK HORROR MATTI, MOSTRI E STRIZZACERVELLI IL CASO KLAVAN NELLA NEW YORK HORROR MATTI, MOSTRI E STRIZZACERVELLI ERA difficile trovare l'appartamento adatto, perciò uccisero la vecchia signora. L'uomo chiamato Sport bussò alla porta. Aveva indosso una tuta verde, così l'avrebbero preso per un idraulico. Maxwell stava da parte, in modo che la vecchia signora non potesse vederlo dallo spioncino. Anche Maxwell era in tuta verde; ma non rassomigliava affatto' a un idraulico. Nessuno avrebbe mai aperto la porta a Maxwell. Sport, invece, non si presentava male. Era giovane con un viso liscio e tondo, e una ciocca di capelli castani sulla fronte che gli dava un aspetto ancora più giovanile. Aveva un bel sorriso...». E' l'incipit del nero, nerissimo Non dire una parola, appena edito da Longanesi e firmato per la prima volta con il suo nome e cognome da Andrew Klavan - dopo altri cinque romanzi, tra cui due vincitori dell'Edgar (il massimo premio per gli autori di mystery), firmati Keith Peterson. Certo l'apparizione della coppia criminale, in cui, apparentemente, il più ragionevole sarebbe Sport e il più mostruoso sarebbe Maxwell (ma, in realtà, il mostro nella sua degenerazione è più ingenuo del paranoico che lo guida), è talmente cruenta, fa talmente il male per il male che Non dire una parola diventa subito un grande incubo. La competizione, è naturale, è sempre con II silenzio degli innocenti di Thomas Harris, il testa di serie dei serial killer. La tensione è piuttosto forte, e Andrew Klavan scrive bene, quasi si sarebbe tentati di dire: troppo. Ma un libro scritto bene è merce così rara che è impossibile rifiutare il dono. C'è un gran personaggio in Non dire una parola, ed è il protagonista, lo psichiatra Nathan Conrad, uno strizzacervelli che cura i matti, ma non è del tutto sicuro del proprio equilibrio mentale. Nathan Conrad abita con la moglie Agatha e la piccola figlia Jessica nella casa davanti a quella in cui il malvagio Sport ha lasciato via libera al turpe Maxwell perché facesse fuori la vecchia signora di cui si è parlato all'inizio di questa recensione. Il delitto con sevizie che toglie dal mondo la ricca vecchia Lucia Sinclair avviene, dunque, per la contiguità del suo appartamento con quello di Nathan Conrad, da tenere sotto osservazione. Quasi con voluttuosa riluttanza, con recalcitrante struggimento, come un piacere proibito ma irrinunciabile, i pezzi del nerissimo puzzle vanno via via a posto nella nostra mente, quando il dottor Conrad viene chiamato da un altro psichiatra, deliberatamente più ottuso e più losco, il dottor Jerry Sachs, a occuparsi della giovane, bella, dichiaratamente fragile Elizabeth Burrows, capace di uccidere, anzi di fare a pezzi, qualunque uomo la tocchi con un minimo di intenzione carnale. Elizabeth Burrows non comunica con il direttore né con l'intero personale dell'ospedale psichiatrico, ma Nathan Conrad non è un uomo qualunque e comincia a convincerla a schiudersi, a parlare un poco, ad accennare almeno alla propria vita e ai propri delitti. Elizabeth Burrows non se ne assume la responsabilità, li attribuisce a un proprio, intollerante, Amico Segreto. Ma ecco che Jessie Conrad viene d'improvviso rapita e da gente (Sport e Maxwell) che vanta di avere introdotto microfoni e telecamere nell'appartamento del dottor Conrad, e, invece, lo sorveglia semplicemente dall'appartamento contiguo. La piccola Jessica non verrà rilasciata se il dottor Conrad non chiederà e non ot¬ terrà da Elizabeth un certo numero misterioso. Di questo numero e del segreto, del tesoro a cui corrisponde, non si saprà, in fondo, molto di più sino alla fine del romanzo, anzi sino a dopo la conclusione della lettura. Come nelle macchinose trame fìnte dei libri di spionaggio (soprattuto quelli di John Le Carré), come nelle assurde trame vere dei delitti di massa italiani (soprattutto quelli dei Servizi Segreti) c'è un'eccessiva complicazione nell'antefatto, un nucleo programmatico di oscurità che non si scioglie facilmente, che non si rassegna alla spiegazione magari faticosa ma indispensabile dei gialli classici. A un dato punto, anzi, presi nelle spire di una narrazione che non fa economia di colpi di scena, si comincia a convincerci che una completa spiegazione non arriverà mai, che a vincere in Non dire una parola è la strategia della tensione, che la tensione, non l'enigma, costituisce il con^nuto e questo contenuto porta all'aumento della statura del protagonista e martire: il piccolo dottor Conrad cresce con il crescere delle difficoltà che si frappongono alla liberazione della figlia ostaggio del ricatto infernale. Le esitazioni e gli affetti con cui ci è stato presentato (la sua stessa incredulità a proposito delle sue capacità professionali, l'amore per la figlia in pericolo, l'attrazione ancora golosa per la moglie e, nonostante questo, l'interessamento non del tutto paterno per la bellezza della nuova paziente, le sue stesse tare fisiche, quell'occhio insidiato dal glaucoma, quel ginocchio danneggiato dalla boisite), tutte le sue pecche di timidezza e di scrupolosità scompaiono nell'urgenza dell'istinto della caccia. Lo strizzacervelli pieno di fisime finisce per adeguarsi alle esigenze della situazione calamitosa, l'incubo metropolitano propostogli da una New York che pare abitata solo da matti e mostri. Nathan Conrad impara che non può pretendere e, tanto meno, ottenere' un qualche aiuto dagli altri, deve far tutto da solo, e non gli è neppure richiesta una gran prova d'intelligenza. Quanto gli è necessario è il funzionamento del proprio corpo, di là dai limiti da tempo dichiarati invalicabili. Il piccolo dottor Conrad deve lottare fisicamente con i nemici della sua intimità familiare, del suo nucleo cellulare. L'intelligenza, la cultura, l'addestramento professionale paiono non contare granché nello scontro brutale, nella sua trasformazione in assassino per legittima difesa. E, invece, no: nel guizzo finale, tutto gli servirà incredibilmente, anche una reminiscenza anatomica. Non è davvero un caso che i diritti per il cinema di Non dire una parola (proclamato pubblicitariamente «il "Silenzio degli innocenti" del 1991») siano stati acquistati dal produttore Arnold Koppelson, lo stesso di Platoon di Oliver Stone. Scene di caccia da una giungla all'altra, dal Vietnam a New York. Oreste del Buono Andrew Klavan

Luoghi citati: New York, Vietnam