GLI ESPLORATORI DELL'ANIMA di Giovanni Bogliolo

GLI ESPLORATORI DELL'ANIMA GLI ESPLORATORI DELL'ANIMA UANDO, l'estate A B scorsa, i giornali fl B pubblicarono la noli- B zia che un turista I italiano era morto in I Indonesia per il mor- B so di un pesce veleB B noso' a nessuno venB^B ne in mente di acco^JKjstare il nome della ^0 vittima, Mino Bergamo, a quello di un giovane ma già autorevole studioso della mistica francese del '600: Giava è lontanissima da Parigi e tra loro più lontane ancora ci continuano a sembrare la figura di un assiduo frequentatore dei testi della più alta spiritualità controriformista e quella di un impavido esploratore degli abissi marini. Invece Bergamo sapeva conciliare con naturale eleganza cimento fisico e cimento intellettuale, e questa sua morte immatura e favolosa appare oggi come il tragico suggello di un'avventura di conoscenza estrema che, nell'oceano come nell'anima, voleva spingersi alle più inaccessibili profondità. Tanto più che l'omologia tra spazio fisico e spazio spirituale e la dialettica tra interno ed esterno sono i punti di forza attorno a cui si è mossa coerentemente la sua ricerca, come già denunciava il titolo di un capitolo del suo primo libro, L'esotismo mistico, e come conferma uno, ancora più esplicito, di questo secondo: La topologia mistica. Ma Bergamo aveva, tra le tante, anche l'arte di trovare dei titoli di rigorosa pertinenza e di estrema icasticità che ai profani della sua poco frequentata disciplina possono suonare provocatori e vagamente blasfemi. In realtà, quello del libro in cui, nell'84, presentava le sue prime illuminanti analisi del discorso mistico e i risultati di una «lunga e appassionata lettura» del grande e dimenticato JeanJoseph Surin, La scienza dei santi, altro non era che la formula più vulgata con cui il Seicento etichettava e legittimava i tentativi di codificazione scientifica dell'esperienza mistica. Quella del libro che vede ora postumamente la luce, L'anatomia dell'anima, riprende una metafora di Eustache de Saint-Paul, uno dei tanti esponenti della spiritualità francese del XVIII secolo che pensavano che l'anima, ancorché una, avesse, come il corpo, una struttura composita e articolata, fosse cioè «costituita da una molteplicità di parti diverse, che intrattengono le une con le altre delle relazioni esse stesse differenti - di coordinazione, di subordinazione (parziale o totale), di opposizione e di conflitto, e via dicendo». La volontà e i sensi Dove le loro vedute divergevano era sulla natura e sulla distribuzione di queste parti. Gli spirituali di tradizione arisiotelico-tomista, che si rifacevano alla classica tripartizione dell'anima in vegetativa, sensibile e razionale ma pensavano che solo i due gradi superiori di essa fossero di pertinenza della vita interiore, offrivano di quest'ultima una rappresentazione binaria e dello spazio in cui essa si svolge una «topica biplanare»: nella parte superiore dell'anima cioè, quella razionale, ponevano la sede dell'intelletto e della volontà; in quella inferiore, la sensibile, la sede dell'immaginazione e dell'appetito sensitivo. Quelli invece che adottavano il modello renano-fiammingo - i Tauler, gli Harphius, i Meister Eckhart - assegnavano allo spazio interiore una terza dimensione, relegando le facoltà sensitive nella parte infima, quelle razionali nella parte media e riservando una parte suprema per quelle facoltà che stanno al di sopra dei sensi e della ragione e che costituiscono l'essenza dell'anima. Gli uni e gli altri descrivevano con precisione cartografica dei territori che in realtà sfuggono ai più elementari princìpi della fisica e della logica, un mondo in cui cima e fondo si confondono (altum et profundum idem sunt), in cui gli orizzonti chiusi sono quelli dell'esterno e gli spazi infiniti si aprono allo sguardo interiore, o, come sintetizza Bergamo in una delle sue formule efficaci, «l'interno è l'esterno dell'esterno». E' molto facile smarrircisi. Lo studioso vi si muove invece con perizia e passione, mettendone a confronto le diverse mappe ed evidenziando, attraverso una convincente lettura di alcuni capitoli del Traité de l'amour de Dieu, la novità e l'importanza del modello della struttura dell'anima elaborato da Francois de Sales: un modello multiplanare che, a differenza di quello dei mistici nordici, non prevede un piano sovrarazionale ma una frantumazione dell'unità della ragione in un numero indefinito di piani diversi e che al luogo mistico dell'unione con Dio non assegna una realtà d'ordine ontologico ma una d'ordine psicologico. Bergamo è fermamente convinto che quella che la conce¬ zione salesiana opera nella mistica sia una vera e propria rivoluzione copernicana. E lo dimostra con rigore e con calore, ma anche con la serena saggezza di chi sa che «non vi è tesi che non possa essere smentita, per poco che le si attribuisca una generalità troppo elevata». E' convinto altresì che nella Francia del XVII secolo, proprio nel momento in cui la visione cristiana dell'interiorità entrava in crisi e prendeva l'avvio un processo di desacralizzazione che non si è ancora concluso, siano stati elaborati «alcuni dei più raffinati strumenti di modellizzazione del mondo interiore», e che oggi valga la pena di strapparli da un oblio immeritato e di riproporli in alternativa alle «topiche freudiane dell'apparato psichico», al «nodo lacaniano Reale-Simbolico-Immaginario» e a tutti gli altri modelli della mente di derivazione psicanalitica. Senza inutili clamori, ma con sommessa ostinazione e, come Fénelon, «con l'abilità segreta e discreta di chi sembra non voler fare che un'ipotesi». Giovanni Bogliolo Mino Bergamo L'anatomia dell'anima Da Francois de Sales a Fénelon Il Mulino, pp. 204. L 24.000 Un saggio dì Mino Bergamo sui mìstici del Seicento tm.

Persone citate: Eustache, Francois, Meister Eckhart, Mino Bergamo, Sales, Surin

Luoghi citati: Bergamo, Francia, Indonesia, Parigi