Che bella canzone, parliamone

Che bella canzone, parliamone Nel Festival un po' varietà, un po' salotto, la musica è passata in second'ordine Che bella canzone, parliamone Fuori Sastri, Faletti-Berti, Mengoli Tra i giovani passano Statuto e Bono SANREMO DAL NOSTRO INVIATO «In amore non si programma», ha detto ieri, aprendo la terza serata del Festival, la sfavillante Milly Carnicci; parlava del suo fresco pargolo Patrick. Non si programma neanche al Festival, in verità, per la gioia dell'Auditel. Pippo intanto omaggia in ginocchio questa Mamma: essa finalmente fa giustizia delle Femmine Procaci che hanno sconvolto le tranquille serate televisive. Professioniste impeccabili, le tre donne offerte alle vaste platee italiane ripropongono gli opposti simboli dell'antica, eterna dualità così tenacemente combattuta dal femminismo: né streghe né madonne, si diceva. Passando (più modestamente) alla gara delle canzoni, ieri è stata una serata con pochi raccomandati. Sono stati eliminati fra i big Giorgio Faletti e la sua partner Orietta Berti, Paolo Mengoli e Lina Sastri; una terna non troppo sorprendente; la sorpresa è piuttosto che sia rimasto Zarrillo: la canzone non è male, ma lui è privo di carisma. Fra le Novità, se ne sono andati Monteforte, Aida Satta Flores e Tosca. Nella serata, abbiamo trovato veri (non è poco) Alessandro Bono con il compagno d'un giorno Mingardi, canzone scontata a parte: due ragazzi uno vecchio uno giovane segnati dalla vita, e i loro occhi s'intrecciavano con un'autentica complicità. E Lina Sastri, almeno, era una donna vera, di temperamento, anche con una vecchia normale canzone napoletana. Lorenzo Zecchino era un incrocio azzeccato fra De Gregori e Vasco Rossi; Luca Barbarossa, dato come probabile vincitore ex aequo con la sua «Portami a ballare» non riesce, con quegli accordi, a far dimenticare lo zio Francesco (De Gregori) e la canzone tarda a impennarsi: più tardi un Paolo Vallesi scatenato e guerriero ha minacciato il suo buon piazzamento, candidandosi a più alte vette. Tosca e Aida Satta Flores, rare novità femminili moderne, sono state fatte fuori; i Tazenda, che si propongono come gli U2 italiani, hanno scelto un brano meno efficace che nel 91. Da un punto di vista musicale, la serata ha presentato qualche briciolo in più d'interesse, perchè si son visti cantanti che almeno rappresentano davvero ciò che si ascolta e si suona oggi: i Tazenda, Vallesi, un Barbarossa minore ma soprattutto gli spassosi e disincantati Statuto (i migliori della serata, miracolosamente non eliminati), e Andrea Monteforte, che somiglia sì al suo padrino Gino Paoli ma non per ciò è male. Però è stato trombato. Questo Sanremo ormai in chiusura ci ha mostrato che è meglio badare ai volti nuovi piuttosto che ai troppi vecchi papaveri tornati qui alla ricerca di¬ sperata d'un attimo di successo da far fruttare in scritture perserate danzanti nel corso del '92. Ed è perfino consolante che i-più bravi, i più significativi come gli Aeroplanitaliani, vengano sbattuti via di brutto. Vale come una conferma che la vita vera non è poi, per fortuna, il Festival. Scontata, l'emozione per Nathalie Cole, che ci ha riportati a tempi lontani (anche lei). Con le eliminatorie di ieri, si è dunque completato il cast per il gran finale di stasera, che già si annuncia interminabile secondo tradizione, ma con la nomina dei vincitori intorno a mezzanotte grazie a un favore di padre Vespa. Il regolamento prevede la possibilità di una proclamazione dei vincitori ex aequo, e l'ultima, mortale sorpresa sarebbe che questo accadesse davvero. I numeri trionfali dell'audience hanno dimostrato che la formula voluta da Baudo, un Festival che sia anche e insieme Domenicaln/CostanzoShow/Fluff con una spruzzatina finale di «Diritto di replica», funziona bene come spettacolo televisivo: gl'ingredienti della pappa alla sanremese vengono aggiunti l'uno dopo l'altro, con ritmo implacabile, dalle nove alle undici, shakerati al riparo dall'occhio delle telecamere nel corso del Tg che segue la gara e serviti caldi durante il talk-show, con accompagnamento di rampogne fumanti o di amarezze sincere dei concorrenti eliminati. Superpippo lega il tutto, come la besciamella. Il talk-show si è rivelato un successo al di là delle più rosee aspettative: più interessante della gara, nell'eleganza intima del teatrino déco, è anche riposante, come togliersi le scarpe col tacco alto dopo una serata ufficiale. De Crescenzo ha ragione quando dice «a quest'ora siamo in pochi, possiamo anche parlare», ma poi i pochi sono 5 milioni e passa: a quell'ora, si può anche ascoltare, com'è successo l'altra sera, la voce esaltante di Fausta Vetere della Nuova Compagnia di Canto Popola¬ re, appena eliminata, che distrugge con un paio di note gli altri ospiti Reitano e Ricchi & Poveri. E non solo loro. «TJ Talk-show (letteralmente spettacolo di parole) è strabico: da una parte sembra collocarsi negli Anni Cinquanta quando offre materiali di dibattito ippolitiano su argomenti come «L'uso del dialetto rende meno accettabile una canzone?» in un'epoca in cui pakistani o bulgari trionfano sul mercato discografico con la loro lingua originale; dall'altra sfrutta male il fenomeno Ippoliti, dimostrando che Ramno non è (ancora) riuscita a deci- frarne la complessità, e stenta perciò ad utilizzarlo. Anche se ieri sera ha lievemente mutato registro, con la divertente trovata delle parole mute. Giustamente, le canzoni passano sempre più in second'ordine. Vista la qualità generale, si è rivelato più divertente parlarne, delle canzoni, piuttosto che ascoltarle. Non sarà un caso che la vera star di questo Festivalone, tra seni al silicone e corvi pentiti, sia Nilla Pizzi, che per l'intera settimana ha dovuto viaggiare fra Roma e Sanremo per esser presente in tutti i programmi tv che la invitavano: ha cantato gagliarda dovunque, con la sua criniera rossa, «Grazie dei fior» e «Vola colomba»: il vero marchio del Festival, che non tramonterà (ahimé) mai. Ma solo quello. Cara Nilla, peccato che lei non possa esser anche Flash Gordon: trasportato sul Pianeta dello Spettacolo Televisivo, il vecchio Festival si avvia a diventare un mostro sconosciuto. E finge di non accorgesene. Marinella Venegoni A sinistra: Orietta Berti e Giorgio Faletti che hanno cantato «Rumba di tango». A destra: Paolo Vallesi ha proposto «La forza della vita» Lina Sastri, in un luccicante abitino nero, ha lasciato per un po' il cinema e ha portato a Sanremo una canzone napoletana «Femmene 'e mare» I

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