«Salutami a Pino e dammi l'imput» di Stefania Miretti

«Salutami a Pino e dammi l'imput» «Salutami a Pino e dammi l'imput» // linguaggio burocratico-televisivo invade l'Ariston SANREMO DAL NOSTRO INVIATO Tra un «briefing» con Giancarlo Leone, capufficio stampa Rai, e una «radio-conference» di Gatto Panceri, debuttante che dalla sua pur breve partecipazione al Festival s'aspetta come minimo «un imput», quello che non manca, qui a Sanremo, sono le «situazioni». Ma la vecchia conferenza stampa, addio, non esiste quasi più: chi se la sente, opta per uno «show-case», i più classici, come Peppino Di Capri e Pietra Montecorvino (che dice di aspirare a «situazioni eleganti»), invitano i giornalisti a una «cena di lavoro». Che poi tutti questi appuntamenti finiscano fatalmente per assomigliare a un incontro col padrino, per l'alto tasso di spalle e suggeritori pronti a flautare «ma perché non ci dici qualcosa del tuo nuovo disco, perché non ci dai un'anticipazione della tournée che farai», poco importa: è il vecchio Festival, ma cerca parole nuove. Le cerca il sindaco Onorato Lanza augurandosi bonario «che tutto proceda con questo trend», le usa il capostruttura Rai Mario Maffucci, elogiando la Parietti per aver «firmato bene la sua partecipazione», ne abusa lo sponsor nel comunicato elogiativo delle «trasposizioni ballettistiche». E se non è possibile conoscere in anticipo e con precisione i nomi di padrini e madrine, la colpa non sarà dell'elevato numero di raccomandazioni ma, come dice Leone, del «work in progress». Vien da simpatizzare con il patron dimezzato Aragozzini, che ancora va parlando, beata incoscienza, delle «differenti filosofie del Festival». Incommensurabili i danni che lo slang burocratico-televisivo, condito di scemenza anglofila e trasportato in provincia, produce sui vecchi tipi da Festival, su ciò che resta di quel mondo ingenuamente losco, perennemente circonfuso d'un nonsoché di corruzione, più millantata che reale, che ancora popola i corridoi dell'Ariston. Acquattati dietro i tendoni della sala, ripiegati sui telefoni cellulari, i tipi da Festival parlano sempre con miste¬ riosi boss denominati «il Professore», «Ciro», «il nostro amico», ma quest'anno dicono che «l'uomo è difficile dal punto di vista gestazionale». I più veloci tra loro già sanno di fare «lobbing», e dunque non si dan più pena d'abbassare la voce. San omaccioni col gessato e i capélli tinti, ma dicono come la Carrà, «ora sto un attimino inguaiato, ci sentiamo, salutami a Pino». «Niente», esordiscono naturalmente i debuttanti che aspirano a parlare della loro «situazione Festival», ma preferiscono cominciare dalle domande perché non saprebbero cosa dire tanto imbarazzanti devono apparire, anche a loro, le note biografiche degli uffici stampa. A sorpresa, solo il foglio quotidiano «Sorrisi e Canzoni News» (di proprietà di Berlusconi, padre di tutti i briefing) racconta il Festival con le parole vecchie, dice «sogni» e dice «brogli», chiama i cantanti col nome di battesimo, Luca, Mino, Massimo, Rita. Questo quarantaduesimo è il Festival più parlato della storia, ma solo negli studi tv, dove i toni perennemente concitati di Gianni Ippoliti piacciono più dei giochi di parole di Nino Frassica. Lontano dalle telecamere, Sanremo è in apnea, boccheggia, muore anche così, per assenza di parole (quelle nuove di quest'anno, direttamente ispirate alle cronache come «corvo» o «piccone», son già finite). Persino Pupo non vuol più saperne di chiamarsi così, e Alba Parietti non si sognerebbe mai di dire, come la Nielsen che è danese, «io sono la regina». Bene, giusto. Ma non si può poi pretendere che «radioconference» o «trend» possano ammaliare il pubblico. Sarà per questo che l'altra sera, tutti presi tra il prossimo share e l'ultimo show-case, ci ha tanto immalinconiti il grido di dolore di Reitano, che rivolgendosi ai giornalisti ha detto: «Ma io, a voi, cosa vi ho fatto? Perché ce l'avete con me, che sono un bravo ragazzo?». Lo dice tutti gli anni, ma la novità, questa volta, c'è: al Festival di Sanremo, di «ragazzi» non ce ne sono più. Stefania Miretti

Luoghi citati: Reitano, Sanremo